La maggior parte degli strategist conferma ancora una preferenza all’equity, rispetto ai bond. Quest’ultimi potrebbero infatti risultare più sensibili alla stretta della FED e il nuovo anno potrebbe risultare meno generoso.
Nonostante le aspettative negative di un restringimento monetario della FED, i mercati finanziari, tranne brevi fiammate di volatilità, hanno confermato performance positive sui portafogli sia azionari che obbligazionari. I dati macroeconomici positivi in USA ora sembrano meglio giustificare la politica meno accomodante della Yellen prospettata per il 2015, mentre in Europa il permanere del ‘lag’ sul ciclo economico preannuncia una maggiore operatività sia monetaria (QE) sia fiscale. In evidenza per la performance si sono distinti anche i maggiori mercati obbligazionari. La maggior parte degli strategist conferma ancora una preferenza all’equity, rispetto ai bond: quest’ultimi potrebbero infatti risultare più sensibili alla stretta dalla banca centrale statunitense. Dopo le performance positive dei più importanti benchmark il nuovo anno potrebbe risultare meno generoso, mentre diventa sfidante la strategia che dovrà indirizzare le politiche di gestione dei portafogli.
Gli strategist intervistati, tra cui Kurt Schappelwein (Raiffeisen cm), Paolo Federici (Fidelity), Donatella Principe (Schroders), Maria Paola Toschi (JP Morgan AM), Corrado Caironi (chief investment strategist di R&CA) nei loro outlook per il 2015 continuano a sottolineare che in questo mercato finanziario continuerà a dominare la liquidità. A conti fatti le attese sono di importanti interventi espansivi per BCE, BoJ e PBoC nelle rispettive aree (Eurozona, Giappone e Cina), mentre per la FED sono terminati gli acquisti del terzo QE, ma non si parla ancora di un piano di dismissione degli asset acquistati. A far da eco a questa situazione è sicuramente la sistematica discesa dei prezzi delle materie prime che potrebbe essere di aiuto all’espansione economica, ancora incerta al di fuori degli USA: prezzi contenuti offrirebbero una spinta ai consumi globali.
In una logica di asset allocation i suggerimenti vedono ancora una preferenza per i mercati azionari, in particolare quello statunitense, sia per la possibilità del dollaro USA di rivalutarsi, ma anche per attese di utili in ulteriore miglioramento. La volatilità rimarrà un elemento di discontinuità del trend in occasione delle importanti decisioni della FED, ma questo potrebbe essere un modo per avere un aggiunta di ritorno sui portafogli a gestione attiva. Molto gettonato ancora il Giappone che potrà avvalersi di politiche monetarie e fiscali vantaggiose, a fronte di un’altra svalutazione dello Yen.
Più equilibrate le indicazioni sull’Europa con UK in pressione per la variabile materie prime e le elezioni generali; l’area Euro potrebbe avvalersi di un euro più competitivo e della possibilità che la BCE affronti con decisione il tema dell’espansione monetaria con un QE sui titoli sovrani. Domina comunque un rischio Cina che condizionerebbe tutti i mercati emergenti o almeno quelli esportatori di materie prime mentre rimarrebbero favoriti gli importatori come India e Thailandia o quelli legati agli USA come Messico e Corea del Sud. Sicuramente gli shock deflazionistici di area euro o Cina potrebbero turbare i mercati finanziari. E sono tutti in attesa dell’inflazione.