UK bye bye. E adesso?

Theresa May
The Primer Ministers Office, Flickr, Creative commons

L’unica cosa certa è che indietro non si torna. La richiesta è ufficiale: Theresa May ha consegnato la lettera a Bruxelles, invocando l’articolo 50 del Trattato di Lisbona, aprendo così la trattativa per l’uscita dall’Unione. L’impresa inglese è temeraria, il solo cambio della regolazione è ciclopico, siamo di fronte a una sorta di riscrittura delle norme, a una rifondazione del Paese. Chi dice che non accadrà nulla si sbaglia, come si sbagliava chi affermava che sarebbe crollato tutto. La premier britannica si dice ottimista e parla di una nuova Gran Bretagna “prospera, aperta e goblale”, ma i suoi ex soci le ricordano che il divorzio sarà peggio del matrimonio. “C’è un enorme somma di denaro in gioco e mentre il Regno Unito esige un’uscita à la carte, scegliendo con cosa restare, l’Ue si aggrappa ad un unico menù, con opzioni fisse”, spiega Howard Cunningham, gestore obbligazionario in Newton, filiale di BNY Mellon IM. Come dice l’esperto, al momento tutto può accadere. “Non sappiamo nulla di quali accordi verranno siglati in merito a questioni come il passaporto europeo, gli accordi commerciali o aspetti specifici in alcuni settori. Probabilmente la posizione iniziale dell’Ue e dei suoi 27 membri sarà quello di lanciare un messaggio di fermezza al Regno Unito, nel senso che non si può decidere di conservare e mangiare la torta allo stesso tempo”, dice Cunningham.

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