Spese inique? Gli HNWI pronti a chiudere la porta a banca e consulente

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foto: autor Giovanni, Flickr, creative commons

A fine anno ci sarà il vero banco di prova per MiFID II, soprattutto in merito alla trasparenza dei costi dei fondi. Gli investitori potranno tirare le somme e sapere chiaramente a quanto ammontano le spese di gestione dei prodotti da loro detenuti. Non è esclusa qualche sorpresa e c’è già chi ha ben chiaro il da farsi, se i conti non dovessero essere equi: cambiare banca e/o consulente per i propri investimenti. È quanto emerge da una ricerca condotta a maggio da Finer Finance Explorer. Il think thank della consulenza finanziaria, con sede a Milano e Londra, ha infatti realizzato uno studio, su un campione di 100 HNWI italiani con con disponibilità finanziarie superiori ai 5 milioni di euro. E ciò che emerge dall’89% degli HNWI intervistati è che a fine anno questi investitori facoltosi faranno un confronto con le banche di riferimento (in media 4) per valutare eventuali differenze di costi. Nel caso questi stessi costi fossero superiori a quanto comunicato, ben il 67% cambierebbe banca/referente, il 17% cambierebbe la banca mentre il 16% referente all’interno della stessa banca.

“I clienti HNWI stupiscono per il loro pragmatismo, frutto della consapevolezza del valore del loro patrimonio e del rapporto con più banche/referenti per gli investimenti”, commenta il CEO e fondatore di Finer Finance Explorer Nicola Ronchetti. “Sanno che MiFID II porterà maggior trasparenza nei costi, sono stati adeguatamente informati sia dalla banca (tramite corrispondenza) che dai loro referenti. Notano un maggior attivismo della banca del proprio referente che però al momento non sembra essersi trasformato in azioni concrete (investimenti disinvestimenti) rispetto al passato. Dichiarano abbastanza chiaramente che aspettano la propria banca/il proprio referente al ‘varco’ pronti a cambiare la prima e/o il secondo qualora i risultati ottenuti fossero inferiori alla media del mercato”, continua l’esperto.

Ok ai costi, ma solo se meritati

Questa presa di posizione non esclude però che questo segmento di risparmiatori sappia riconoscere il valore della consulenza. Per il 64% è giusto che la banca o i referenti vengano remunerati per il lavoro fatto, ma solo se i risultati ottenuti sono sopra la media. “Ergo costì sì ma solo se meritati”, chiarisce Ronchetti. “Si tratta sicuramente di un tipo di cliente più esigente rispetto alla media degli investitori (che in caso di sorprese negative, lascerebbe il proprio consulente ‘solo’ nel 50% dei casi). Ma anche più intransigente e non disponibile a fare sconti a nessuno se scoprissero che una delle proprie banche applica costi più alti e per questo sono pronti al confronto. Sfida aggiuntiva per i gestori dei clienti con grandi patrimoni, ma anche grandi opportunità per chi non gode di rendite di posizione”.