MiFID II, informativa alla clientela e target market (parte I)

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Funds People

A qualche mese dall’entrata in vigore di MiFID II, prevista per il gennaio 2018, in virtù anche della recente evoluzione dei modelli distributivi e dell’esplosione del fintech, per gli operatori non sarà facile prevedere come il loro modello di business o mercato di riferimento sarà impattato sul lungo termine. La nuova normativa determinerà una nuova evoluzione del servizio di consulenza finanziaria, che porterà la relazione tra distributori e gestori verso nuovi equilibri. Ci stiamo spostando verso un modello di consulenza evoluta che, per reggere un sistema di remunerazione basato sulle retrocessioni, impone dei costi maggiori per gli intermediari che saranno presumibilmente ribaltati sul cliente finale. In sostanza, ci stiamo spostando sempre più verso un concetto di costi del servizio, piuttosto che di costi del prodotto. Molti intermediari si stanno posizionando su modelli di consulenza non indipendente e hanno investito molto per essere pronti a recepire le novità della nuova normativa. MiFID II non andrà a sradicare l’attuale modello di remunerazione, che rimarrà tale seppur con qualche modifica, e introdurrà alcune novità significative quali un nuovo modello di consulenza, un nuovo impatto in termini di trasparenza e novità in materia di product governance. In materia di product governance, la nuova normativa vuole passare da una logica di prodotto a una logica di cliente, che impone di capire quali sono i bisogni della clientela e di individuare un target market. In particolare, passiamo da una situazione in cui l’attenzione era solo sul rapporto diretto tra investitore e distributore, ad un contesto in cui il mondo dei servizi di investimento comincia a guardare all’emittente.

Informativa alla clientela e target market

Viste le novità introdotte dalla nuova normativa, per gli operatori sarà fondamentale valutare gli impatti up-front, ovvero in che modo le novità introdotte dalla nuova normativa possano impattare sul modello organizzativo e strutturale. Per Michele Odello, managing counsel dello studio legale Dentons, “è importante pensare agli effetti successivi, ovvero all’evoluzione patologica del rapporto con il cliente. Il cliente sarebbe scontento se venisse oggi a conoscenza del fatto che negli anni gli è stato offerto un prodotto non adeguato e profilato male”.

Il cliente medio non è ancora un investitore evoluto e ha una capacità di rielaborazione delle informazioni a sua disposizione tendenzialmente ancora limitata. A tal proposito, un tema fondamentale è quello della disclosure: si è arrivati a un punto in cui il cliente viene letteralmente sommerso di prospetti e informazioni fornite in varie forme e modalità. Tutte informazioni che oggi vengono fornite esclusivamente al cosiddetto point of sale, scaricando la responsabilità dell’investimento al cliente, in quanto presumibilmente informato grazie alla documentazione consegnata. Il KID dei PRIIPs rappresenta forse il primo esempio di documentazione informativa prescritta dalla normativa che impone di coniugare le informazioni fornite anche con quelle in tema di product governance. Fabrizio Cascinelli, direttore legale di PwC Tax & Legal, afferma come "siamo tornati sul tema delle informazioni in una maniera un pò diversa: il KID dei PRIIPs è sostanzialmente diverso dal KIID dei fondi UCITS, in quanto fornisce innanzitutto un’informativa sulle performance future. Il produttore ha la responsabilità di dare informazioni su quali potrebbero essere i futuri scenari di performance del prodotto che si sta acquistando. È evidente il collegamento, su questo aspetto, con le analisi di scenario che il manufacturer dovrà effettuare per identificare il target market del prodotto. Dal mio punto di vista, questa è un’informazione che comincia a cambiare: si sta passando dal semplice ‘scarico della responsabilità’, fornendo quantità enormi di informazioni, al fornire informazioni rispetto a quello che si pensa debba essere il modo giusto per collocare un prodotto e il relativo target di clientela di riferimento; quindi, informando già su quelle che si pensa possano essere le specifiche esigenze di investimento del cliente”, conclude. Per Federico Vezzani, partner dello studio legale Bonelli Erede, "una maggior trasparenza potrebbe aiutare a sviluppare nei clienti una maggior consapevolezza e sul lungo periodo una maggior conoscenza. Si tratta di una sorta di processo educativo da realizzare tramite la documentazione contrattuale/di investimento, fermo restando che tale documentazione, per poter realizzare anche questa finalità, deve essere letta nella sua interezza e questo non è scontato".

Un altro aspetto fondamentale riguarda la negoziazione dei contratti di distribuzione e quindi l’evoluzione del rapporto tra distributore e manufacturer. In particolare da quando lo strutturatore sarà tenuto a fornire determinate informazioni al distributore, le parti dovranno dimostrare maggiore apertura e flessibilità, iniziando a condividere i propri modelli di strutturazione e distribuzione e disciplinare i reciproci obblighi/impegni informativi. “A questo proposito, il modello di consulenza del distributore potrà influire sul rispetto del target market individuato dal produttore, per cui sarà necessario un maggior coordinamento e scambio di informazioni tra strutturatore e distributore per coordinare i rispettivi processi nell’interesse del cliente finale”, aggiunge Vezzani.  “Secondo me andrebbe fatta una distinzione sugli accordi di distribuzione, in quanto nel complesso il mondo dell’informativa è standardizzabile. La fase delicata dal punto di vista legale e contrattuale è la gestione dell’attività dopo la distribuzione, ovvero gli obblighi informativi dal distributore al manufacturer su eventuali reclami degli investitori, ovvero cosa accade se l’investimento non è più coerente con il target market. Questo aspetto, secondo la mia esperienza, verrà inizialmente sottovalutato. Il problema è che si iniziano a valutare certi aspetti solo quando un investimento non va per il verso giusto” afferma Alessandro Portolano, co-managing partner dello studio legale Chiomenti. Tuttavia, se il manufacturer fosse a conoscenza del fatto che il target market non è più adeguato, dovrebbe informare direttamente l’investitore. Con riferimento allo scambio di informazioni, divenuto particolarmente importante con le novità introdotte dalla nuova normativa, “è fondamentale adottare un approccio distributivo caratterizzato dall’open architecture, in quanto diventa cruciale la possibilità di gestire il menzionato scambio informativo in maniera standardizzata. L’attuazione dei nuovi requirement normativi appare enormemente difficoltosa se ogni operatore si propone di declinare detta disciplina in maniera diversa”, conclude Laura Mazzuoccolo, head of legal department di Allfunds Bank Italia.