Sistema pensionistico italiano in “equilibrio precario”

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Matt Bennett (Unsplash)

La crescita del numero di occupati, nel 2021, va di pari passo con l’aumento del numero dei pensionati e del miglioramento del rapporto occupati/pensionati. Sono questi i dati principali che emergono dal decimo rapporto “Il Bilancio del Sistema Previdenziale italiano. Andamenti finanziari e demografici delle pensioni e dell’assistenza per l’anno 2021”, redatto dal Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali, e presentato ieri 18 gennaio, a Roma, presso la sala stampa della Camera dei Deputati. Un sistema pensionistico in equilibrio al netto dell’assistenza (su 16 milioni di pensionati circa 7 milioni sono completamente assistiti), insomma, e tuttavia, secondo quanto richiamato da Itinerari Previdenziali, “la cui stabilità rischia di essere minata dalle troppe eccezioni alla riforma Monti-Fornero, dall’incapacità di affrontare adeguatamente l’invecchiamento della forza lavoro e da livelli occupazionali da fanalino di coda in Europa per quanto in miglioramento”.

Nel dettaglio dei numeri il totale dei pensionati è passato, nel 2021 a 16,099 milioni dai 16,041 milioni del 2020 del 2021 (+57.547 unità); oltre 550 mila, invece, i lavoratori in più, per cui il rapporto occupati e pensionati, che nel 2020 si fermava a 1,384, nel 2021 arriva a 1,4215. Un sistema che, secondo quanto spiega Alberto Brambilla, presidente del Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali sarà sostenibile ancora soltanto per 10/15 anni “quando le ultime frange dei baby boomer nati dal Dopoguerra al 1980 (in termini previdenziali assai significative, data la loro numerosità) si saranno pensionate”. Per non incrinare questo equilibrio, l’esperto rimarca la necessità di intervenire sul sistema alla luce di quattro principi fondamentali. In primis l’età di pensionamento, “attualmente tra le più basse d’Europa (circa 63 anni l’età effettiva in Italia contro i 65 della media europea) nonostante un’aspettativa di vita tra le più elevate a livello mondiale”; segue l’invecchiamento attivo dei lavoratori, “attraverso misure volte a favorire un’adeguata permanenza sul lavoro delle fasce più senior”; la prevenzione, ossia la “capacità di progettare una vecchiaia in buona salute”; e infine le politiche attive del lavoro, “da realizzare di pari passo con un’intensificazione della formazione professionale, anche on the job”.

I numeri

Nel dettaglio, l’incremento nel numero dei pensionati secondo l’ufficio studi sarebbe ascrivibile alle “numerose vie d’uscita in deroga alla Fornero introdotte dal 2014 in poi e culminate nel 2019 nell’introduzione di Quota 100”. La crescita di 57.546 unità rispetto al 2020 (+0,36%) vede le pensionate aumentare di 20.219 unità rispetto all’anno precedente, mentre gli uomini crescono di 37.327 unità, tuttavia sulla platea degli oltre 16 milioni di pensionati italiani il 51,8% è rappresentato da donne, destinatarie dell’87% del totale delle pensioni di reversibilità. Come anticipato, cresce anche il numero dei lavoratori che, dopo il calo dovuto alle conseguenze della pandemia nel 2020, nel 2021 si è riportato oltre 22,8 milioni di unità (considerando anche la variazione nel metodo di rilevazione Istat che non tiene più conto di lavoratori in CIG e inattivi da oltre 3 mesi), per un tasso di occupazione totale pari secondo Istat a circa il 60%, di fatto in linea con quello del 2019. Con l’allentarsi dell’emergenza sanitaria, cala significativamente anche il ricorso alla Cassa Integrazione e ad altri ammortizzatori sociali: nel 2021 sono state autorizzate complessivamente 2.821.165.153 ore, il 35% in meno del 2020, quando la CIG aveva riguardato oltre 7,4 milioni di lavoratori. Mentre sul fronte del rapporto attivit/pensionati la forbice si restinge rispetto al 2020, tuttavia resta “piuttosto distante quell’1,5 già indicato nelle precedenti pubblicazioni come soglia minima necessaria per la stabilità di medio-lungo termine del sistema”, allertano gli analisti, sottolineando come “in assenza di politiche attive per il lavoro e vere politiche industriali che sappiano capitalizzare anche le risorse del PNRR, il Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali non ravvede grossi miglioramenti ma ipotizza semmai che il valore rimarrà stabile per il biennio 2023-2024”.

Fonte: Decimo Rapporto sul Bilancio del Sistema Previdenziale italiano Itinerari Previdenziali.

Fanalino di coda in Europa

Inoltre, nonostante al 30 giugno dello scorso anno il numero di occupati fosse di oltre 23 milioni (tasso 60,1%) e “record assoluto dal 1977”, sottolinea Itinerari Previdenziali, il nostro Paese resta ancora fanalino di coda in Europa per occupazione globale: secondo i dati Eurostat al 2021, l’Italia è indietro di 10 punti rispetto alla media europea (58,2% l’Italia e 68,4% la media a 27 Paesi), per occupazione femminile (qui la differenza è di circa 14 punti rispetto alla media europea) e giovanile (17,50% contro il 32,70% della media UE). Poco meglio il tasso di occupazione relativo ai lavoratori senior, dove la differenza con la media UE è di “soli” 7 punti percentuali.

Fonte: elaborazioni Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali su dati Eurostat