Secondo Cordusio queste aree offriranno maggior valore rispetto agli USA. In particolare gli emergenti, sostenuti dall’allentamento delle tensioni commerciali e da politiche monetarie espansive.
Manca poco ormai per la fine del 2019 e gli eventi che stanno caratterizzando l’ultimo trimestre dell’anno inducono a guardare al futuro con moderata fiducia. La crescita del PIL globale nel 2020 potrebbe stabilizzarsi
al +3,1%, grazie all’attenuazione delle tensioni commerciali tra Stati Uniti e Cina, a politiche monetarie ancora espansive e alla possibile attivazione della leva fiscale nell’Eurozona. Inoltre, primi segnali di ripresa del manifatturiero riducono il rischio di contagio ai servizi, che si mostrano ancora resilienti, e limitano le possibilità di recessione. Questo, in sostanza, lo scenario tracciato da Manuela D’Onofrio, condirettrice generale, Direzione Investments & Solutions di Cordusio, la società di intermediazione mobiliare del Gruppo UniCredit specializzata in Strategic Wealth Management e Advisory.
Come sottolinea l’esperta, “le politiche delle principali Banche Centrali sembrano aver testato la soglia oltre la quale la loro efficacia potrebbe ridursi”. Con ogni probabilità, la spinta monetaria resterà accomodante nel 2020, con il proseguimento del QE in Europa e il possibile allargamento anche a nuove asset class in caso di ulteriore deterioramento del ciclo. “Non è da escludere un possibile nuovo taglio dei tassi da parte della FED, poiché l’inflazione rimane contenuta e al di sotto dell’obiettivo, l’economia mondiale si sta raffreddando e l’incertezza politica generale rimane elevata”, sottolinea D’Onofrio.
La Banca centrale statunitense ha ripreso ad agire sul bilancio ma è auspicabile un ricorso alla politica fiscale, soprattutto in Europa, per evitare che le economie locali continuino a rallentare. A disporre di un ampio margine di manovra è soprattutto la Germania, ma l’allentamento fiscale potrebbe richiedere del tempo per essere attuato.
Rischio politico USA
“Il ciclo più lungo della storia ha lasciato sul campo, in tutte le economie occidentali, un’elevata disuguaglianza di reddito che sta producendo un diffuso malcontento sociale”, spiega l’esperta. Negli USA, infatti, la profonda polarizzazione della ricchezza potrebbe generare una nuova ondata di protesta sociale. I riflettori, dunque, sono puntati sulle elezioni presidenziali di novembre 2020, che catalizzeranno l’attenzione dei mercati nel prossimo anno.
Opportunità d’investimento
Il mondo a tassi bassi e a crescita contenuta nel quale ci muoviamo rende l’azionario più appetibile rispetto all’obbligazionario governativo. “A livello geografico preferiamo le aree al di fuori degli USA, come l’Europa e i mercati emergenti”, spiega D’Onofrio. Queste due aree, sottolinea l’esperta, offriranno maggior valore rispetto agli USA. “L’equity americano presenta valutazioni più care rispetto al Vecchio Continente e anche sul fronte corporate le emissioni risultano più rischiose rispetto a quelle europee a parità di rating, perché maggiormente esposte al settore del petrolio e alle fluttuazioni delle sue quotazioni”.
“Confermiamo per l’azionario europeo una posizione di sovrappeso. Sui mercati emergenti torniamo ad assumere una posizione di neutralità per l’azionario, mentre manteniamo il sovrappeso per le obbligazioni in valuta forte. Il quadro generale per il 2020, dunque, è moderatamente costruttivo, pur rimanendo presenti alcuni importanti rischi politici e macroeconomici”, conclude D’Onofrio.