Transizione energetica negli USA, come trarne profitto puntando sulle small cap

Cormac Weldon Artemis News
Cormac Weldon, immagine concessa (Artemis)

Gli Stati Uniti stanno attraversando un momento delicato. Come la maggior parte dei Paesi, stanno cercando di compiere una transizione ad un'economia a basse emissioni di carbonio. Una sfida non facile che mobiliterà trilioni di dollari nei prossimi anni. Come evidenzia Cormac Weldon, responsabile azionario USA di Artemis Investment Management e principale gestore del fondo con Rating FundsPeople Artemis Funds (Lux) - US Smaller Companies, molte delle società impegnate in questa impresa sono di piccole dimensioni. E oltre a rappresentare un mezzo per contribuire alla salvaguardia del pianeta, al momento risultano un'area del mercato caratterizzato da un’insolita convenienza delle quotazioni. Ecco di seguito alcuni nomi di società nel radar del gestore.

Elettricità, nucleare e infrastrutture. I settori chiave

NextEra Energy Partners (NEP) è la più grande azienda di energie rinnovabili negli Stati Uniti. Con sede in Florida possiede e gestisce progetti di energia pulita e ha investimenti in impianti eolici e solari in tutti gli Stati Uniti. NEP è di proprietà di NextEra Energy, Inc. - l'operatore di servizi di pubblica utilità più grande del mondo e uno dei maggiori investitori in infrastrutture degli Stati Uniti. “L’azienda si concentra esclusivamente sulle energie rinnovabili, il che significa che può accedere a finanziamenti aggiuntivi che sono preclusi alla capogruppo, consentendo maggiori opportunità di crescita”, spiega Weldon.

Di recente il gestore ha inserito in portafoglio Constellation Energy, dopo che si è scissa dalla sua capogruppo. Constellation è responsabile della produzione del 10% dell'elettricità senza emissioni di carbonio negli USA e riceve energia da impianti nucleari, eolici, solari e idroelettrici. È un importante acquirente di altre attività nucleari e ora è responsabile di circa il 20% della capacità nucleare nel Paese. “All'inizio dell'anno, mentre consideravamo l'impatto più ampio degli eventi geopolitici sulla produzione di energia, era chiaro che il nucleare avrebbe assunto un ruolo meno controverso nella transizione verso le energie alternative”, dice Weldon. Il nucleare negli USA è anche al centro di forti investimenti a livello governativo. La legge sulla riduzione dell'inflazione (Inflation Reduction Act), approvata di recente, include un credito d'imposta sulla produzione dei generatori di energia nucleare nell'ambito di investimenti previsti pari a 369 miliardi di dollari nel clima e nell'energia pulita. “Inoltre, il Governo ha stabilito un prezzo minimo per l'energia nucleare e solare, che elimina un notevole rischio di un deprezzamento del nostro investimento nell'azienda”, spiega Weldon.

In questo processo di trasformazione, la nuova rete energetica avrà bisogno di infrastrutture. Ad esempio, le aziende di servizi di pubblica utilità nelle aree soggette a disastri naturali dovranno aggiornare le loro connessioni alla rete. In California la locale società di utilities ha deciso di spostare sottoterra le linee elettriche che attraversano aree particolarmente sensibili. “Una delle nostre partecipate, Jacobs Engineering, pianifica, smista le necessarie autorizzazioni e organizza gli scavi”, dice Weldon. “Può non sembrare molto sofisticato, ma ci vogliono coordinamento e competenze logistiche”, argomenta. Un’altra società, Valmont Industries, fornisce infrastrutture che collegano alla rete nuovi impianti eolici e solari. Una delle sue divisioni fornisce anche attrezzature per l'irrigazione, che gli agricoltori di tutto il mondo utilizzano per massimizzare la resa per litro grazie ad una tecnologia di precisione che riduce l'uso di acqua, e contribuisce a diminuire l'uso di prodotti chimici e fertilizzanti. Va ricordato che molte di queste aziende sono piccole rispetto agli standard statunitensi, ma grandi rispetto a molte aziende europee. “Valmont è un'azienda da 5 miliardi di dollari che, ad esempio, potrebbe tranquillamente essere parte dell’indice FTSE 100)”, precisa Weldon.

Small cap a buon mercato

Le small cap statunitensi stanno attraversando un momento difficile sui mercati. Dopo aver lottato duramente durante il Covid e la pandemia, ora si trovano a navigare in acque agitate per l’inflazione, il rialzo dei tassi di interesse da parte della Fed e il timore della recessione in arrivo. Ciononostante, questo periodo complesso si può tradurre in un’opportunità di investimento. “Non sono molti i casi - forse solo uno o due - in cui negli ultimi 30 anni siano state così convenienti rispetto alle loro sorelle maggiori”, spiega il gestore. “Il nostro fondo per le società a piccola capitalizzazione attualmente passa di mano ad un multiplo prezzo/utili (per gli ultimi 12 mesi) di circa 15,5x, un dato ampiamente in linea con l’indice di riferimento, il Russell 2000, a fronte di circa 24x per l'S&P 500”, spiega Weldon. “Bisogna risalire al 1999 per trovare le small cap statunitensi così a buon mercato, in termini relativi”, afferma.

“Storicamente, le società a piccola capitalizzazione sono quotate a premio, perché il tasso di crescita prospettica dei loro utili tende ad essere un po' più alto rispetto a quello delle grandi società”, continua. “E la gestione attiva può migliorare ulteriormente questo aspetto”, dice. “Il fondo ha un P/U simile a quello dell'indice di riferimento ma ha un rendimento del capitale proprio del 17-18% rispetto al 5% delle società che fanno parte dell'indice di riferimento. La crescita storica degli utili è del 25% rispetto al 15% delle aziende nell’indice di riferimento”, conclude.