Mentre sul fronte dei bond Usa, sarà fondamentale gestire il rischio duration, privilegiando le scadenze brevi e quelle legate all’inflazione, le azioni USA faranno da traino a quelle di Europa e Paesi emergenti. Parola di Maurizio Vitolo, ad e responsabile investimenti di Consultinvest SGR.
I mercati oggi scontano valutazioni non allineate ai fondamentali economici a causa dell’azione monetaria operata dalle banche centrali che ha distorto l’allocazione dei capitali e alimentato l’inflazione negli asset finanziari…
Sì. Questa politica monetaria era particolarmente opportuna nella fase di crisi e in quella immediatamente successiva per riavviare il normale corso del ciclo economico. Tuttavia il suo prolungamento sta diventando inutile se non controproducente e ha prodotto valutazioni per le azioni e le obbligazioni che sono complessivamente sbilanciate e inusitatamente contraddittorie. Infatti le azioni oggi prezzano una crescita che ancora manca, mentre le obbligazioni prezzano deflazione e bassa crescita. Questa contraddizione è proprio il risultato dell’azione aggressiva e discorsiva delle banche centrali. Pensiamo che al margine le politiche monetarie super aggressive e espansive abbiano effetti ormai sempre più deboli sulle economie reali e sempre più pericolosi per la futura stabilità dei sistemi finanziari.
Vedete una recessione globale?
No, per quanto la situazione economica globale non sia brillante, non pensiamo succeda questo né vediamo una perniciosa deflazione. Anzi per il calo del petrolio avrà effetti benefici sulla crescita dei consumi e sulla stabilizzazione del reddito reale disponibile a livello globale e per fortuna ci sono segnali di risveglio autonomo della crescita negli USA. Per questo motivo pensiamo che la FED sarà costretta nei prossimi mesi a iniziare a normalizzare la sua politica monetaria. Il primo passo, con la fine del QE, è stato fatto. I mercati ne risentiranno negativamente in una prima fase e né la BoJ né la BCE potranno supplire. Infatti la futura FED non sarà più in grado di dare ai mercati certezze e questi ne soffriranno, proprio perché nel loro complesso hanno valutazioni pompate dalle politiche monetarie.
Avremo cioè mercati finalmente più selettivi, forse più volatili, ma dove i fondamentali faranno premio. Sul fronte delle valute?
Esatto. Inoltre, l’euro si dovrà deprezzare ancora e il mercato azionario europeo e emergente rimarrà al traino di quello USA. Quindi per le allocazioni azionarie preferiamo gli Stati Uniti, sia al mercato area euro sia a quello emergente, anche se crediamo che per gli USA sia più probabile nel breve termine una fase laterale di trading range con una possibile prevalenza di debolezza. In prospettiva però riteniamo che le azioni siano l’asset class su cui stare e che i suoi ritorni saranno superiori a quelli delle obbligazioni.
Quale fixed income e quali scadenze?
Per il lungo termine non ci aspettiamo grandi performance dalle obbligazioni, che sono piuttosto care. A breve preferiamo le obbligazioni dell’area euro, sia governative core sia bancarie e corporate investment grade, rispetto a quelle USA. Sul lungo crediamo ci sia valore nelle obbligazioni di quei paesi emergenti che riescono a mantenere la struttura dei tassi reali positiva.
Sulle obbligazioni Usa sarà fondamentale gestire bene il rischio duration, privilegiando le allocazioni su quelle con scadenze brevi, entro i 1,5 anni, insieme a quelle legate all’inflazione: queste sono forse sottovalutate nella componente inflazione e potrebbero rivelarsi una bella sorpresa nel medio termine.