La direzione del partito democratico ha sancito in maniera definitiva l’incompatibilità tra il governo Letta e il suo azionista di maggioranza. Con 136 favorevoli e 16 contrari, il partito a guida di Renzi ha approvato il documento che chiede un nuovo governo di legislatura. Letta ha presentato le dimissioni e rimetterà il suo mandato nelle mani del capo dello stato che si incaricherà della formazione del nuovo governo.
“Non c’è da essere ottimisti: il futuro esecutivo dovrà affrontare sfide titaniche. Prima ancora di riuscire ad affrontare le annose criticità che zavorrano l’economia e l’apparato pubblico, il governo si troverà a sciogliere i problemi che nascono dal modo stesso in cui la staffetta di queste ore sta avvenendo”, commenta Giovanni Daprà, amministratore delegato di MoneyFarm. E precisa: "Sono due i nodi irrisolti del passaggio: il cambio di governo gestito senza un formale passaggio parlamentare che implica che la maggioranza a sostegno dell’esecutivo non è al momento definita e lo sforzo riformatore di Renzi si potrebbe infrangere sugli umori variabili dei partiti, specialmente a palazzo Madama. Poi c’è il cambio senza passare per il voto degli elettori. Se la ratio è il proseguimento delle riforme, (riforma della legge elettorale e l’abolizione del senato), la mancanza di legittimazione popolare rischia di insidiare il percorso riformista".
Come prenderanno questa notizia i mercati? Per il momento sembra abbastanza bene; l’Italia giovedì scorso ha piazzato 3,5 miliardi di euro di titoli pubblici a 3 anni ai tassi più bassi di sempre, ed il Ftse Mib è il secondo miglior mercato azionario da inizio anno quindi la crisi politica non sembra aver intaccato la fiducia. Quello che è certo, come sottolinea Deutsche Bank in una nota, l’Italia si sta imbarcando in una strategia più rischiosa in cui la possibilità di rimanere in uno scenario di “muddle-through”, ovvero di continuare con piccole riforme che tengano viva la fiducia, diminuisce in modo sensibile mentre aumenta la possibilità di tornare a vedere l’Italia sotto pressione dopo un eventuale fallimento politico del rottamatore.
“Se la scelta del segretario Pd ha sollevato qualche perplessità internamente, all’estero il suo carisma di riformatore sembra aver fatto presa, ed è probabile che gli effetti si protrarranno per qualche tempo. In questa fase sembra favorito l'azionario, che venerdì ha segnato nuovi massimi in chiusura. I titoli di stato restano bene impostati ma in termini di rendimento assoluto potrebbero subire una correzione del bund”, spiega Giuseppe Sersale, strategist di Anthilia Capital Partners SGR.
Secondo Guido Casella, responsabile obbligazionario di Azimut, “la valenza politica è diminuita rispetto al passato. Non vedo un cambio di rotta: chi è uscito dal debito italiano piano piano sta rientrando. Soprattutto da quando si è ridotto l’appeal sui mercati emergenti. Noi continuiamo a rimanere investiti nel debito italiano. Qualsiasi scadenza va bene, purchè sia oltre i due anni: le curve sono rigide e omogenee. Dipende dal rischio che si vuole prendere”. Secondo Giovanni Brambilla, infine, amministratore delegato di AcomeA SGR, “Renzi ha alle spalle un potere superiore rispetto a quello che si immagina. Basti vedere il buon andamento dei titoli Mediaset e Fiat. Ha l’appoggio delle principali forze italiane. Il credito che il mercato sta dando all’Italia è relativo al fatto che è più fiducioso sul fatto che il Paese sarà in grado di fare delle riforme. Noi continuiamo a essere positivi sul Paese e soprattutto sull’azionario che oggi è fortemente sottovalutato e su cui c’è un grande potenziale. Mentre sul fronte obbligazionario stiamo riducendo in parte il nostro posizionamento. Lo spread è ancora alto ma si sta lentamente avvicinando a livelli più consoni”.