Una rassegna delle principali reazioni delle società di gestione straniere sugli effetti che il voto italiano avrà sui mercati e sulla politica monetaria della BCE.
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Nessuna sopresa questa volta. I sondaggi non si sono sbagliati. Il popolo italiano ha risposto con un sonoro “no” (60%) alla riforma proposta da Matteo Renzi che, poco dopo la mezzanotte, ha annunciato pubblicamente le sue dimissioni. Il nuovo scenario sencisce una crisi politica e istituzionale in Italia, che secondo Patrice Gautry, chief strategist di UBP, complica lo scenario delle nuove riforme economiche e mette il Paese in una posizione difficile per formare un nuovo governo di coalizione o trovare una maggioranza parlamentare stabile. “L’economia italiana sta attraversando un periodo di fragilità e la sua evoluzione probabilmente continuerà a mostrarsi al di sotto di quella dell’Eurozona”, afferma l’esperto. Per Nicola Mai, head of european sovereign credit research di PIMCO, "l'Italia ha perso un'importante occasione importante per rendere il sistema politico più snello e favorevole alle riforme".
Impatto sui mercati
Considerando la compostezza con la quale i mercati hanno accolto la nuova crisi politica Italiana, è evidente che la vittoria del “no” e le dimissioni di Renzi fossero già previsti, stando alle reazioni delle principali borse europee. “Per quanto riguarda i titoli azionari l’attenzione sarà chiaramente incentrata sulle banche, i cui azionisti affrontano imminenti aumenti di capitale. Ci aspettiamo che la reazione dei prossimi giorni possa non essere positiva; sono però altresì convinto che il voto fosse già scontato nei prezzi e che guardando al futuro sia importante concentrarsi sulle ricapitalizzazioni bancarie”, afferma Alberto Chiandetti, gestore del FF Italy Fund di Fidelity International, che poi aggiunge “saranno comunque gli investitori azionari - e non quelli obbligazionari - a porteranno il peso delle ricapitalizzazioni che si profilano all’orizzonte”.
Rispetto ai mercati obbligazionari la situazione è abbastanza diversa e i premi di rischio dei Paesi periferici sono stati ampliati sensibilmente nelle prime ore della mattinata di ieri per poi tornare a moderarsi. Per Mondher Bettaieb, gestore del Vontobel Fund-Eur Corporate Bond Mid Yield di Vontobel AM, le reazioni sono state abbastanza positive. “Bisogna tenere conto anche del risultato delle elezioni in Austria dove ha vinto l’indipendente Van der Bellen, il che vuol dire che in qualche modo la minaccia populista si sta ridimensionando in Europa, e questo ha tranquillizzato i mercati”, spiega. Per Valentijn van Nieuwenhuijzen, chief strategist e head of multiasset in NN IP, il risultato austriaco, infatti, è un barlume di speranza considerando il calendario politico dell’Europa nel 2017.
Secondo Luca Tobagi, investment director di Invesco, “è bene mantenere sguardo e mente aperti, non reagire in modo impulsivo e cogliere le opportunità che i movimenti di mercato possono offrire. Alla vigilia del voto italiano, lo spread BTP-Bund si è riavvicinato al 2 %. La media dal 1958 a oggi è stata del 2,58 %. La percezione generale prima del referendum era che l’instabilità politica sarebbe potuta aumentare con una vittoria del “no”. Il significativo riavvicinamento fra livello corrente dello spread (1,91 %) e la media storica sembra indicare che i mercati obbligazionari potrebbero avere in buona parte prezzato il rischio di un ritorno al passato”, ha commentato Tobagi. “Anche il mercato azionario ha perso il 5,5% circa da fine ottobre, mentre l’indice Stoxx 600 Europe è rimasto invariato e l’Euro Stoxx ha perso meno del 2 % È probabile che la percezione di un maggiore rischio politico possa averne influenzato l’andamento”.
In ogni caso, la maggior parte degli esperti ritiene che il vero problema sia nella situazione che vive il settore finanziaro transalpino. “L’incertezza politica nel nuovo scenario renderà difficile per le banche italiane ricapitalizzarsi (e alcune di esse hanno disperatamente bisogno di capitali freschi) e aumenta la possibilità di un’ascesa di partiti anti-establishment alle prossime elezioni. La moneta unica potrebbe essere minacciata e i titoli di Stato italiani si dimostreranno volatili”.”, ricorda Paul Brain, head of fixed income di Newton (BNY Mellon IM).
Attesa per l’8 dicembre
Per quanto riguarda il mercato azionario italiano, l’appuntamento principale adesso è la riunione della BCE prevista per giovedì 8 dicembre dalla quale David Simner, gestore di FF Euro Bond Fund e FF Euro Short Term Bond Fund di Fidelity International, si aspetta “un’estensione del programma di QE di almeno altri sei mesi oltre il marzo 2017. Il continuo sostegno della BCE ai titoli di Stato europei rende a nostro avviso improbabile un ampliamento significativo dello spread sui BTP, e una maggiore incertezza dei mercati sosterrà una posizione meno aggressiva da parte del Consiglio direttivo della BCE. Per questo, quindi, a nostro parere eventuali tensioni sui titoli di Stato periferici sarebbe dunque una opportunità di acquisto”. Poi aggiunge: “Al momento i rendimenti dei BTP decennali sono inferiori a quelli con cui hanno aperto venerdì mattina, e lo spread rispetto ai Bund decennali è ancora lontano dai livelli più alti registrati nelle ultime settimane. Non c'è infatti un senso di panico sul mercato.
“Così come per tutti gli shock politici cui abbiamo assistito di recente, anche gli sviluppi in Italia comporteranno un aumento della volatilità finanziaria. È interessante notare come la BCE non possa detenere più del 33% del debito di ciascun Paese membro. Al momento, la quota per l'Italia è pari al 26%. Probabilmente la Banca Centrale dovrà esaminare la situazione nel corso di questa settimana”, ha fatto notare Paul Hatfield, global chief investment officer di Alcentra (BNY Mellon).
A livello globale, poi, secondo Columbia Threadneedle Investments, “i risulatati del referendum non influenzeranno la variabilità dell’euro. I livelli dello spread e della volatilità del mercato sono al momento ben controllati”.
Un altro degli effetti collaterali del risultato del referendum italiano sarà osservare gli effetti derivanti sulla politica della BCE. In molti pensano che l’istituzione monetaria sarà ulteriormente accomodante, il che spiegherebbe la favorevole reazione dei mercati.
Per Markus Allenspach, head fixed income research di Julius Baer, “con le possibilità respinte di un cambiamento costituzionale, soprattutto nelle regioni in cui l'economia è fiacca e la disoccupazione è alta, il referendum si profila come un altro elemento di prova di quanto sia urgente stimolare l'economia dell’Eurozona. Noi tutti sappiamo che stimoli fiscali sarebbero più adeguati per migliorare le infrastrutture e la produttività. Il minimo indispensabile che il mercato sta scontando è un'estensione degli 80 miliardi di euro al mese del programma di asset-purchasing, per almeno altri sei mesi”.