PIMCO, gli effetti dell'inflazione sui mercati obbligazionari

Adriano Nelli. Immagine concessa (PIMCO)
Adriano Nelli. Immagine concessa (PIMCO)

L’inflazione americana ha probabilmente raggiunto il picco a giugno ma resterà elevata nel 2023, forse persino nel 2024, prima di tendere al ribasso verso gli obiettivi delle banche centrali (anche se l’inflazione europea non ha certamente ancora raggiunto il picco). Benché i prezzi di alcune importanti materie prime siano in discesa e altre pressioni sui prezzi abbiano cominciato a dissiparsi, l’inflazione resterà un fattore di rischio significativo per gli investitori, alimentata dall’incertezza sul conflitto bellico in Ucraina, su altri rischi geopolitici e sull’evoluzione del COVID-19.

Va considerato anche un crescente trade-off fra la stretta delle banche centrali per contenere l’inflazione e il conseguente indebolimento della crescita economica, dell’occupazione e dei fondamentali del credito, che rende sempre più probabile una recessione di entità da lieve a moderata e incide sia sulla view sui tassi di interesse sia sull’esposizione al credito.

“L’esito è altamente incerto sul breve termine ma sui mercati inizia a tornare valore. Gli investitori vengono remunerati di più se credono, come crede PIMCO, che le banche centrali alla fine riporteranno l’inflazione vicina al loro obiettivo nell’arco dei prossimi due anni. Benché sia difficile centrare perfettamente il punto di ingresso in termini di tempistica, stiamo diventando più ottimisti sui livelli dei tassi di interesse in generale, e la volatilità attuale sta creando potenziali opportunità in settori che potrebbero generare un interessante rendimento senza che gli investitori debbano scendere troppo significativamente lungo lo spettro del credito” commenta Adriano Nelli, executive vice president e head of Global Wealth Management Italy (GWM) di PIMCO.

La grande sfida è l’inflazione, e la stretta delle autorità arriva in un momento in cui la crescita è già relativamente bassa. È passato molto tempo da quando si è avuta una recessione senza il deciso sostegno della politica monetaria. “Ogniqualvolta il rischio di recessione aumenta, gli investitori devono essere molto prudenti sugli investimenti sensibili al rischio di credito, ma in questo caso le condizioni di partenza sono ragionevolmente solide” prosegue il manager.

Le dinamiche attese per il mercato obbligazionario.

L’Europa è già molto colpita dalla guerra in Ucraina, data la sua vicinanza geografica al conflitto. La Cina e la maggior parte delle altre economie asiatiche hanno minori legami commerciali diretti con la Russia ma verosimilmente risentiranno dei costi più alti dell’energia, del calo del turismo russo e del rallentamento della crescita in Europa.

L’economia degli Stati Uniti appare relativamente isolata dagli effetti diretti della guerra in Ucraina visti i legami commerciali minimi con quell’area e la relativa indipendenza energetica americana. Tuttavia, il rallentamento economico in altri paesi del mondo, i netti aumenti dei prezzi della benzina, potenziali ulteriori sconvolgimenti nelle filiere di approvvigionamento globali e un deciso inasprimento delle condizioni finanziarie dall’inizio della guerra potrebbero indebolire la crescita e spingere l’inflazione al rialzo quest’anno.

“Visto il potenziale di maggiori pressioni inflazionistiche sull’orizzonte secolare a cinque anni, riteniamo che le obbligazioni indicizzate all’inflazione del Tesoro americano (TIPS) e mercati selezionati rispetto all’inflazione globale offrano una copertura dal prezzo ragionevole rispetto a sorprese al rialzo dell’inflazione,” osserva Nelli, che aggiunge “ci aspettiamo che i mercati emergenti (ME) offrano valide opportunità e sottolineiamo l’importanza della gestione attiva capace di selezionare i probabili vincitori rispetto ai perdenti in un contesto d’investimento difficile. Noi, come società di gestione, abbiamo una leggera preferenza per la duration americana o europea rispetto, ad esempio, a quella giapponese, cinese o persino del Regno Unito”.

Inoltre, i mercati sono cambiati drasticamente nel 2022, con un significativo aumento dei rendimenti obbligazionari globali e allargamento degli spread creditizi a fronte della politica restrittiva delle banche centrali per placare l’inflazione. Volatilità e incertezza hanno dato il via alla correzione nel secondo trimestre ma con l’avanzare del periodo le preoccupazioni si sono spostate sugli effetti della stretta monetaria e dei fattori geopolitici sulla crescita economica e sulla performance del credito, preoccupazioni che persistono tuttora.

“Il drastico riprezzamento del mercato, tuttavia, a nostro avviso offre migliori opportunità di lungo termine per i gestori attivi, come non si vedeva da anni. I rendimenti sono saliti in modo significativo, gli spread si sono allargati e il carry è cresciuto, il che offre una fonte potenzialmente vigorosa di rendimenti. Ciò detto, per quanto riguarda l’investment grade e l’high yield americani, abbiamo un po’ innalzato i nostri livelli terminali per gli spread creditizi in ottica a cinque anni alla luce della funzione meno chiara di risposta delle banche centrali a condizioni di mercato avverse data l’accresciuta incertezza riguardo all’inflazione” commenta Nelli.

 Opportunità e rischi sui mercati obbligazionari emergenti.

“Ci aspettiamo che i mercati emergenti (ME) offrano valide opportunità e sottolineiamo l’importanza della gestione attiva capace di selezionare i probabili vincitori rispetto ai perdenti in un contesto d’investimento difficile. Attualmente le valutazioni appaiono interessanti dopo le perdite sui mercati finanziari dei mesi passati ma i mercati emergenti restano esposti a fattori tecnici, che comprendono dinamiche di negoziazioni sui mercati e cambiamenti di sentiment degli investitori” dichiara il manager.

Secondo Emerging Portfolio Fund Research quest’anno si sono verificati i peggiori deflussi da fondi dei mercati emergenti che si siano mai registrati, e i mercati emergenti restano vulnerabili in un contesto in cui la Federal Reserve americana e altre banche centrali alzano i tassi nel tentativo di combattere l’inflazione senza indurre una recessione.

Con il chiarirsi delle prospettive dell’inflazione e della politica monetaria, i mercati emergenti potrebbero essere pronti al rally. A quel punto, i fondamentali – che delineano il quadro finanziario sottostante e l’affidabilità creditizia di una società o di un paese – possono diventare fattori di differenziazione più importanti.

 “Nei mercati emergenti, quelle differenze possono essere cruciali per gli investitori, in quanto i rischi specifici di un paese possono lievitare più velocemente e repentinamente dei rischi in altri settori legati al credito. Benché le valutazioni nei mercati emergenti siano diventate più appetibili, soprattutto per alcuni emittenti di minore qualità, preferiamo attendere che ci sia maggiore chiarezza rispetto agli attuali fattori sfavorevoli globali prima di passare a una posizione più ottimista” conclude Nelli.