Effetto Trump, le implicazioni dei mercati (secondo Pioneer)

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foto flickr: creative commons

Niente panico. Dopo un’apertura in rosso, nel corso della giornata che ha visto entrare alla Casa Bianca come nuovo presidente degli Stati Uniti Donald Trump, il temuto sell-off non c’è stato. Le principali borse europee hanno retto l’urto di una lunga notte elettorale, recuperano poi man mano punti fino a chiudere in positivo, ad eccezione di Madrid e Milano. Quest'ultima non è riuscita a riportare il FTSE MIB in positivo. Il calo comunque è stato contenuto, solo un -0,10%. Dati ben diversi da quelli registrati, ad esempio con la Brexit. Come fa notare Guglielmo Manetti, vice direttore generale di Intermonte Advisory e Gestione, la divisione di Intermonte SIM che si occupa di risparmio gestito ed advisory “se confrontiamo la reazione di del mercato italiano con quella di Brexit il 24 giugno scorso notiamo comunque una grandissima differenza, a conferma che la rilevanza del mercato a freddo su questo evento non è assolutamente confrontabile con Brexit. Post Brexit il mercato italiano perse quasi il 17% in 2 giorni”.

Sui mercati obbligazionari poi l’impatto è stato perfino più modesto. La curva dei rendimenti dei treasauries statunitensi a 30 anni si è alzata di un 0,13% (fino a 2,75%) e a 10 anni di un 0,05%. Si allarga, ma senza scossoni drammatici, lo spread BTp/Bund. Il differenziale di rendimento tra il decennale benchmark italiano e il pari scadenza tedesco, dopo aver aperto a 162 punti base, è sceso sul finale a 156 punti base. Bund e oro sono stati gli asset rifugio premiati della giornata di ieri, mentre sul fronte valutario l’ascesa di Trump ha segnato da vicino il peso messicano, che è crollato del 13% rispetto al dollaro vista l’incertezza della politica del candidato repubblicano nei confronti dei trattati commerciali con il Messico. 

In molti concordano su cosa succederà a breve: volatilità e incertezza. Secondo Monica Defend, head of global asset allocation research di Pioneer Investments, “nell’area dei Paesi Emergenti, ci aspettiamo che i Paesi esportatori (in particolare Messico, Cina ed i paesi asiatici) possano subire un netto declino sia sui mercati obbligazionari che azionari. Al contrario, potrebbe esserci una ricaduta positiva per i titoli russi, grazie ad una relazione potenzialmente migliore con Putin. In generale, ci aspettiamo che l’indice obbligazionario dei Paesi Emergenti (EMBI) possa vedere gli spread stabilizzarsi ad un livello superiore a quelli attuali di circa 50-75 pb. Riteniamo, inoltre, che i mercati high-yield potrebbero subire l’impatto maggiore, sottoperformando i mercati del credito di maggiore qualità, rendendo ancora più importante la gestione attiva e flessibile dei processi di selezione degli emittenti per gestire la fase di volatilità”.

Per quanto riguarda invece i mercati americani secondo Pioneer l’agenda politica di Trump può avere impatti negativi su tutti gli strumenti del reddito fisso: “la combinazione di maggiori stimoli per l’economia americana ed un maggiore debito dovrebbe infatti, produrre una pressione al rialzo sui rendimenti dei treasury. Questo potrebbe anche indurre la Fed ad accelerare sul rialzo dei tassi. Sui mercati azionari, è possibile che la reazione nell’immediato sia molto violenta con significativi picchi di volatilità. Tuttavia crediamo che nel lungo periodo la dinamica del mercato sarà guidata dalla crescita degli utili a prescindere da chi siederà nello studio ovale. I settori economici che trarranno i maggiori benefici dalla vittoria di Trump saranno quelli delle società farmaceutiche, i finanziari, le aziende del settore delle infrastrutture, della difesa e gli energetici. Viceversa, le società con un alto tasso di dipendenza dalle esportazioni potrebbero essere penalizzate notevolmente. La volatilità sarà probabilmente destinata a restare alta nell’attuale contesto di mercato”.

Se poi i rischi geopolitici restano significativi per quanto riguarda gli investitori multiasset Pioneer monitora da vicino i Paesi emergenti, dove al momento hanno ridotto l’esposizione. “I mercati emergenti rimarranno un’opportunità interessante nel medio termine se ci sarà ancora un contesto macro di libero commercio. Se, al contrario, dovesse concretizzarsi una politica protezionistica americana, la crescita potenziale di alcuni Paesi come la Cina (che ha fortemente beneficiato della globalizzazione) potrebbe essere a rischio. Questo aspetto dovrà essere monitorato molto attentamente per poter fare una valutazione corretta delle prospettive sui mercati emergenti”, spiega Defend.