Risparmio e investimento. L’inflazione erode la liquidità degli italiani, ma i mercati fanno ancora paura

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Fabian Blank (Unsplash)

Un cortocircuito finanziario e comportamentale. Si può riassumere così quanto avviene in questo momento nei portafogli dei risparmiatori che si trovano ad affrontare uno scenario in cui il conto corrente risente dell’erosione dei risparmi generata dall’inflazione e, al contempo, le bufere sui mercati generano il timore di investire la liquidità disponibile. È un quadro definito “sconfortante”, dunque, quello che emerge da uno studio sul “financial wellbeing” (il benessere finanziario), condotto sulla popolazione di Italia e Regno Unito, da Moneyfarm insieme a Dectech, società specializzata in studi comportamentali nata alla Warwick University. A complicare una situazione già in bilico da inizio 2022, a causa della crisi delle materie prime, sono intervenute (ormai sei mesi fa) la guerra in Ucraina e la conseguente crisi energetica. Da qui l’impennata dell’inflazione che a giugno ha toccato l’8% contro l’1,3% dello stesso mese del 2021.

Una situazione critica, dunque, che emerge in tutta la sua complessità in particolare per il segmento di popolazione dei meno abbienti, i “low affluent” ossia quanti “hanno maggiori probabilità di rinunciare del tutto a investire”, rispetto alla categoria “high affluent”. Dallo studio emerge, infatti, come la percentuale di quanti non sottoscrivono alcun portafoglio di investimento tra i low affluent è quasi doppia rispetto a quella degli high affluent, sia per le soluzioni di investimento ibride (41% vs 21%), sia per le soluzioni di investimento tradizionali (45% vs 24%), sia per quelle fai-da-te (55% vs 27%). "L’attuale fase di volatilità dei mercati non deve scoraggiare quanti vogliano avvicinarsi al mondo degli investimenti”, commenta Andrea Rocchetti, head of Investment Advisory di Moneyfarm che sottolinea la necessità di riflettere “sull’importanza di una consulenza professionale, indipendente e trasparente, in grado di comprendere le esigenze del risparmiatore, di guidarlo oltre il breve periodo senza cedere alla tentazione di agire sull’onda dell’emotività”.

Propensione e avversione al rischio

Gli investitori più avversi al rischio, inoltre, in questo momento avrebbero “maggiori probabilità di incorrere in una decisione di investimento sbagliata”, a differenza di quelli più propensi a rischiare, che “tendono a essere più sicuri del portafoglio che hanno scelto”. Dallo studio emerge infatti un 55% di intervistati, tra i meno alfabetizzati da un punto di vista finanziario, che nelle forme di investimento fai-da-te sceglie “irragionevolmente” il portafoglio più rischio. Mentre Le probabilità di scegliere un portafoglio coerente con la propria propensione al rischio e il proprio orizzonte temporale sembrano essere 2,2 volte maggiori per i risparmiatori che investono attraverso “soluzioni ibride”,  che integrano tecnologia e consulenza tradizionale, mettendo un consulente a disposizione del cliente durante tutto il percorso di investimento, rispetto a chi sceglie soluzioni di investimento fai-da-te (il 30% dei primi sceglie il portafoglio consigliato contro il 14% dei secondi).

Barriere all’investimento

L’assenza di un’interazione “diretta” con il consulente si dimostra una delle barriere più evidenti all’investimento all’interno delle piattaforme fai-da-te. Il 27% degli intervistati la indica tra gli ostacoli maggiori. D’altronde, come sottolinea lo stesso Rocchetti, “la fiducia nella consulenza finanziaria va alimentata tramite un contatto costante con i clienti, contatto che ha ancora più valore quando supportato al meglio dalle nuove tecnologie”. Stessa percentuale di rischio è attribuita all’insufficienza delle informazioni disponibili sui prodotti finanziari (27%), mentre la rischiosità dei portafogli ottiene un 18% di preferenze.

Sul fronte dei costi, questi pesano di più come barriera all’investimento soprattutto con una piattaforma tradizionale (20%), meno con soluzioni ibride (13%) e ancora meno con un servizio fai-da-te (7%). Il miglior rapporto qualità-prezzo si riflette anche sul tasso di finalizzazione degli investimenti, che risulta maggiore quando l’investimento viene effettuato tramite soluzioni ibride (88%) o tramite piattaforme fai-da-te (85%), rispetto alle più costose forme di investimento tradizionali (75%).