Inflazione, l'eterna assente sui mercati

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Markus Spiske, Unsplash

L’inflazione rimane l’eterna assente sui mercati. Ma a cosa è dovuta quest’anemia dei prezzi? I governatori delle Banche centrali si stanno interrogando sulla ragione di questo fenomeno. Secondo la teoria quantitativa della moneta, una politica monetaria espansiva genera un aumento della quantità di moneta in circolazione, con il conseguente aumento dell’inflazione. Le politiche accomodanti degli istituti centrali hanno permesso la ripresa degli investimenti grazie alla riduzione del costo del denaro e pian piano si sta raggiungendo l’obiettivo della piena occupazione. Ciò che manca ancora all’appello è l’inflazione. Alban William Philips, nella metà degli anni cinquanta, ha introdotto la teoria secondo la quale sussiste una relazione inversa tra tasso di disoccupazione e inflazione. Secondo la curva di Philips, alla riduzione della disoccupazione consegue un aumento dell’inflazione. A quanto pare le politiche keynesiane non sono più in grado di stimolare la crescita dei prezzi.

Secondo Adrian Grey, CIO di Insight Investments, società del gruppo BNY Mellon, vi sono “differenti variabili che agiscono sull’inflazione. Prima tra tutte è la tecnologia. "Nella storia, lo sviluppo tecnologico ha influenzato negativamente la crescita dei prezzi. Ad esempio, l’automazione nelle industrie ha ridotto in maniera consistente il numero di posti di lavoro. Anche lo sviluppo di internet ha portato alla deflazione, con la diffusione delle piattaforme online che permettono l’acquisto di beni e servizi in tutto il mondo a dei prezzi più bassi.

La seconda variabile è rappresentata dai trend demografici che oggi stanno influenzando in modo positivo la crescita dei prezzi. In passato la forza lavoro era molto più numerosa e i lavoratori erano più propensi al risparmio. Secondo il CIO, oggi nei Paesi sviluppati, con l’invecchiamento della popolazione, tutto questo è venuto meno: le persone in età pensionistica non risparmiano più, ma cominciano invece a spendere. Le nascite nei Paesi sviluppati si sono ridotte notevolmente e le aree geografiche con il maggior numero di persone in età di forza lavoro sono ora l’Africa e l’India.

Ultima variabile è la globalizzazione. Questo fenomeno ha un impatto misto sulle spinte inflazionistiche e non è ancora chiaro quale sia l’effetto sulla crescita dei prezzi. Secondo Adrian Grey, “cinque anni fa avremmo detto che la globalizzazione porta alla deflazione, anche se oggi non è ancora chiaro l’effetto in termini reali. Ciò a cui stiamo assistendo è un aumento del populismo e delle limitazioni al commercio libero. Importante è sottolineare che con libertà di circolazione non si intende solo beni e servizi, ma anche persone”. Fenomeni, come la delocalizzazione, hanno portato a una maggiore flessibilità del mercato del lavoro, anche in termini di contratti lavorativi. L’occupazione è diventata più precaria, con l’incremento di contratti a tempo determinato, e ha portato a una riduzione delle retribuzioni per i lavori a bassa specializzazione. A ciò si collega il fenomeno dell’aumento degli investimenti finanziari a breve termine.

D’altro canto, la globalizzazione ha permesso lo sviluppo di opere transnazionali che hanno consentito invece una crescita sincronizzata in più Paesi. Colm McDonagh, head of emerging market fixed income di Insight, spiega come per i Paesi diventino sempre più importanti l’hard e il soft power. In termini geopolitici, il potere d’influenza di una nazione diventa sempre più rilevante. Un esempio di hard power è una presenza militare in punti strategici della pianeta. Per soft power, invece, si intende l’esercizio di un potere politico ed economico sul territorio.

McDonagh porta l’esempio del progetto cinese chiamato ‘One belt, one road’ che riguarda la costruzione di una cintura logistica: a nord, la realizzazione di una ferrovia transnazionale che collega la Cina all’Unione Europea e attraversa tutta l’Asia e a sud una rotta marittima che collega la Cina sempre all’Europa, passando per l’India e l’Africa. Questo permetterebbe di collegare diverse aree geografiche e di portare sviluppo e crescita in termini reali in Paesi che al momento rimangono isolati.