Salvatore Pignataro: “Sarà la consulenza la vera discriminante nel futuro del private banking”

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Salvatore Pignataro, vice direttore generale e responsabile divisione private banking, Banca del Fucino

È una storia quasi centenaria quella di Banca del Fucino, l’istituto fondato nel 1923 dai principi Torlonia e presieduto ancora oggi dai suoi fondatori. Una storia che nel tempo ha accresciuto la solidità del suo business e che la rende oggi uno dei referenti del Paese per i clienti di elevato standing. “Il private banking è nel nostro DNA da sempre”, spiega Salvatore Pignataro, vice direttore generale e responsabile private banking di Banca del Fucino, precisando, però, che la costituzione di una vera e propria divisione private è avvenuta in tempi più recenti. E i risultati non si sono fatti attendere: a fine 2016, infatti, la raccolta ha raggiunto quota 821 milioni, in forte incremento rispetto ai 204 di fine 2015. “In un anno abbiamo praticamente quadruplicato”, osserva soddisfatto Pignataro. 

Oltre a circa 20 private banker, la banca conta anche sul supporto di un team interno di portfolio advisory deputato all’analisi dei mercati finanziari e degli strumenti di investimento per valutare e gestire il rischio del portafoglio singolo e globale. “È in questo modo che ci assicuriamo una visione del cliente private a 360°”, commenta il vice direttore generale della banca che ha deciso di scommettere sin dagli inizi su un sistema di architettura aperta per offrire alla sua clientela prodotti e soluzioni d’investimento delle più prestigiose case a livello globale. “Il nostro punto di forza”, precisa Pignataro, “deriva proprio dal fatto che non avendo una fabbrica prodotto siamo più aperti a recepire ogni nuova soluzione presente sul mercato”. 

Innovare, per la boutique romana, vuol dire anche questo: rispondere tempestivamente ai cambiamenti per soddisfare i bisogni degli HNWI che spesso, ricorda l’esperto, anticipano quelli del mass market. “Una volta identificate le esigenze del cliente private”, continua, “mettiamo a confronto le controparti che riteniamo essere in grado di fornire un’adeguata soluzione e valutiamo, congiuntamente al cliente, quale possa essere quella migliore”. Un approccio che, precisa il vice direttore, “viene seguito sia in merito agli investimenti - attraverso l’individuazione, ad esempio, di un benchmark di riferimento e poi dei player in grado di replicarlo nel migliore dei modi - sia in ambito di assistenza fiscale o di pianificazione successoria”.

Dal prodotto al servizio

L’attuale scenario di mercato e gli imminenti cambiamenti normativi – MiFID II è ormai alle porte – rendono l’industria un mare impervio, dove una gestione ‘fai da te’ dell’asset allocation non è più possibile e gli investitori hanno capito in che direzione guardare per trovare la loro stella polare. “I clienti ci chiedono professionalità e trasparenza, in primis. E poi cercano in un consulente la capacità di individuare il corretto rendimento parametrato al rischio perché hanno capito che rappresenta un valore aggiunto”, commenta Pignataro.

Tra le principali sfide che l’esperto colloca nel futuro del private banking c’è quella del passaggio da una logica di prodotto alla fornitura di servizi dove il vero elemento discriminante, secondo Pignataro, sarà proprio il servizio di consulenza. “Affrontiamo questa sfida con convinzione e con la consapevolezza di essere più preparati a convivere all’interno di un sistema che tenderà naturalmente ad avere margini più contenuti rispetto a quelli attuali”, afferma il vice direttore.

Il fee only è già qui

A tal proposito, Banca del Fucino ha deciso di giocare d’anticipo, lanciando lo scorso luglio il servizio di consulenza WIN declinato su tre modelli - Prime, Advanced ed Exclusive - che prevedono per ogni cliente l’identificazione personalizzata del profilo di rischio, degli obiettivi futuri e degli orizzonti temporali, la definizione della sostenibilità delle perdite e la singola propensione alla delega. “Il modello ‘Exclusive’ in particolare”, specifica Pignataro, “esclude ogni tipo di retrocessione o forma di remunerazioni indirette. Esso permette l’analisi della situazione patrimoniale totale, comprensiva degli asset affidati a terzi intermediari, e si basa sul pagamento di una commissione di consulenza che diminuisce all’aumentare degli asset sotto monitoraggio”.