RIS: lo status quo dell'Ue, ma l'industria sarà costretta a cambiare pelle

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Molto rumore per nulla. O quasi. Dopo mesi di dibattiti trasversali al settore della consulenza e della gestione del risparmio in Europa, qualche giorno fa la Commissione ha deciso di mantenere uno status quo. Parliamo della Retail Investment Strategy, un pacchetto di misure rivolte agli investitori retail, il cui obiettivo principale è quello di aumentare la trasparenza e l’informazione per tutti i risparmiatori.

Tra le misure più osteggiate, lo ricordiamo, c’era quella che proponeva il divieto di commissioni di retrocessione, che vengono pagate dagli asset manager ai distributori che vendono i loro prodotti. Alla fine, però, lo scorso 24 maggio (di fronte alle lamentele di molti Paesi) l’Ue ha fatto marcia indietro. O quantomeno ha rinviato a data da destinarsi l’idea di un ban. Tuttavia qualcosa cambierà in materia di trasparenza degli inducements: l'addebito delle retrocessioni per i servizi di consulenza continuerà a essere consentito come prima, ma non per i servizi di pura commercializzazione. Inoltre la Commissione ha introdotto una serie di restrizioni e maggiori requisiti di chiarezza. Tra questi uno su tutti: i distributori, adesso, saranno costretti a informare i loro clienti su quali siano gli incentivi, i loro costi e il loro impatto sul rendimento degli investimenti.

“Dei molti aspetti importanti trattati, quello dirimente riguarda il trattamento delle commissioni di collocamento” spiega Riccardo Ambrosetti, presidente e fondatore di Ambrosetti AM SIM. “Partendo dal fatto che in Italia spiegano circa 2/3 dei ricavi dell’industria e che immediatamente verranno vietate per chi svolge attività di mera esecuzione, aggiungendo le dichiarazioni a corollario della pubblicazione del vicepresidente esecutivo Dombrovskis che conferma la ‘necessità di una consulenza specialistica, imparziale e comprensibile’ e che i cittadini ‘ricevano un trattamento più equo’ e dalla commissaria per la Stabilità finanziaria Mairead McGuinness che ha dichiarato che entro tre anni riproporrà il divieto assoluto di trattenere rebates penso che abbiano ragione coloro i quali ritengano che la strada intrapresa sia irreversibile. È certo che l’industria è costretta a cambiare pelle attrezzandosi per tempo ad una nuova offerta maggiormente ricca di contenuti a valore aggiunto per la clientela finale”.

Cambiare pelle, dunque. Un concetto sul quale concorda, ad esempio, anche Nicola Ronchetti, founder & CEO di Finer Finance Explorer, convenendo sul fatto che la Commissione europea abbiamo preferito procedere gradualmente. Ma pur sempre procedere. “Si tratta di fare ordine e di dare un po’ più di tempo perché distributori e società di gestione del risparmio ai allineino a un nuovo regime caratterizzato da una maggior tutela dell’investitori finale in termini di inducement e di costi”, dice. “Molti sono i punti su cui si basa la RIS: trasparenza informativa, riforma della disciplina degli incentivi, analisi di benchmark per definire il reale value for money di prodotti standard, nuovo regime di classificazione della clientela in termini di adeguatezza, appropriatezza e formazione/educazione finanziaria. Se a ciò aggiungiamo che il settore della consulenza finanziaria e dell’asset management sta subendo dal mercato una forte pressione destinata a crescere nel futuro per l’affermarsi degli ETF, dei fondi passivi, dei BTP e dei conti deposito, possiamo affermare che la rivoluzione è già iniziata. Tutto ciò è confermato dall’89% dei top manager delle reti e delle banche e dal 75% dei consulenti finanziari intervistati da Finer”.

L’evoluzione, insomma, è già in atto. Si parla sempre più spesso della possibilità di rimozione degli inducements e dell’evoluzione della consulenza con collocamento verso una consulenza personalizzata e altamente specializzata. Un format già presente in Inghilterra e negli Stati Uniti. “Tutto ciò non succederà nell’immediato ma prima o poi succederà”, dice convinto Saverio Scelzo, presidente di Copernico SIM. “Nel frattempo, ai clienti saranno inviati delle rendicontazioni sempre più precise volte a sottolineare i costi ed alle società sarà imposto di legittimare detti costi con i servizi adeguati. A mio avviso credo che l’industria del risparmio gestito potrà evolversi solo ed esclusivamente se riuscirà a far guadagnare i clienti. Per molte società che hanno costruito i loro modelli sull’applicazione degli inducements, con le commissioni che superano mediamente il 4/5% annui, sarà ben difficile legittimarsi rispetto al cliente soprattutto se si è in assenza di risultato. E questo a prescindere dal regime di inducement o parcella. I clienti quando investono hanno un obiettivo: quello di guadagnare e pertanto saranno disposti a pagare una fee qualora la gestione del proprio portafoglio produca negli anni dei risultati ai loro occhi positivi. Aggiungo che la performance è la risultante di molte condizioni: ne sono un esempio l’orizzonte temporale, la propensione al rischio di ogni singolo soggetto e l’esperienza che ogni cliente possiede. Credo che il risultato sia l’elemento imprescindibile per legittimare l’intera industria del risparmio gestito, e la legittimazione dev’essere riconosciuta dalla clientela”.

Insomma si spera che la fiducia degli investitori nell’industria dell’asset management possa guadagnare sempre più terreno.