Cos’è il tono hawkish e cosa significa per la politica monetaria

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Daniel Schludi (Unsplash)

Nella riunione dello scorso dicembre, la Fed aveva sorpreso i mercati per il suo tono più hawkish. Mentre in quella del 29 gennaio, sebbene Jerome Powell abbia sottolineato che il Comitato federale non ha più fretta di tagliare, dall'altro le sue opinioni sono state più dovish. Si tratta di termini che tornano a fare capolino in ogni conversazione in materia di economia che si rispetti. Ma cosa vuol dire tono hawkish e cosa significa per l’economia? Partiamo dalla traduzione: il linguaggio finanziario è ricco di anglicismi e tra questi c’è appunto hawkish, che deriva dalla parola inglese hawk, cioè falco. Spieghiamo questo concetto nel Glossario FundsPeople.

Chi sono i falchi

Sul fronte della politica monetaria, controllare l’inflazione è essenziale per mantenere l’economia in buona salute. Ma è ancora più importante controllare le aspettative di inflazione, soprattutto per mantenere la calma sui mercati. È per questo che i funzionari delle banche centrali utilizzano i propri discorsi per comunicare in anticipo le loro attese circa l’evoluzione della politica monetaria. Torniamo all’inflazione.

Fino a pochi anni fa brillava per la sua assenza, ma ultimamente, nel quadro di una ripresa economica legata soprattutto al tanto atteso ritorno alla normalità dopo la crisi del Covid, è tornata a dominare la scena. Due terzi degli intervistati nell’ultimo Fund Manager Survey di BofA ritengono che le politiche del prossimo governo Trump siano inflazionistiche e in questo contesto si torna a sentir parlare di tono hawkish.

Si utilizza il termine hawkish quando le banche centrali si mostrano disposte ad avviare una politica monetaria più restrittiva. La riunione di dicembre del Federal Open Market Committee (FOMC), l’organo di politica monetaria della Federal Reserve americana, ha aperto la porta a questa possibilità accennando a un eventuale rialzo dei tassi di interesse per la prima volta dall’inizio della pandemia, in controtendenza rispetto alla politica espansiva degli ultimi anni.

I sostenitori di un orientamento più hawkish (in italiano, falchi) si preoccupano principalmente del potenziale impatto dei tassi di interesse sulla politica fiscale. Per questo i falchi sono maggiormente disposti a consentire che i tassi di interesse salgano per mantenere il controllo dell’inflazione.

Le caratteristiche dei falchi

Il loro obiettivo è mantenere l’inflazione sotto controllo e per raggiungerlo sono pronti ad alzare i tassi a livelli relativamente elevati, se necessario. In altre parole, si preoccupano meno della crescita economica e più della potenziale pressione recessiva che un’elevata inflazione potrebbe generare.

Le conseguenze di un tono hawkish

In uno scenario di tassi di interesse elevati, assumere prestiti diventa meno conveniente, perché il costo del denaro sale. Di conseguenza, diminuisce la propensione dei consumatori a effettuare grandi acquisti o chiedere finanziamenti. La mancata spesa si traduce in una riduzione della domanda, che aiuta a mantenere stabili i prezzi e a evitare l’inflazione.

Al tempo stesso, se il credito diventa più costoso a causa degli alti tassi di interesse, aumenta il tasso di risparmio delle famiglie e delle imprese. D’altro canto, le banche sono più propense a concedere prestiti, che generano rendimenti superiori a quelli offerti in uno scenario di tassi di interesse più bassi.

In un’economia caratterizzata da tassi di interesse elevati, anche la rispettiva valuta registra un apprezzamento. In questo senso, una politica monetaria restrittiva influisce anche sul commercio internazionale. Se i partner commerciali del Paese in questione non intervengono, l’economia con tassi elevati potrà importare a costi inferiori.

Le personalità più hawkish nel campo della politica monetaria

I responsabili delle decisioni di politica monetaria possono avere opinioni diverse a seconda del contesto del momento, ma alcuni di loro sono passati alla storia per il loro orientamento chiaramente hawkish.

  • Paul Volcker, economista statunitense e presidente della Fed tra il 1979 e il 1987, guidò la battaglia contro l’inflazione con polso fermo, nonostante le iniziali conseguenze negative per l’economia americana.
  • Nel 1987 Volcker fu sostituito da Alan Greenspan. Greenspan era favorevole a mantenere stabili i livelli dei prezzi anche a scapito della crescita economica. Durante il suo mandato al timone della Fed annunciò diversi rialzi dei tassi, anche se con il tempo assunse un orientamento più accomodante.
  • Se passiamo al Vecchio Continente, l’immaginario collettivo è senz’altro segnato dal rialzo dei tassi operato da Jean-Claude Trichet nel pieno della crisi dei mutui subprime nel 2008. Trichet raccolse il testimone da Wim Duisenberg, primo presidente della BCE, nel 2001 e rimase al comando fino al 2011.