Prospettive a stelle e strisce: la rotta del mercato statunitense

Nel panorama finanziario globale, gli Stati Uniti continuano a esercitare una forza gravitazionale unica. Ogni fase di volatilità, ogni tempesta politica o geopolitica, ogni rialzo o inversione dei cicli monetari finisce immancabilmente per essere misurato attraverso il prisma dei mercati americani. È un fenomeno strutturale, alimentato da fattori che travalicano la congiuntura e affondano le radici nel modo in cui l’economia statunitense si è evoluta negli ultimi decenni: la profondità dei mercati dei capitali, l’eccezionalismo tecnologico, la crescita della produttività, la capacità di attrarre talenti e capitali, la centralità del dollaro come valuta di riserva globale. Tutti elementi che continuano a contribuire alla tenuta e alla leadership dei listini USA, anche in fasi di shock o di incertezza regolatoria. Negli ultimi mesi, questi meccanismi sono tornati in primo piano. L’indice S&P 500 ha attraversato una fase di volatilità, colpito dalle oscillazioni del quadro tariffario, dal rallentamento del dollaro e dai timori legati alle politiche economiche. Eppure, ancora una volta, la reazione del mercato americano ha evidenziato la sua straordinaria resilienza: dopo l’impennata dell’8 aprile, quando l’incertezza era balzata ai massimi mentre a Miami gli operatori assistevano in diretta alla reazione dei listini, l’indice ha registrato “una delle riprese più rapide della sua storia”, come ricorda Anita Patel, investment director di Capital Group. Da quella data l’S&P 500 è infatti salito di circa il 37%, segnando nuovi massimi assoluti. Numeri che non si spiegano solo con il sentiment, ma con la solidità degli utili societari, cresciuti per nove trimestri consecutivi e attesi in aumento del 9% anno su anno nel terzo trimestre.