“I tassi reali sono finalmente saliti sopra lo zero e quindi i titoli di Stato sono molto più interessanti che in passato” commenta Elisa Ori, Head of Sales Italy di BNP Paribas Asset Management, che osserva come nel credito, le valutazioni non rendono giustizia alle obbligazioni investment grade con fondamentali solidi. “Nell’high yield, inoltre, i tassi attesi di default, incorporati nei prezzi sembrano relativamente alti rispetto agli ultimi anni”. Con queste premesse, quali sono le raccomandazioni per il fixed income nel 2023?
“Il contesto attuale offre opportunità molto diverse tra loro. In primo luogo, tenendo conto degli obiettivi di performance, del livello di rischio ammesso e dell’orizzonte di investimento, suggerirei di guardare al mercato monetario, dopo una lunga assenza” osserva Olivier De Larouzière, CIO Global Fixed Income di BNP Paribas Asset Management, che sottolinea come ci sia piena visibilità sui tassi di interesse. “Le banche centrali hanno già operato forti rialzi: in Europa i tassi arriveranno almeno al 2,5-3%, negli USA almeno al 4-5%. Indipendentemente dagli obiettivi, pertanto, ritengo che la liquidità sia un investimento che non può mancare all’interno dei portafogli”. Il manager osserva che un investitore che prevede uno scenario di recessione può puntare sui titoli di Stato. “Ma con un rendimento medio intorno al 2,7%, i governativi dell’Eurozona offrono un premio molto ridotto rispetto al mercato monetario. Anche in questo caso è necessario essere selettivi. Qui in Italia sono interessanti i BTP, che a breve scadenza offrono rendimenti dal 2 al 2,5%. Benché non si tratti di un rendimento significativo rispetto a un’esposizione diversificata al mercato monetario, sono strumenti molto richiesti per il rischio contenuto. Su duration più lunghe” prosegue il manager, “siamo positivi nei confronti dei titoli di Stato di alcuni Paesi quando il rischio è adeguatamente remunerato. Ad esempio, in questo momento la curva dei rendimenti dei Bund tedeschi e dei bond governativi USA è invertita, quindi l’esposizione al rischio associato alle scadenze più lunghe non è premiata. La curva dei rendimenti dei BTP, invece, è positiva. Il titolo a due anni offre un rendimento del 2,5%, mentre a dieci anni offre il 3,7%, pur esponendo a un certo livello di rischio, perché il mercato italiano risentirà delle iniziative della Bce volte a ritirare le misure di sostegno”. Il manager ritiene, tuttavia, che il quantitative tightening colpirà maggiormente altri Paesi prima del nostro, in primis Francia, Spagna e Germania. “Una buona notizia per gli investitori italiani e una potenziale fonte di opportunità anche per noi, in ottica di scelta del mercato su cui avere esposizione”. Per quanto riguarda il credito, De Larouzière si domanda se sia un mercato che offra una remunerazione aggiuntiva per il rischio di credito rispetto al mercato monetario e ai titoli di Stato, con le dovute differenze per le due tipologie di strumenti principali: l’investment grade e l’high yield. “Il rendimento medio dell’investment grade in euro è di circa il 4%, quindi leggermente superiore a quello dei BTP. Se confrontiamo i titoli di Stato italiani a più alto rendimento e i titoli di credito di più alta qualità, in assenza di restrizioni e vincoli specifici preferisco acquistare obbligazioni investment grade dell’Eurozona. Puntiamo su questo segmento già da qualche tempo e ci sembra sempre più favorito. Gli attuali livelli di spread implicano un tasso di default molto alto, superiore di 2,5 volte rispetto ai periodi peggiori dagli anni ‘70 ad oggi, non giustificato però nel contesto attuale. Il livello di spread è dovuto alle attese del mercato rispetto alla stagione dei risultati aziendali, che si sono poi dimostrati rassicuranti. Nessuna cattiva notizia dal fronte microeconomico, piuttosto attese eccessive da parte del mercato su base top down. In questo quadro, sono a favore di una gestione attiva in ambito investment grade, e sono ottimista nei confronti dell’investment grade in euro, a patto che il rischio di duration sia adeguatamente remunerato a seconda del Paese. Per quanto riguarda l’high yield, invece” osserva il manager, “come si confronta il 4% reso dall’investment grade con l’8% dell’high yield? Tanto più che su base storica le due categorie presentano un’alta correlazione e tendono a muoversi in sincrono. I tassi di default impliciti appaiono eccessivi anche per l’high yield. La vera differenza è che mentre il mercato primario investment grade è stato protagonista di un’attività molto vivace, con un numero elevato di emissioni di società di ogni tipo e settore, nel segmento high yield il mercato primario è chiuso da parecchio tempo”. Un aspetto che impone cautela nell’analisi dei prezzi, che non necessariamente riflettono i livelli della domanda e dell’offerta e potrebbero quindi registrare un’elevata volatilità. “I fondamentali invece appaiono solidi per entrambe le categorie, e le obbligazioni high yield sono molto meno sensibili all’andamento dei titoli di Stato. In termini di allocazione la mia preferenza va alle obbligazioni high yield con duration breve, che offrono già un rendimento dell’8% senza bisogno di puntare su scadenze più lunghe. Un segmento circoscritto, ma che offre notevoli opportunità”.
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