Private banking, la posta per il finanziamento delle PMI italiane si gioca (anche) sui FIA

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Ronald Cuyan, Unsplash

Un faro sull’impatto del private banking nel finanziamento delle piccole e medie imprese italiane, in particolare di quelle non finanziarie, e sul ruolo centrale giocato dai fondi di investimento alternativi (FIA). Sulla definizione di questo scenario si è sviluppata la conferenza “Il contributo del Private Banking nella crescita degli investimenti in PMI”, promossa dall’Associazione italiana private banking (AIPB) in collaborazione con Neuberger Berman. L’appuntamento ha fornito l’occasione per discutere le principali evidenze del progetto di ricerca condotto da Vincenzo Butticé, assistant professor al Politecnico di Milano, che a maggio dello scorso anno aveva ottenuto l’assegnazione del Bando AIPB dedicato a ricercatori di dipartimenti economico-finanziari di Università italiane. “La ricerca condotta dal Politecnico aggiudicataria del bando AIPB, ha offerto l’opportunità di approfondire la dimensione e il valore dell’impatto della nostra industria sull’economia reale e la comprensione delle dinamiche che interessano le PMI, mettendo in evidenza il ruolo fondamentale dei patrimoni privati nell’affiancare l’ambizioso sforzo pubblico che il piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) richiederà nel prossimo futuro”, ha commentato il presidente dell'associazione Paolo Langé aprendo i lavori della conferenza, che ha visto la presenza anche dell’onorevole Massimo Ungaro, membro VI Commissione Finanze della Camera, e Stefano Cappiello, dirigente generale del MEF, VI Direzione sistema bancario e finanziario Dipartimento del Tesoro.

I PRINCIPALI RISULTATI DELLA RICERCA

Lo studio di Butticé ha analizzato, in termini quantitativi e qualitativi, il peso degli investimenti private sul nostro tessuto economico e produttivo e, di conseguenza, l’impatto di questo settore sull’economia reale. Un impatto sostanziale, a vedere i principali risultati da cui emerge, in primis, come su 2.032 operazioni di finanziamento (deal) realizzate dai FIA autorizzati alla commercializzazione in Italia nel periodo compreso tra il 2015 e il 2019, le 242 selezionate dal private banking (che hanno riguardato 151 imprese) abbiano effettivamente privilegiato gli investimenti in PMI (82%), società operanti nell’economia reale (settore terziario al 56%) e situate in prevalenza nel Nord Italia (76,8%). I FIA collocati dal private banking sono stati coinvolti nel 9% dei deal in equity in cui il target era una PMI, per un volume complessivo di capitale di rischio pari al 7,5% del totale investito. Allo stesso modo, i FIA selezionati dagli operatori private hanno sottoscritto il 12,8% del totale del capitale di debito disponibile per le PMI attraverso fondi di investimento alternativo.

L'IMPATTO SULLE PMI

Non solo: le imprese finanziate dai FIA scelti dal private banking hanno registrato a tre anni dai deal una crescita dei ricavi del 240% in più e un incremento dei dipendenti superiore del 150% rispetto al campione di controllo composto da PMI simili per settore economico e dimensione, ma che non sono state oggetto di alcun deal da parte di FIA. A questo si aggiunge come lo stesso campione finanziato dai FIA scelti dal private banking abbiano registrato una crescita del 10% superiore rispetto a quella realizzata dal campione di controllo delle PMI simili scelte dei FIA esclusi dagli operatori private. “l'Italia è il paese delle PMI, e oltre il 66% del valore aggiunto dell'economia reale è prodotta da PMI, queste realtà inoltre impiegano oltre il 78% della popolazione attiva italiana e quindi è chiaro che abbiano un ruolo chiave per il nostro Paese”, ha sottolineato Butticé nella presentazione dello studio indicando come, in questo caso, la possibilità di ricevere un finanziamento da un fondo di finanza alternativa abbia consentito alle stesse imprese “di legittimarsi sul mercato e rendersi più credibili”.

Massari: "una domanda potenziale insoddisfatta di FIA non riservati"

Nel commentare la ricerca, Antonella Massari, segretaria generale di AIPB, riporta che l’osservatorio dell’associazione sull’evoluzione dei FIA ha rilevato come dei 1.670 autorizzati alla commercializzazione in Italia alla fine del 2020, il 95% rimanga riservato a investitori professionali. “Riguardo alla quota differenziale di FIA ‘non riservati’ – continua Massari – oltre il 65% è distribuito dagli operatori di private banking alla loro clientela assistita da consulenza finanziaria. Resta a nostro parere una domanda potenziale insoddisfatta di FIA ‘non riservati’ collocabili presso una clientela non professionale che possiede portafogli medi finanziari di 1,7 milioni per un valore totale di asset pari ad almeno 960 miliardi”. Di fronte a queste evidenze si riconferma la necessità “di una definizione armonizzata a livello europeo della categoria intermedia di investitori semi professionali coerente con la clientela del private banking”, e questo con maggiore urgenza in un momento in cui “l’Italia può giocare un ruolo di primo piano” nel processo di revisione delle Direttive europee “per facilitare l’indirizzo della liquidità privata verso opportunità di investimento alternative che agiscano da moltiplicatore, affinché ciascuno possa dare a pieno un proprio contributo, accompagnando lo sforzo messo in campo dal Next generation Eu”.

In tale contesto, dunque, i patrimoni privati si configurano come “una leva indispensabile per una crescita di lungo periodo”, ha sottolineato Marco Avanzo Barbieri Head of Client Group - Italy di Neuberger Berman, indicando come proprio l’asset manager che investe in economia reale, in qualità di investitore di tipo finanziario, abbia il ruolo di facilitare tale passaggio tra patrimoni privati ed economia reale. “Lo facciamo come investitore diretto in società non quotate o per il tramite dei migliori gestori di private equity al mondo”, afferma Avanzo Barbieri, indicando in aggiunta la crescente importanza assunta dalla valutazione dell’investimento sotto una lente di sostenibilità, sociale e ambientale. Si è soffermato sull’importanza di un “cambio culturale”, Renato Miraglia, head of private banking sales & advisory di Unicredit, che ha sottolineato il ruolo centrale della consulenza per “canalizzare il risparmio degli italiani, e nello specifico quello della clientela private, verso forme di investimento alternative”. Miraglia ha citato a questo proposito i PIR e i PIR alternativi, che godono anche di incentivi fiscali, e sottolineato la centralità degli intermediari finanziari nel proporre questo tipo di investimento indicando la necessità di “un modello regolamentare che tuteli la consulenza e, di conseguenza, gli investitori”.