Il sedicesimo convegno di fine anno di Itinerari Previdenzialli si apre con uno sguardo asciutto sulle criticità del 2022 e sulle sfide che attendono il settore nel 2023 alle porte. I dati indicano un periodo di stagflazione “un periodo negativo che non durerà”, afferma Alberto Brambilla, presidente del Centro Studi Itinerari Previdenziali, in apertura del convegno di fine anno, “ma caratterizzerà tutto il 2023: per chi ha grossi patrimoni sarà complicato conservarli e accrescerli”. Una previsione maturata alla luce delle perdite dovute ai mercati finanziari, che fanno il paio con l’inflazione che erode ancora di più i rendimenti di fondi pensione e casse di previdenza. In questo quadro assume un valore ancora maggiore l’economia reale “che presenta investimenti meno volatili e più decorrelati”, afferma Brambilla, e questa opzione richiede “una maggiore attenzione anche da parte della politica”.
Guardare all’economia reale
Per questo motivo, nella sede romana di Cassa italiana previdenza e assistenza geometri, in cui si è svolto il convegno “I patrimoni previdenziali come asset per il Paese”, dopo i saluti iniziali di Diego Buono, presidente di Cassa Geometri, sul palco del convegno si sono alternati, in primis, esponenti del settore dell’economia reale: dalla panoramica sul venture capital italiano presentata da Francesco Cerruti, DG della Italian Tech Alliance, alla tavola rotonda che ha coinvolto tre gestori focalizzati sul settore: Alessio Rocchi partner II Capital Advisors, Giambattista Chiarelli, head of institutional Italy, Israel Pictet AM e Mauro Sbroggiò, AD di Finint Investments. Nel suo intervento, Luigi Tommasini, senior partner Fondo Italiano di Investimento ha illustrato il processo di investimento del fondo nel sistema Paese, fin dall’avvio dell’attività e, in particolare, dal 2019 con il Progetto Economia Reale nato dall’interlocuzione con Cdp e Assofondipensione: “Abbiamo scoperto che l’economia reale è un’asset class di grandissimo valore, e origina un circolo virtuoso che genera una crescita non solo di valore finanziario ma anche di esternalità positive: dall’aumento della domanda, alla possibilità di mantenimento del welfare che caratterizza il nostro Paese”, afferma Tommasini. A chiudere la prima sessione con focus sugli investimenti in economia reale, poi, le esperienze di Matteo Cominetta, direttore Barings Investment Institute e Francesco Orsi managing director mid-large buyout Eurazeo.
Come investono le casse e i fondi pensione
Il focus sull’economia reale si ritrova anche nelle scelte di investimento dei fondi pensione. Un processo per alcuni avviato da tempo. È il caso di Inarcassa: “Per costruzione antecedente al 2022 nel nostro portafoglio ci sono stati alcuni elementi che hanno contribuito ad alleviare le penalizzazioni” dei mercati, afferma il CFO, Alfredo Granata che cita, a questo proposito, l’esposizione al dollaro (“quasi un quarto del nostro portafoglio era esposto alla divisa USA”) e i private market: “un terzo del portafoglio dedicato ai mercati privati, distribuiti più o meno equamente tra real estate e private market in senso stretto”. E anche guardando in avanti l’esperto conferma questa scelta: “Se dovessi individuare qualche comparto in cui realizzerei più o meno gli stessi investimenti citerei immobiliare italiano, venture capital e private equity” dicendosi convinto della presenza di “incredibili opportunità in ottica di rischio-rendimento” su queste asset class. “Abbiamo avuto occasione di cumulare liquidità per circa due anni e, se pure è stata una mancata occasione dal punto di vista degli investimenti, questo ci ha consentito di arrivare ai nastri di partenza del nuovo contesto di mercato con ingenti risorse”, afferma Pierpaolo Ceci, investment manager, private markets di Fondazione Enasarco, sottolineando l’occasione di investire in private market e in fondi alternative con la finalità di sostenere l’economia italiana nel suo complesso. Ragionamento condiviso anche da Previndai. Alessandro Ciucci, responsabile funzione finanza del fondo pensione dirigenti industriali richiama la “forte inversione” tra 2021 e 2022 “sia sulle asset class azionarie sia su quelle obbligazionarie” e afferma come, alla luce delle scelte di allocazione sui vari comparti del fondo, “continui l’attenzione sui mercati privati e sugli alternativi in