Ronchetti (Finer Finance Explorer): "Ecco il consulente finanziario del futuro"

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Meno autonomo (o meglio meno gestore) nelle scelte di prodotto ma più attento alla relazione con i propri clienti. Sarà questo, in soldoni, il profilo del consulente finanziario del prossimo futuro, all’indomani dei cambiamenti che le nuove normative impongono all’industria dell’asset management. La rivoluzione, spinta dall’introduzione di MiFID II, è già arrivata e il mondo del risparmio gestito sta creando e ha creato una serie di novità che toccano da vicino anche questa figura professionale. “Il consulente finanziario deve saper gestire le relazioni ed essere in grado di dialogare con la propria mandante nel trovare le soluzioni migliori per i singoli clienti”, chiarisce subito Nicola Ronchetti, founder & CEO di Finer Finance Explorer, think tank che si occupa di ricerche di mercato in ambito finanziario in collegamento con il mondo accademico.

L’evoluzione

Il nuovo scenario aperto dalla MiFID II in realtà, secondo l’esperto, s’innesta in un processo già cominciato da parecchi anni, con l’arrivo della ben nota architettura aperta. “Le reti dei consulenti finanziari introdussero per prime un’ampia selezione di prodotti di terzi che garantiva per la prima volta in Italia un’offerta ad architettura aperta. Da quel momento nulla è stato più come prima”. Il numero di case con cui i consulenti finanziari volevano lavorare si è quadruplicato (dalle 3 SGR nel 2005 alle 13 del 2017), con un ovvio incremento di prodotti. Ma si sa, “il consulente non ha le competenze di un gestore”, dice Ronchetti, per questo è arrivata la stagione dell’architettura guidata, sia perché la complessità del mercato lo richiedeva ma anche per consentire ai consulenti di concentrarsi meglio sulla relazione con il cliente.

Nascono le soluzioni a “pacchetto” o “wrapped” concepite dalla mandante con sottostanti prodotti di case terze. “Si è passati dal singolo piatto al menù degustazione già impostato”, spiega l’esperto, laddove gli chef adesso sono i fund selector. “Spetta a loro avere un ruolo determinante nella selezione e nella scelta mentre i consulenti dovranno sempre più muoversi tra i vari menù precostruiti cercando di trovare le soluzioni migliori per i clienti”. Insomma, secondo Ronchetti i fund selector acquisiranno un ruolo centrale, come anche i consulenti finanziari top (grandi portafogli), gli altri si adegueranno alle selezioni fatte da altri.

Quali scenari futuri?

Se il mondo dell’asset management sta cambiando lo stanno facendo anche le SGR. Come spiega l’esperto andiamo incontro ad una selezione del numero delle case d’investimento: da una parte ci saranno una decina di player generalisti (con masse in aumento ma margini ridotti) dall’altra ci sarà spazio anche per delle società di gestione più piccole con prodotti unici e performanti. Accanto alle generaliste e alle superattive c’è poi il trionfo dei passivi, caratterizzati da bassi costi. “Sarà fondamentale batterli per giustificare il premium price”, dice l’esperto.

Inoltre assisteremo ad una crescita ulteriore dei mandati di sub-advisory e delle gestioni in delega. “A livello europeo l’Italia occupa il terzo posto, con il 15% del mercato UE dei fondi in gestione a terze parti, ed è il mercato di sub-advisory a più rapida crescita nella regione. Complice MiFID II, ma non solo, la volontà dei distributori di controllare direttamente la gestione ed ottimizzare i costi, soprattutto delle reti dei consulenti finanziari, non è infatti una novità”, afferma Ronchetti. Insomma per l’esperto ci troviamo di fronte non alla fine dell’architettura aperta, ma di un certo tipo di architettura aperta. In questo caso gestori selezionati e qualità del servizio (consulenza, formazione) saranno gli unici baluardi alla riduzione dei margini.