La Fed aumenterà i tassi di interesse a settembre?

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Kristina Alexanderson, Flickr, Creative Commons

“L’intenzione della Federal Reserve di alzare i tassi interessi è ormai chiara ma il punto è capire quando accadrà”. Con queste parole Seth Roman, gestore di Pioneer Investments, ha sintetizzato la visione della maggior parte degli attori del mercato. L’esperto analizza le parole della presidente della Fed, il cui ultimo intervento pubblico a tal proposito risale alla settimana scorsa a Jackson Hole. “Jane Yellen si è detta incline a un rialzo e ha affermato che i dati si stanno muovendo nella direzione giusta ma che non favoriscono ancora un aumento dei tassi”, riassume Roman.

Il gestore contestualizza le dichiarazioni con i dati macro pubblicati di recente. Secondo questi, la crescita economica sta aumentando a un ritmo graduale e il mercato del lavoro mostra segni inequivocabili di forza. Ciò nonostante, vede problemi con l’inflazione, dato che l’indice dei prezzi al consumo è cresciuto molto lentamente ed è ancora al di sotto dell’obiettivo del 2% prefissato dalla Fed. La pubblicazione dell’ultimo rapporto sull’inflazione, relativa a luglio, conferma tale tendenza.

Nonostante l’ambiguità del suo discorso, le dichiarazioni testuali della presidente della Fed (“credo che le motivazioni per un incremento dei tassi di interesse si siano rafforzate negli ultimi mesi”) hanno avuto un effetto immediato che Roman illustra: “Le previsioni del mercato su uno o addirittura due rialzi dei tassi quest’anno sono aumentate dopo il discorso della Yellen. Nelle ore successive al suo intervento, le probabilità di un rialzo a settembre sono salite fino al 42% dal 24% della settimana precedente. Intanto, la probabilità di un rialzo a dicembre è arrivata fino al 63,6% rispetto al 51% della settimana anteriore”. Inoltre, il gestore sottolinea che si sono prodotte forti oscillazioni nella parte corta della curva statunitense dei tassi.

Riprendendo la dichiarazione iniziale, l’esperto conclude: “La questione adesso non è se accadrà o meno, ma quando la Fed alzerà i tassi. Da Jackson Hole sono giunte poche informazioni nuove e la semplice conferma che, indipendentemente da quando inizierà, il rialzo dei tassi sarà lento e graduale. Il mercato analizzerà dettagliatamente i dati futuri sulla crescita, sull’occupazione e l’inflazione per individuare qualsiasi eventuale impatto sulla politica della Fed”.

Dal canto loro, gli esperti di Legg Mason Global AM osservano che la reazione degli investitori all’ultimo intervento della Fed riflette sentimenti contrastanti, “segno di una continua confusione dopo mesi di comunicazioni spesso contraddittorie da parte della Federal Reserve”. Di conseguenza, anche se si osservano movimenti nelle previsioni sui rialzi dei tassi a settembre e dicembre e sul tratto corto della curva, aggiungono che gli stessi hanno registrato nuovamente una correzione al ribasso. “Gli investitori sono ancora preoccupati a causa della debolezza dei dati globali e la diversità dei dati negli USA. Oltre le parole, gli investitori sperano che la pubblicazione del rapporto sul mercato del lavoro faccia chiarezza sullo stato dell’economia statunitense”, conclude.

Per Nitesh Shah, strategist di materie prime per ETF Securities, “la Fed non ha più scuse per posticipare il rialzo dei tassi, specialmente se i dati sull’occupazione rivelano che i posti di nuova creazione supereranno i 180.000 previsti”. Tuttavia, aggiunge l’esperto, “se il mercato dovesse fare i capricci potrebbero sopportare la pressione e ritardare ancora l’aumento dei tassi”.

In ogni caso, l’esperto dichiara con fermezza che un ulteriore ritardo sarebbe un errore di politica monetaria: “La Fed si è abituata a fare meno caso ai dati per attenersi alle risposte del mercato. Ma se dovesse astenersi ancora dal rialzare i tassi, il rischio di compromettere la sua credibilità potrebbe stravolgere le previsioni sull’inflazione, attualmente ben salde”.

“La Fed ha ritardato di recente un rialzo a causa del dato sulla creazione di nuovi posti di lavoro e dei timori circa il referendum sulla Brexit, ma non abbiamo assistito a una dislocazione ampia dei mercati finanziari come conseguenza. Ormai non ci sono più scuse”, conclude l’esperto.