L’Asia ha superato egregiamente il banco di prova della crisi sanitaria da Covid-19, sebbene alcuni Paesi stiano ancora affrontando delle difficoltà ci sono tutte le basi per una forte ripresa. Già nel 2020, il Continente asiatico aveva dimostrato una migliore efficienza nel contenimento della curva della pandemia da Coronavirus, riuscendo a contenere i focolai e uscendo dallo stato di emergenza. Il ritmo di crescita è tornato incalzante e le aspettative sul Pil sono ottimistiche, con la Cina in una posizione privilegiata all’interno del sistema economico mondiale. Come si traduce questo nei portafogli? Ne abbiamo discusso nella seconda parte della tavola rotonda virtuale sulle opportunità dei mercati asiatici.
La differenza l’ha fatta soprattutto la risposta politica asiatica. “I policy maker, primo fra tutti il governo cinese, hanno avuto un atteggiamento rigoroso nei confronti delle banche centrali, e hanno preferito dare un maggior stimolo fiscale, senza dover fare troppo affidamento alla politica monetaria”, ha affermato Catherine Yeung, portfolio manager di Fidelity International. In tutta l’Asia, ma soprattutto in Cina, si è assistito ad un miglioramento della governance per attirare maggiori investitori. “I governi stanno agendo per favorire i flussi di cassa e finanziari e nel sostenere gli azionisti di minoranza, ciò contribuirà pertanto a generare ancora più reddito potenziale”, sottolinea la fund manager. Inoltre sono aumentate le politiche a supporto dell’economia domestica, che aprono la gamma di opportunità sui mercati dei capitali. Si sta quindi spianando la strada per una transizione delle allocazioni internazionali verso i Paesi asiatici.
Sempre più Asia in portafoglio
Sia i mercati azionari, che obbligazionari sono relativamente nuovi per gli investitori europei data la recente apertura ai capitali stranieri, in più sono anche molto ampi, e possono quindi destare perplessità, ma le opportunità sono diverse. “Negli anni 2000 il mercato obbligazionario asiatico contava solo 114 bond, oggi ha raggiunto un valore di mercato superiore ai 3000 miliardi di dollari. Ciò prova quanto sia cresciuto negli ultimi anni”, ha commentato Patrick McKenna, CFA, portfolio manager di Mediolanum Internationa funds. “Il mercato asiatico offre un maggiore rendimento per unità di rischio rispetto ai Paesi sviluppati, sia dal lato azionario, che del credito. Abbiamo un approccio che punta sulla qualità delle aziende, perché sono quelle in grado di generare flussi di cassa maggiori nel tempo, mentre nel caso del fixed income valutiamo anche la duration”, spiega il gestore.
Uno sguardo al debito
Le dimensioni raggiunte dai mercati obbligazionari asiatici ed in particolare dal credito corporate sono ragguardevoli. “Per il corporate investment grade e high yield in valuta forte parliamo di oltre 800 miliardi di dollari US, a fronte dei quali c’è un mercato in valuta locale ancora più vasto. In termini di rendimenti offerti è il credito high yield asiatico a offrire spread otticamente molto generosi rispetto agli equivalenti USA ed europeo, spinti al ribasso dalle politiche monetarie e fiscali espansive dei Paesi occidentali”, ha spiegato Paolo Biamino, responsabile Manager Selection di Euromobiliare AM SGR. Va considerato con attenzione, inoltre, il caveat della concentrazione settoriale, come nel real estate e geografica, come quella della Cina, tuttavia si tratta di una asset class in piena espansione e, post COVID, gli investitori hanno cominciato ad accorgersene attirati dalla continua ricerca di rendimento. “I flussi di investimento sono infatti notevolmente aumentati. Anche per l’obbligazionario asiatico Euromobiliare A.M. SGR ha allo studio soluzioni di investimento dedicate”, aggiunge.
Il debito asiatico è un’asset class su cui sta puntando anche Cordusio Sim, fa sapere Roberta Rudelli, Head of Fund selection di Cordusio SIM e UniCredit Wealth Management; questo perché nei mercati emergenti è quella più attraente in termini di rischio/rendimento. “Nell’obbligazionario asiatico ci sono diversi segmenti in cui trovare opportunità e, quindi, c’è un’ampia scelta per i gestori attivi di diversificare il portafoglio e bilanciare il rischio, sia a livello di emittenti che di valute. Tuttavia, sono mercati che richiedono una conoscenza approfondita delle dinamiche tecniche interne, degli operatori che ci investono, che hanno punti di vista differenti dai nostri”, spiega la fund selector. “Dobbiamo delegare pertanto ai gestori attivi locali, che conoscono bene queste dinamiche, parlano la lingua del posto e possono dialogare direttamente con le aziende”, conclude.