Tensioni geopolitiche tra Russia e Ucraina, le conseguenze sui mercati secondo gli asset manager

Ucraina, Kiev
Ganna Aibetova. (Unsplash)

Dopo giorni ad alta tensione, sembra aprirsi uno spiraglio di dialogo nella crisi tra Russia e Ucraina. Putin ha annunciato il ritiro di una parte delle truppe dal confine con l'Ucraina, e dopo l’incontro con il cancelliere tedesco Olaf Scholz ha detto di non volere una guerra in Europa. Nel frattempo il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha dichiarato che il ritiro delle truppe russe non è ancora stato verificato, che un attacco all'Ucraina "resta sempre possibile" e che gli USA sono pronti a siglare "accordi scritti" con Mosca. Lo spettro geopolitico fa annaspare i mercati e le Borse che chiudono giornate di scambi in negativo.

"Il rischio di un conflitto armato e di nuove sanzioni USA alla Russia aggiunge incertezza a uno scenario globale già fragile a causa dei timori inflazionistici e della conseguente svolta restrittiva delle banche centrali del mondo sviluppato. La mancanza di visibilità sull’evoluzione futura dell’attuale crisi geopolitica invita alla prudenza nel breve termine, ma può offrire spunti tattici nei momenti di eccesso di panico” spiegano Marco Piersimoni, senior Investment Manager e Flora Dishnica, Product specialist di Pictet Asset Management.

Secondo gli esperti due sono i rischi maggiori: da una parte la prospettiva di sanzioni alla Russia, Paese esportatore di materie prime di primaria importanza (sia in ambito energetico che nei metalli preziosi), dall’altra l'instabilità in Ucraina sempre per questioni relative alle esportazioni di materie prime, in questo caso più legate all’agricoltura.

Per quanto riguarda gli asset russi, Pictet fa una comparazione con una crisi pregressa, quella del 2014. Nonostante l’annessione della Crimea fosse inattesa, l’effetto attuale sugli asset russi è simile o addirittura più forte:  il rublo, la prima valvola di sfogo, ha registrato un -30% tra novembre e il picco di stress a fine gennaio (a febbraio-marzo 2014 il deprezzamento era stato del -12% circa); il CDS (Credit Default Swap) della Russia si comporta in modo analogo, con circa +160bps di allargamento tra novembre e il picco di gennaio, a fronte dei circa +100pb nel 2014; le azioni registrano l’effetto più forte, con un calo del 30% da novembre al picco di stress di fine gennaio, a fronte di un -19% circa nel 2014.

"Questo re-pricing rende molto interessanti le valutazioni dei titoli russi e fa pensare che l’effetto negativo sia perlopiù già nei prezzi, soprattutto se si tiene conto dei fondamentali economici del Paese" concludono.

Implicazione per gli investimenti

"Lo stallo dei negoziati ha fatto emergere un premio per il rischio nei prezzi degli asset russi. I prezzi del reddito fisso in Russia e in Ucraina si sono significativamente adeguati” spiegano gli esperti di Amundi.

In Russia, gli spread del credito si sono ampliati di circa 100 bps a oltre 200 punti base, come si vede dal grafico qui sotto (CDS a 5 anni) e i rendimenti dei titoli in valuta locale sono aumentati di 100 bps fino a raggiungere l'area del 9,5% (parte della curva dei rendimenti a 10 anni).

Andando nel dettaglio delle asset class, come sottolineano gli esperti di Amundi, il mercato azionario russo è sceso in modo significativo, circa il 10% YTD (a inizio febbraio), nonostante il supporto dei prezzi dell'energia e delle materie prime (circa i due terzi del mercato russo sono esportatori di materie prime). Il mercato russo attualmente ha un P/E 12-months forward pari a circa 5 e un dividend yield di circa il 12- 13%, il costo implicito delle azioni è superiore al 20 per cento. "Riteniamo che, a questi livelli, il mercato stia già parzialmente scontando un'ulteriore escalation del conflitto militare. Ci aspettiamo, nel peggiore dei casi, che un’evoluzione importante a livello globale, piuttosto che locale, possa portare a una significativa volatilità degli asset rischiosi” commentano.

Gas e petrolio al centro

Niente paura o quasi su orizzonti di breve termine. Gli esperti di Raiffeisen Capital Management spiegano infatti che non vedono al momento alcuna ragione per cambiare la loro valutazione della situazione di base per i mercati finanziari globali. Questo perché le azioni russe non hanno un peso significativo negli indici azionari globali e negli indici dei mercati emergenti, quindi non sussistono grandi effetti diretti da questo lato.

Ci sono però altri elementi da tenere in conto. "Il mercato del petrolio probabilmente sconterebbe un premio di rischio aggiuntivo, ma non è chiaro quanto questo sarà elevato. Non ci si aspetta che la Russia riduca drasticamente le proprie esportazioni energetiche e le sanzioni dell'Occidente in questa direzione non sono ancora state messe in gioco pubblicamente” spiegano dalla società. I paesi dell'OPEC (soprattutto l'Arabia Saudita) potrebbero anche mobilitare capacità supplementari in modo relativamente rapido.

Discorso a parte per la fornitura di gas naturale in Europa in caso di escalation. "Ci sarebbe la minaccia di nuovi aumenti di prezzo e potenzialmente di strozzature dell'offerta. Tuttavia, la Russia ha finora sempre negato fermamente di voler risolvere il conflitto a questo livello e un certo premio di rischio è già incluso nei prezzi attuali" commentano gli esperti di Raiffeisen Capital Management.

L’Occidente ha reso noto che qualsiasi ulteriore attacco all’Ucraina scatenerebbe ingenti sanzioni nei confronti della Russia, che secondo l'analisi di Tim Ash, Emerging Markets strategist, BlueBay Asset Management riguarderebbero le principali banche, le società energetiche, gli oligarchi e le esportazioni tecnologiche. "E sebbene Putin abbia sviluppato la politica economica della “Fortezza Russia” – con ampie riserve valutarie (630 miliardi di dollari), basso debito pubblico ed esterno, surplus fiscali e delle partite correnti – riteniamo che le sanzioni potrebbero far ristagnare ulteriormente l'economia russa e minare la qualità del credito. Probabilmente le sanzioni sul debito sovrano sarebbero inasprite, con sanzioni secondarie imposte anche sul debito di nuova emissione" commenta .

Tutto questo in sostanza renderà molto difficile detenere asset russi in portafoglio e con le sanzioni non è solo l’attuale regime ad essere importante, ma anche la direzione futura. "Considerando tutto ciò da novembre siamo rimasti difensivi su Russia e Ucraina, dal momento in cui sono emersi i primi report dell’intelligence USA. Continuiamo ad aspettarci un’escalation e quindi a mantenere un posizionamento difensivo / di sottopeso, anche se continuiamo a monitorare la situazione e aggiusteremo i portafogli di conseguenza, dato che si tratta di uno scenario in costante evoluzione" conclude Ash.