Mario Draghi si dice piuttosto soddisfatto del pacchetto di misure intrapreso ma i timori sull’inflazione sono sempre in agguato. Intanto gli esperti continuano a preferire l’Eurozona agli USA. Vediamo perchè.
Il pacchetto di misure espansive varato dalla Banca centrale europea sta restituendo i primi effetti positivi ma Francoforte resta in guardia. Il suo timore, infatti, è tutto incentrato sui possibili rischi al ribasso dell’inflazione. A dirlo è stato il presidente della BCE Mario Draghi, in un’audizione al Parlamento europeo. “Vediamo i primi segnali che il nostro pacchetto per allentare le condizioni creditizie sta portando a benefici tangibili. Dall’inizio di giugno i tassi monetari 'forward' hanno mostrato decisi cali”, ha detto Draghi. Ha però continuato: “dobbiamo però rimanere in guardia contro possibili rischi al ribasso al nostro outlook sull'inflazione. Ulteriori misure potrebbero includere cambi all’importo e alla composizione al bilancio dell’Eurosistema, per raggiungere la stabilità dei prezzi nel medio termine”.
E dal punto di vista degli investimenti, cosa dire dell’Eurozona? Spiega Fabrizio Gastaldi, portfolio manager del comparto azionario di Aletti Gestielle SGR, che, “in generale, le aziende hanno battuto le aspettative a livello di utili. Quindi, la situazione macro è in rallentamento, con la Germania sorvegliato speciale, e le aziende che vanno bene. Due sono stati i fattori: l’indebolimento dell’euro ha consentito un miglioramento nel fatturato e si è assistito anche a un minor peso negativo degli emergenti sulle società”. Aggiunge: “noi preferiamo società con un’esposizione globale, che esportano e che beneficiano di questi due elementi. Negli Stati Uniti, se la reporting season continuerà così, sarà la migliore dal I quarto del 2010. Ma ora occorre concentrarsi sul trend degli utili. Più in generale, preferiamo l’area europea e quella giapponese: quella USA sulle valutazioni è in fair value mentre quella euro ha aspettative di crescita ancora implicite. Se ragioniamo in attesa di crescita europea, i comparti più ciclici sono quelli da preferire come i consumer discrezionali (auto) e i finanziari. Di contro i consumi durevoli come il food hanno valutazioni elevate e hanno riportato dei dati peggiori delle attese. Basti guardare il rapporto prezzo utili (P/e) dove il settore gira a 18 volte contro il 12 o 13 di altri settori”.
Sul fronte del fixed income, invece, “siamo già posizionati sulla nuova fase di politica monetaria della FED che sarà sempre meno attenta a dover rincorrere la volatilità dei mercati finanziari e sempre più attenta a riconoscere i successi dei dati economici. Sottopesiamo il treasury dato che il suo movimento potrebbe finire per impattare i tassi di interesse in Europa dei paesi core a lunga scadenza, come il bund”, spiega Giuseppe Benigno, portfolio manager del comparto obbligazionario di Aletti Gestielle SGR. E conclude: “In Europa l’inflazione cresce tra lo 0,3 e lo 0,4%. La BCE per questo ha messo in campo misure non convenzionali. Il suo obiettivo è, attraverso questi strumenti, espandere il proprio bilancio di almeno 1 trilione. È un progetto ambizioso perché oggi è di 2 trilioni. Ma c’è il problema del timing, ci vorranno almeno due anni per vedere una piena efficacia dello strumento. Il QE si farà ma solo se sarà strettamente necessario. La situazione economica nell’Eurozona non è rosea, la commissione europea ha rettificato al ribasso le prospettive di crescita ma il mercato sta già scontando abbondantemente questa decisione. Sta di fatto che per stimolare la domanda di credito non bastano le banche centrali. Bisogna andare avanti con le riforme strutturali soprattutto sul mercato del lavoro (vedi Irlanda, Spagna e Portogallo che cresceranno più di Italia e Francia) i cui effetti però si vedono nel lungo periodo. Inoltre, c’è un programma di investimento nel settore pubblico”. Intanto sul tavolo della Commissione c’è un progetto da 300 miliardi di euro diviso in tre anni.