Divieto di retrocessione? Non è tutto bianco o nero (secondo Excellence Consulting)

Analisi news
Scott Graham (Unsplash)

Il dibattito è aperto da giorni: la Commissione europea (nell’ambito del disegno della nuova proposta legislativa EU Retail Investment Strategy) intende abolire i compensi delle case prodotto a chi colloca prodotti finanziari. Una misura che mira ad abbattere i costi a carico dei piccoli investitori, ma che al tempo stesso rischia di restringere la platea di chi ha accesso alla consulenza professionale. Tra i pro e i contro Excellence Consulting interviene proponendo una sorta di confronto tra i due modelli in vigore: quello "commission only" italiano (ed europeo) e quello "fee only", già adottato da UK e Olanda. Lo studio analizza i due modelli in modo esteso, focalizzandosi in particolare sulle caratteristiche del contesto italiano rispetto a quello britannico, rifacendosi a dati di Assoreti, e della Authority europea, ESMA, della Consob e dell’omologa FCA (Financial Conduct Authority) con sede a Londra, della stessa Commissione europea e dell’annuale ricerca sul mercato del wealth management del Centro di ricerca del Credit Suisse.

Due modelli differenti

Nel dettaglio della ricerca, il provvedimento nel nostro Paese avrebbe un impatto notevole sulla consulenza finanziaria, costituita prevalentemente da banche/SGR quotate o appartenenti a gruppi bancari o assicurativi. Le prime sei banche reti per dimensione in Italia hanno quota di mercato oltre l’80%, una dimensione da 2.000 a 5.000 consulenti (2022) e coinvolgono la gran parte dei consulenti finanziari che negli anni sono passati da 52,2 mila nel 2012 a 51,9 mila nel 2021.

Se si entra nei dettagli della sinossi, si evince che circa i costi per il cliente non esiste solo il bianco e il nero tra i due modelli. Oltremanica i clienti pagano al consulente in media l'1,9% (consulenza 0,8% + prodotti 1,1% (FCA 2020). Il costo dei prodotti è diminuito dopo l’introduzione il 31 dicembre 2012 della RDR – Retail Distribution Review (il corrispettivo della nostra Mifid) che ha vietato appunto le retrocessioni, ma non vi è una evidenza certificata da parte della FCA della riduzione dei costi totali a carico del cliente, a causa del contemporaneo aumento delle commissioni di consulenza. In merito all’Italia, non ci sono dati certificati Consob sul costo medio totale (consulenza + prodotti) per il cliente, tuttavia, i dati della rilevazione annuale ESMA di costi e performance dei prodotti di investimento indicano che le commissioni di gestione sui fondi del nostro Paese sono le più elevate in Europa, anche se va anche menzionato che la tendenza degli ultimi anni è di decrescita. Nel 2022 è stato rilevato da ESMA per l’Italia un TER (Total Expenses Ratio) del 2,05% per fondi azionari e di 1,19% per gli obbligazionari.

Anche riguardo alla trasparenza dei costi, gli aspetti positivi o negativi non sono tutti da una parte o dall’altra. Se è vero che il pagamento diretto di una parcella (fee only) per la consulenza consente al cliente di valutare il rapporto qualità/prezzo del servizio ricevuto, nel nostro Paese è vero che non c’è una chiara percezione di come vengano remunerati i consulenti (il 40% dei clienti ritiene che il consulente sia pagato solo dalla banca, mentre il 15% che svolga un servizio gratuito). Va menzionato che le banche, in ottemperanza a Mifid II, devono rendere disponibile ai clienti il rendiconto dei costi, con dettaglio delle spese del cliente per consulenza e prodotti. Lo studio di Excellence si sofferma anche sulla disponibilità dei clienti a pagare per un servizio di consulenza: in Italia il 70% circa dei clienti non è disposto a pagare un servizio di consulenza (2021, fonte: Consob), dall’altra parte i servizi di consulenza a pagamento lanciati con successo sul mercato italiano dai principali player hanno ad oggi raggiunto una diffusione media sulla clientela non superiore al 30-35% (fonte: Excellence Consulting).

I commenti allo studio

“La nostra analisi ci fa capire che i due modelli hanno entrambi pregi e difetti e che essi si attagliano più o meno bene ai diversi Paesi anche in funzione delle loro caratteristiche di base come ricchezza media pro-capite, numero di clienti private vs. clienti lower affluent e mass, disponibilità dei clienti a pagare per servizi di consulenza", spiega Maurizio Primanni, CEO Excellence Consulting. "Con la ricerca abbiamo cercato di introdurre nella discussione in corso ulteriori elementi di valutazione, tra cui quelli legati al comportamento dei clienti, che non sempre appare guidato dalla sola economicità. Il caso di Amazon può essere un buon esempio al riguardo: sul portale della azienda di Seattle è possibile acquistare prodotti sia della stessa Amazon che di altri distributori, con le offerte di queste ultimi spesso anche a prezzi inferiori, tuttavia, i clienti scelgono frequentemente i prodotti di Amazon per gli indubitabili vantaggi che essa offre in termini di efficienza del suo modello logistico e di customer caring”.

“Questo lavoro dimostra che entrambi i modelli presentano dei pro e dei contro e che dell’uno e dell’altro andrebbero presi gli elementi migliori in base alle loro capacità di essere driver reciproci di efficienza, contestualizzandoli ai comportamenti di investimento e alla disponibilità finanziaria dei clienti", dice Massimo Scolari, che ha supportato Excellence nella raccolta delle informazioni . "Il confronto tra i due sistemi, se si vuole essere oggettivi e non di parte, deve considerare molteplici elementi per avere una visione complessiva. Nessuno dei due sistemi è perfetto e comportano entrambi costi e benefici. Il legislatore dovrà scegliere l'opzione di policy ben sapendo che da ogni scelta possono derivare conseguenze impreviste."