Gary Pinge, fund manager di Comgest, spiega a Funds People i punti di forza della strategia Comgest Growth Emerging Markets (rating Blockbuster). Il segreto? La ricerca di aziende forti e di qualità.
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Sono diversi trimestri ormai che i mercati finanziari sono alle prese con le attuali dinamiche geopolitiche in giro per il mondo, con gli investitori alle prese con i conseguenti imprevedibili e repentini movimenti di volatilità, soprattutto se tali dinamiche coinvolgono anche il mondo emergente. Costruire portafogli non correlati ad eventi macro è quindi un modo per i gestori di evitare che questi rischi geopolitici coinvolgano i propri investimenti, concentrandosi sulle singole aziende piuttosto che sul panorama generale che le circonda. Un fondo che segue questa strategia è il Comgest Growth Emerging Markets, prodotto che vanta del rating Blockbuster Funds People.
Gary Pinge, gestore del Team Mercati Emergenti di Comgest, che lavora alla strategia, spiega a Funds People come, guardando alla situazione Trump, molti dei temi affrontati dal Presidente riguardavano le restrizioni commerciali tra Cina e USA dove, però, se ci si concentra sulle società oggetto di investimento da parte del team, sono questi nomi che hanno un vantaggio competitivo molto forte e alte barriere all’entrata, con un rischio certamente minore rispetto a quello di altre società. “Le possibili restrizioni di Trump sono il pericolo maggiore per i mercati emergenti, ma per le aziende in cui noi investiamo questo è certamente contenuto, dato che sono aziende forti e di qualità”, spiega il manager, che menziona anche la situazione nordcoreana, specificando come questa non impatta sul portafoglio dato che la Corea è uno dei Paesi che in Comgest sottopesano maggiormente.
La strategia
“La strategia di questo fondo è molto simile a quella degli altri prodotti appartenenti alla gamma Comgest Growth, ovvero quella di andare alla ricerca di aziende ‘quality growth’. Per noi, le ‘quality growth companies’ sono aziende caratterizzate da earnings positivi nel breve-medio periodo grazie al loro forte posizionamento competitivo sul mercato, un ottimo management e sono dunque in grado di incrementare gli earnings al fine di ottenere buoni rendimenti. La particolarità di questo fondo è che, mentre nei mercati sviluppati si possono trovare diverse società ‘quality’, ma con un tasso di crescita più basso, in quelli emergenti vi sono invece molte aziende caratterizzate da un alto livello di crescita, ma diventa più difficile la ricerca della qualità collegata alla crescita stessa”. Secondo Pinge, bisogna infatti considerare che la qualità è una caratteristica molto più difficile da trovare nei Paesi in via di sviluppo rispetto ai mercati sviluppati.
“Siamo generalmente focalizzati su tutti i mercati emergenti ma, al momento, sovrapesiamo Cina, India e Brasile. Per quanto concerne i settori, ci focalizziamo su quelli in cui abbiamo la capacità di fare previsioni e capire il singolo segmento. Per esempio, nel settore delle commodities non sapremo quale sarà il prezzo il prossimo anno, oppure se teniamo in considerazione quello energetico, non si sa quali sono le relative previsioni per il futuro”, sostiene il gestore. Il team non investe quindi in aziende che operano nei settori delle commodities o ‘oil and gas’, ma si concentra generalmente in tutti gli altri segmenti, come la tecnologia, internet, i consumi, insurance, ecc. “Siamo quindi molto flessibili nei settori in cui investiamo, ma ci focalizziamo in quelli che riusciamo a capire alla perfezione e su cui abbiamo la possibilità di fare previsioni accurate”, aggiunge.
Gestione del rischio
In Comgest, la specialità della casa è l’analisi bottom up; gli analisti non guardano le previsioni macro, ma si concentrano solo sull’analisi delle aziende. “La nostra espressione del rischio è il peso delle singole aziende all’interno del portafoglio; in generale, i titoli delle singole società avranno un peso nel range dall’1-2% all’8-9%. Più ci sentiamo sicuri sulle singole aziende e più queste avranno un maggior peso in portafoglio che, generalmente, ne ospita dalle 30 alle 40. La ragione sta nel fatto che per ogni azienda incontriamo il management team, costruiamo dei modelli, incontriamo clienti e competitor. Cerchiamo di capire l’intera ‘value chain’ nella quale un’azienda opera, e ciò richiede molto lavoro”, sostiene il fund manager, che spiega il modo in cui da Comgest selezionano le aziende in portafoglio, ovvero attraverso dei ‘valuation models’ che attribuiscono uno specifico rischio ad ogni singolo Paese.
La squadra
“Non facciamo una grossa distinzione tra analisti e fund manager. Lavoriamo tutti sulle aziende, costruiamo modelli, le analizziamo. Abbiamo uffici in Hong Kong, Singapore, India e chiaramente Parigi. Ad Hong Kong, dove siamo presenti dal 1993, cerchiamo aziende appartenenti al mercato azionario cinese dal 2011, dove abbiamo cinque investment analyst, di cui tre si focalizzano sul mercato cinese e due nei mercati fuori dalla Cina. A Singapore vi sono tre analisti, due focalizzati sull’India e un altro, invece, un regional analyst. Abbiamo inoltre un ulteriore analista basato in India e altri due analisti asiatici appartenenti al team GEM (Growth Emerging Markets) basati a Parigi. Essenzialmente, siamo un team di 10-11 professionisti che cooperano insieme. Copriamo tutti i mercati emergenti. Abbiamo analisti basati a Parigi dedicati per esempio alla Russia, al Brasile e a tutti gli altri Paesi sudamericani. Abbiamo infine altri sette analisti nel team GEM, quindi in totale siamo 17-18 professionisti”, conclude Pinge, che aggiunge come in Comgest il tema ESG sia di fondamentale rilevanza, tant’è che vi sono altri analisti specializzati nel segmento con cui il gestore e il suo team cooperano nel cercare nuove opportunità ‘quality growth’.