Raggiunto da FundsPeople nella storica sede romana dell’istituto, il professionista spiega quali sono le priorità nella selezione dei fondi, con uno sguardo alle tematiche che condizionano i mercati in questo momento.
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“La ricerca di processi sempre più strutturati e la definizione di un metodo di lavoro disciplinato, per l’individuazione degli strumenti più adatti alle scelte di asset allocation, sono elementi sempre più rilevanti nella selezione fondi”. Tanto più se si considerano le esperienze maturate negli ultimi due anni, con le criticità che si sono avvicendate sulle piazze finanziarie. Davide Scutti, fund analyst di Banca Finnat individua due aree di intervento. Da un lato, “una più attenta e adeguata rivisitazione dei processi di selezione, in particolare la parte quantitativa di classificazione degli strumenti (clustering e factor analysis)”; dall’altro “l’integrazione degli stessi processi con criteri di valutazione secondo i fattori ESG”.
Raggiunto da FundsPeople nella storica sede capitolina di Banca Finnat, istituto specializzato anche in advisory e private banking, il professionista rimarca il concetto: “Il nostro team è particolarmente coinvolto nel primo ‘cantiere di lavoro’. Con la complessità crescente dei mercati di questi ultimi anni, una corretta classificazione che faccia emergere le effettive caratteristiche di un fondo, diventa nodale nella riuscita della selezione”. D’altronde, il prolungato periodo di “mercati molto fuori standard” si è rivelato un banco di prova per il mondo della selezione, facendo emergere una discussione sull'ipotesi che “alcune metodologie utilizzate per valutare e confrontare strumenti, anche della stessa tipologia, possano risentire di fattori straordinari, che vanno oltre la consueta stagionalità dei mercati”. Cresce dunque l’importanza di una classificazione “robusta” e della “individuazione di nuovi parametri di analisi che riescano a intercettare le capacità di generare alpha da parte dei gestori dei fondi nelle varie fasi di mercato”.
Sul fronte del secondo cantiere di lavoro, ossia l’integrazione dei criteri ESG, "l’impatto si è verificato non soltanto sulla parte del trasferimento delle informazioni della clientela da un punto di vista normativo, ma soprattutto sui processi di gestione e di selezione”. Qui la mancanza di dati univoci ha un suo peso, tuttavia “anche all’interno degli stessi processi ci siamo interrogati su come integrare la selezione secondo gli adempimenti normativi e anche approfondendo aspetti più quantitativi, come l’impatto sul rischio e sui rendimenti di questi strumenti al fine di meglio considerare la virtuosità delle aziende e la loro resilienza ad affrontare questa natura di rischi”. Si tratta di un’analisi che ha preso le mosse oltre tre anni fa, quando “in Banca Finnat abbiamo avviato un processo volto a integrare i vari fattori ESG nei criteri di selezione e nel processo d’investimento per la gestione dei portafogli”.
Da un punto di vista “tecnico”, il processo di selezione si basa su di una “struttura aperta” e su due pillar: “il primo quantitativo e il secondo qualitativo”, prosegue Scutti che ricorda come l’analisi iniziale parta da “una classificazione attenta del mondo fondi, con una procedura elaborata in-house che affiniamo continuamente”. Continuità necessaria dal momento che, numericamente, la base del campione è molto ampia. “Questa ampiezza consente di fare scouting anche di fondi con caratteristiche interessanti di società di gestione di minor dimensione”. Al campione viene attribuito un punteggio “che punta a intercettare i fondi più meritevoli di attenzione, per comportamento con il mercato di riferimento e per capacità del gestore di generare una performance migliore dei competitor in modo persistente”, afferma l’esperto che richiama ancora una volta il periodo complesso: “Dall’esperienza degli ultimi due anni stiamo individuando delle nuove modalità di valutazione per ridurre gli errori e il disturbo derivanti dalla mutazione di importanti trend dei mercati”.
La fase qualitativa prevede poi una due diligence con il gestore e la casa di investimento, “per ricevere una conferma delle analisi effettuate e fare una valutazione approfondita su vari aspetti: processo e gestione del portafoglio, esperienza, visione del mercato di riferimento, capacità di gestione dei rischi”. Una volta compiuti questi passaggi, prosegue Scutti, “si definiscono delle short list, sia per le gestioni patrimoniali sia per la consulenza, da cui poi attingiamo in base alle decisioni di asset allocation”.
L’area fund selection si pone, infatti, come elemento di raccordo tra gli ambiti di azione della squadra di Banca Finnat, guidata da Emanuele Bonabello, responsabile direzione investimenti, CIO e relazioni istituzionali della banca: “Ci posizioniamo a servizio sia della struttura di consulenza, sia di quella di asset management”. Quest’ultima è guidata da Arcadio Pasqual (a destra nella foto), responsabile delle gestioni, mentre Mariano Gambaro (a sinistra nella foto) è a capo della struttura di advisory. “La selezione fondi è in forza della struttura di advisory che supporta una cinquantina di private”, precisa Scutti.
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Interrogato sulle prospettive future, il fund selector richiama i due aspetti che più condizionano i mercati in questa congiuntura: la dinamica dell’inflazione e la potenziale fase economica recessiva. “Si tratta di tendenze che potrebbero non essere ancora stimate in modo adeguato dai mercati, di conseguenza le nostre scelte sono attualmente più attente alle scelte a livello tattico di breve periodo rispetto a quelle strategiche di lungo periodo”. Per cui la componente obbligazionaria rinnova il suo appeal, “per i buoni rendimenti a scadenza offerti, senza assumere rischi eccessivi né in termini di duration né di credito”, sottolinea Scutti, rilevando come i rendimenti possano rappresentare una parziale protezione alla volatilità dei mercati (“con cui dovremmo convivere per un po’ di tempo”), nonché al “venir meno della consueta decorrelazione di molti asset, da cui la scarsa possibilità di beneficiare degli effetti della diversificazione di portafoglio”. L’esperto vede opportunità negli emerging market, dove “valutiamo di incrementare la leggera esposizione attualmente in essere per cogliere le potenzialità di recupero che questa area, molto penalizzata nel 2022, potrà conseguire nel prossimo anno”. Se la situazione congiunturale dovesse riequilibrarsi “andremo anche ad aumentare l’esposizione in bond High Yield ed emerging debt”. Prodotti inflaction linked e risk premia sono nel mirino nel caso in cui l’inflazione non dovesse diminuire in tempi brevi, mentre restano appetibili covered bond europei e convertible bond. Sulla parte azionaria, conclude Scutti, “rimaniamo favorevoli allo stile value”.
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