particolare con focus sull’Italia (nell’ultimo anno abbiamo investito circa 180 milioni in private equity e infrastrutture italiane)”. Cosa è successo all’offerta dei fondi pensione, e come questa evolverà nel 2023 e nel 2024 è al centro della riflessione di Andrea Mariani direttore generale Fondo Pegaso che ricorda come, tra i vari comparti del fondo pensione, il bilanciato “che è il comparto principale” abbia perso un po’ meno dei peer per due fattori: “avere dei mandati che hanno fatto bene, e avere investimenti in private market che hanno ridotto la perdita”. Il DG riporta poi il percorso fatto in questi anni nei mercati privati, anche grazie all’advisor Prometeia, e i commitment assunti sul 2023 anche nel progetto del Fondo Italiano di Investimento. Un dettaglio però non manca dal suo ragionamento: il limite del 20% di investimento in economia reale: “nei prossimi due o tre anni occorrerà ragionare su un nuovo intervento”. Uno sguardo più diretto al territorio, anche in linea con la natura del fondo, arriva poi da Paolo Stefan, direttore generale Solidarietà Veneto, che esprime un’esigenza che arriva direttamente dai risparmiatori e richiama una fragilità emersa con forza nel 2022 per la nostra economia: la dipendenza enegetica. “Quali sono le aspettative del risparmio se dipendiamo così tanto da altri Paesi?” è la domanda a cui si deve rispondere. “Di fronte a questi quesiti di difficile soluzione occorre affrontare temi latenti di fondo – afferma l’esperto –, e chi li deve affrontare sono appunto le entità con investimenti di lungo periodo. La normativa, nata ormai più di 20 anni fa con un limite di investimento (del 20% .ndr), potrebbe proiettare la nostra economia nel futuro. Non si deve ancora indugiare”.
Le richieste alla politica
In conclusione della mattinata di lavori, gli attori dell’investimento istituzionale hanno presentato dubbi e richieste ad esponenti della politica. Marco Abatecola, responsabile settore welfare pubblico e privato Confcommercio, se da un lato ricorda come il fondo abbia “sistematizzato la presa in carico dell’assistito, e quindi non di limita più alle sole prestazioni rimborsuali ma cerca di seguire l’iscritto in tutta la sua storia”, dall’altro sottolinea come questo consenta di “contenere i costi perché quando riusciamo a capire cosa arriva dalla prevenzione riusciamo a mirare con più attenzione le attività di secondo livello. Quindi noi ‘sgraviamo’ la sanità pubblica, non siamo antagonisti del SSN”, tuttavia: “Un orizzonte di investimento ampio presuppone una stabilità delle norme”. La criticità messa in campo da Mauro Bossola, vicepresidente Fondo Pensione a contribuzione definita Intesa Sanpaolo è quella di un “un trattamento adeguato dal punto di vista fiscale”. “Se si vuole investite in infrastrutture o sanità o nei piani del PNRR, un’attenzione fiscale maggiore non aiuta solo l’investimento ma aiuta anche a spiegare l’incvestimento agli iscritti”. Valter Militi, presidente Cassa Forense richiama l’agenda descritta da Brambilla, che in apertura del question time ha ricordato, tra le altre cose, come i fondi pensione siano ancora gli unici strumenti in Europa e in Italia a essere tassati annualmente e la necessità di un “welfare misto”, ossia l’insieme di previdenza pubblica e complementare, a cui si associano “tutti gli strumenti che possno aiutare contro i rischi di non autosufficienza”. Militi afferma come si tratti di “un’agenda di lavoro molto importante per la politica, e sono temi che vanno a stretto contatto perché mostrano come “la previdenza si incroci con l’assistenza e la vita del cittadino e alcuni protagonisti del mercato siano nelle condizioni di aiutare in maniera importante il funzionamento di tutte le strutture”. La riflessione di Riccardo Realfonzo, presidente Fondo Cometa, infine, richiama anche altri settori oltre a quello pensionistico:“Stiamo ragionando su come arrivare a fare investimenti diretti in economia reale. Il nostro è il settore trainante dell’economia italiana e la politica industriale riguarda anche la previdenza complementare”. Un discorso più ampio, dunque, coinvolge tutti gli attori del sistema Paese: “Quello che manca - – conclude Realfonzo – è uno strumento per far sì che il risparmio raccolto dalla previdenza complementare confluisca nell’economia italiana. Manca una politica del risparmio”.