Nella plenaria di apertura focus su mercati privati e ruolo dell’Europa. Per il ministro Giorgetti occorre interrogarsi su come trasformare la propensione al risparmio in propensione all’investimento. Gota: Il consolidamento del settore? Una medicina necessaria.
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Un momento storico per l’industria. Maria Luisa Gota presidente di Assogestioni e AD e DG di Eurizon Capital nella plenaria di apertura del Salone del Risparmio 2025 si dice convinta che il momento dei mercati vada interpretato all’interno della giusta prospettiva (“che non è mai di breve termine”), ossia “una flessione in un sentiero di lunga crescita dei mercati”. Il riferimento va non soltanto alle incertezze generate dalla situazione internazionale ma anche alla contingenza di “trasformazioni sociali, economiche, geopolitiche che ci toccano da vicino e chiamano in causa l’industria come motore del cambiamento”. Gota sottolinea la “consapevolezza” del valore della “risorsa risparmio”: 33 mila miliardi a livello europeo, “un terzo di questa somma fermo sui conti correnti e sottoposto all’erosione dell’inflazione, e alla luce di questa ricchezza, “capitale paziente, progresso e longevità sono tre concetti che definiscono tre direttrici su cui la nostra industria si deve focalizzare in futuro per creare valore”.
Movimenti europei
Da qui il fuoco si sposta su una serie di movimenti in atto, a livello sia italiano sia europeo. Il rimando necessario è alla Savings and Investment Union (SIU), l’iniziativa europea lanciata lo scorso 19 marzo che “rifocalizza l’attenzione di istituzioni, industria e politica sulla necessità di canalizzare il risparmio a sostegno dell’economia reale”. Ci sono circa una ventina di azioni di alto livello, continua la presidente indicando come “il successo di questa iniziativa sarà determinato da come queste azioni saranno declinate. Noi come industria dobbiamo essere parte attiva di questo lavoro”. Tuttavia non può mancare dalla riflessione sulle trasformazioni in atto quella legata alla sostenibilità e al Pacchetto Omnibus (lanciato lo scorso 26 febbraio): “Ci sono voluti anni per integrare le strategie ESG nei processi di investimento, un lavoro di sostanza e non di forma, e sarebbe un peccato buttare tutto alle ortiche”. In ogni caso “siamo tutti d’accordo che la normativa sulla sostenibilità è ancora complessa ed è necessaria una semplificazione”.
Una medicina necessaria
Un riferimento diretto va al processo di consolidamento in corso sul mercato, non soltanto italiano ma anche europeo. “La nostra industria è globale – afferma Gota – e se si guarda ai primi 20 asset manager a livello mondiale, ben 14 sono USA e gestiscono l’80% delle masse”. Insomma: “Creare campioni europei è una buona idea”. Inoltre la nostra industria “soffre del trend irreversibile della riduzione dei margini con i costi che salgono per effetto inflativo, l’aggregazione è quasi una medicina che prima o poi è necessario prendere”. Per vedere realizzare le economie di scala per cui si fanno le aggregazioni, tuttavia, il risultato deve essere maggiore della somma delle parti “c’è strada da fare ed è necessaria meno frammentarietà nell’UE a livello di normativa, vigilanza e mentalità”.
Lo stesso Giancarlo Giorgetti, ministro dell’Economia e delle Finanze intervenuto in video conferenza da Roma sottolinea come l’edizione 2025 del Salone del Risparmio si svolga “in un quadro di profonda trasformazione dei rapporti politici e internazionali che si traduce in un’incertezza del mercato” e si interroga sulle modalità con cui la politica economica nazionale ed europea possono trasformare la propensione al risparmio alla propensione all’investimento. Il primo punto? “Rafforzare la solidità della finanza pubblica, perché tenere in ordine i conti degli italiani è la prima forma di risparmio”.
I trend del gestito
A livello di industria emergono tre tendenze (mercati globali, ETF e fondi digitali) che caratterizzano il settore, e Gota sottolinea come ETF e mercati privati siano “ai poli di un’immaginaria linea di accessibilità dei mercati (dai più accessibili ai meno)”. In mezzo si collocano i fondi comuni tradizionali il cui compito è garantire “buone performance rispetto ai competitor e agli indici, insomma: generare alfa”. Un rimando va al trend “recente e ancora acerbo”, dei fondi digitali, “basati sulla tecnologia dei registri distribuiti che è molto potente, non possiamo permetterci di non guardarli e sperimentarli”.
Capitale paziente
La creazione di valore, d’altronde, è il fattore portante dell’industria del gestito e si associa, come anticipato, al concetto di capitale paziente che, per Alessandro Foti, vicepresidente di Assoreti, “riporta al centro del dibattito la variabile più rilevante quando si parla di risparmio: il tempo”. Elemento che si associa anche alla necessità di veicolare i risparmi degli italiani (quantificati in 1.500 miliardi di liquidità) in prodotti in grado di generare non soltanto rendimento ma anche protezione del capitale dall’inflazione. Cinzia Tagliabue, vicepresidente di Assogestioni, rimarca la responsabilità dell’industria nel “capire l’eccessiva prudenza del risparmiatore (che si concentra sul reddito fisso a discapito dell’azionario) e aiutarlo a sfruttare occasioni di mercato, anche attraverso piani di accumulo o di risparmi individuali”. Per questo motivo Tagliabue delinea tra direzioni in cui si muove l’industria: “Comunicazione e formazione, una maggiore armonizzazione a livello europeo e, come detto, un focus sui piani di risparmio”. Il tema del capitale paziente si ripropone anche all’interno delle tre linee guida definite da AIPB. Per Andrea Ragaini presidente dell’Associazione italiana private banking, l’obiettivo è “incentivare la pazienza” per fare scelte ponderate. E qui le indicazioni sono: “Aumentare la protezione, avere più equity nei portafogli (il grande elemento che consente di agganciarsi all’economia reale) e più mercati privati nei portafogli”.
Centralità dei mercati privati
D’altronde, la crescita europea (e italiana) ha bisogno di uno slancio decisivo, anche per rispondere ai ritardi testimoniati dai numeri: “Decenni fa USA ed Europa avevano un PIL di circa 14 mila miliardi di dollari, oggi il PIL statunitense è di circa 28 mila miliardi, quello europeo di circa 15 mila miliardi. L’autocritica è necessaria”, afferma Carlo Trabattoni, vicepresidente di Assogestioni. Certo “gli Stati Uniti d’America non vedono un corrispettivo negli Stati Uniti d’Europa” ma il paragone è uno stimolo per “abbattere i nazionalismi che ci portano ad essere disuniti nella produzione di un bene comune che è il risparmio”. Il paragone con l’altra sponda dell’Atlantico funge da volano al tema della “democratizzazione dell’accesso ai mercati”, sottolineato anche da Giovanni Sandri, vicepresidente Assogestioni, che richiama la necessità di “avere più risparmiatori che investono e aiutare più investitori ad accedere a segmenti di mercato a cui oggi non hanno accesso”. Una transizione, insomma, “dalla costruzione dei portafogli 60/40 al 50/30/20” in cui sono inclusi anche i mercati privati.