I tre danni collaterali del quantitative easing

Filippo Lanza, Gestore del fondo HI Numen Credit, Hedge Invest Sgr
Filippo Lanza, Gestore del fondo HI Numen Credit, Hedge Invest Sgr

I mercati hanno registrato un’ottima performance da inizio anno. “Tuttavia, il driver principale delle evoluzioni di mercato restano sempre le politiche delle banche centrali sia che si tratti del quantitative easing (QE) ‘nascosto’ della Fed, che sta iniettando 60-70 miliardi di dollari al mese di liquidità attraverso il mercato repo, o di quello più trasparente ripreso di recente dalla BCE”, siega Filippo Lanza, gestore del fondo HI Numen Credit Fund di Hedge Invest SGR. Comunque vadano le cose, le prolungate politiche di QE messe in atto dalle banche centrali hanno già generato numerosi ‘side effect’. Vediamo assieme quali sono:

Un primo effetto dei tassi a zero per tempo prolungato è che il present value oggi è uguale al future value, o in casi estremi è addirittura invertito, come per il bund. Quindi, essendo il present value di un euro oggi uguale a quello tra dieci anni, avviene che i business plan di qualsiasi azienda, anche i più aggressivi, vengono finanziati senza limiti. Piccole o grandi che siano, le aziende hanno fonti di finanziamento illimitate tramite venture capitalist, private equity etc. “Ciò ha consentito alle start-up e ai giganti tecnologici come Google o Amazon di sviluppare tecnologie altamente disruptive, in grado di mettere in crisi interi settori, spesso già molto indebitati.

È l’effetto che definiamo inverno tecnologico”, spiega. “Gli investitori devono quindi cercare di individuare i settori più in difficoltà per proteggersi e cogliere le opportunità più interessanti. Un modo efficace è osservare dove si concentrano le attività di M&A”. Ad esempio, la fusione recentemente annunciata di FCA con Peugeot, meno efficace di quella con Renault, evidenzia quanto le aziende del settore automobilistico abbiano un bisogno disperato di sinergie per risparmiare sui costi. Altri settori da tenere d’occhio sono healthcare, media, telecom e financial (quest’ultimo in particolare in Europa, UK e Asia). “Questo è il nostro focus nell’ambito corporate, con un’ottica corta su singoli nomi nei settori e nelle situazioni con maggiore indebitamento, coperti per limitare il negative carry, accompagnato da un continuo lavoro su M&A, anche come fonte di informazioni”.

Un secondo danno collaterale del QE è la notevole inflazione degli asset, ossia l’esplosione delle valutazioni, a cui non è però corrisposta un’adeguata inflazione dei salari. Questa dinamica è alla radice di molti dei movimenti populisti che sono emersi in tutto il mondo e ha avuto un’influenza anche sulle recenti proteste di Hong Kong, il punto più delicato nel quadro geopolitico attuale. “Occorre dunque essere molto cauti, dato che le valutazioni sono elevate e la vulnerabilità politica è sui massimi”, fa notare Filippo Lanza. 

Il terzo effetto del QE è il suo impatto negativo sulla volatilità, che ha favorito gli stili di investimento passivi rispetto a quelli attivi. “Ciò ha reso il mercato ancora più discontinuo: nei piccoli movimenti la volatilità è minima, ma quando vi è un movimento forte, come quello generato dalle dichiarazioni del Presidente della Fed, Powell, alla fine del 2018, il mercato può ribaltarsi in modo drastico e improvviso”, ricorda il gestore. Per questo è importante tenere sempre sotto controllo la liquidità del proprio portafoglio.