Quando la statistica è al servizio della fund selection. Il caso di Cassa Lombarda

Nel processo quantitativo della banca private milanese, il punto di partenza è l’universo di fondi riconducibile alle categorie Morningstar. “Ma non c’è un discrimine”, dicono subito gli esperti. “Facciamo scouting anche di realtà meno mainstream però estremamente specializzate e in certi casi anche molto performanti, che poi sono progressivamente entrate nei nostri portafogli dopo debita due diligence. In alcuni casi le boutique hanno la capacità di esprimersi al meglio, avendo anche meno vincoli commerciali”.

La prima scrematura, però, si ha attraverso uno score proprietario calcolato su base mensile ed utilizzando serie storiche a tre anni. “Abbiamo cercato di sviluppare qualcosa che fosse un po’ più off rispetto ai classici screening presenti sul mercato”, dice Valerio Sullo, forte dei suoi studi su fronte della statistica. “Si parte dunque da un modello che si chiama filtro di Kalman, che cerca di stimare la componente alfa e la componente beta rispetto a un benchmark. Cerchiamo poi di scomporre la performance in base all’alfa e al contenuto di market timing di ogni singolo fondo, rielaborando queste due grandezze sulla base di tre criteri di ponderazione proprietari”. Alla fine del processo si arriva poi ad uno score unico, che rappresenta la valutazione di bontà relativa del singolo fondo rispetto agli altri fondi del suo peer group.

Una volta individuati i prodotti più interessanti, il team contatta le fund house. “Raccogliamo tutta la documentazione commerciale e legale del fondo, analizziamo la strategia, incontriamo i gestori, valutiamo la squadra e anche la società, soprattutto se si tratta di boutique che potrebbero essere poco presidiate su certe dinamiche”, spiega Federica Nicolini.

“Siamo propensi alle scommesse forti ma stiamo attenti anche a non mettere a repentaglio la performance di un portafoglio per una convinzione sbagliata. Per questo l’analisi quantitativa fa un po’ da cartina di tornasole. L’esempio più classico è che un fondo presentato con un bias value possa non risultare tale in base ai nostri score”.

Nella selezione di Cassa Lombarda si scelgono anche prodotti passivi. “Sulle asset class tradizionali gli ETF sono di certo un’alternativa ai fondi attivi”, afferma Federica Nicolini. “Anzi, direi una buona alternativa, perché in termini di efficienza, costi e di ottenimento del risultato finale, spesso l’allocazione di una buona parte del portafoglio dedicata agli ETF ci permette poi di avere una gestione dinamica, che sia altamente liquidabile e facilmente variabile”.

L’esperta sottolinea però che la scelta dell’ETF deve sempre rispettare una condizione. “Se ci sono fondi che generano alfa e offrono valore aggiunto al mercato su quel segmento che stiamo valutando, allora preferiamo inserire in portafoglio questi prodotti piuttosto che un indicizzato”.

Guardando ai fondi, i fund selector di Cassa Lombarda hanno le idee chiare. “Cerchiamo prodotti flessibili sull’obbligazionario che abbiano direzionalità sui mercati”, dicono, citando ad esempio dei prodotti total return bond. Sul fronte liquid alternative, la ricerca si sta concentrando più sulla parte long/short equity e su strategie di tipo relative value credit.

Lato equity (long only), invece, mentre lo scorso anno si cavalcava il value e si fuggiva dal growth, quest’anno gli analisti cercano delle posizioni bilanciate tra i due stili. “Non vediamo una netta prevalenza”, sottolineano. In esame anche i tematici su alcuni megatrend, come tecnologia, biotecnologia o transizione energetica. Non mancano all’appello, infine, i fondi sostenibili: “cerchiamo di dare rappresentatività a tutti i temi sia in ambito ambientale che di gender equality”.