Come interpretare il momento della Federal Reserve

Marco Vailati, Responsabile Ricerca e Investimenti di Cassa Lombarda
Marco Vailati, Responsabile Ricerca e Investimenti di Cassa Lombarda

Contributo a cura di Marco Vailati, responsabile Ricerca e Investimenti di Cassa Lombarda.

Nel meeting del 18 settembre la Fed ha abbassato di 25 punti base il corridoio dei tassi ufficiali portandolo all’1,75-2,00%. È stato il secondo ribasso consecutivo dopo quello del 31 luglio che era stato il primo dal lontano dicembre 2008.

La Fed sta subendo insolite pesanti pressioni da Trump per procedere al taglio dei tassi. Il Presidente si è dichiarato insoddisfatto di quanto già fatto dalla Fed e ha chiesto ulteriori ribassi. L’assunto di Trump è quello che la competitività delle società USA sia danneggiata dal fatto di operare in un contesto di tassi assai superiori a quelli vigenti negli altri principali Paesi sviluppati. L’osservazione sulla differenza dei tassi è inconfutabile ma la conclusione di chiederne la parificazione è quantomeno approssimativa perché non considera che gli USA viaggiano a velocità circa doppia di quella degli altri Paesi, sia in termini di crescita economica sia in termini di crescita dei prezzi.

Il doppio mandato della Fed

Il solo esame della situazione interna fa apparire perfino esagerate la mosse già fatte dalla Fed. La Banca centrale americana ha il doppio mandato di perseguire la stabilità dei prezzi e la piena occupazione. In questa fase i due obiettivi sono quasi centrati. La disoccupazione è al 3,7%, ai minimi dal 1969 e anche inferiore al NAIRU (Non-Accelerating Inflation Rate of Unemployment) stimato a 4,2% dalla stessa Fed. L’inflazione invece è ancora inferiore all’obiettivo di crescita dei prezzi al 2%, con il Pce (Personal Consumption Expenditures) medio dell’ultimo anno a 1,5%, ma la previsione è che lo raggiunga e lo mantenga in 1 o 2 anni.

La Banca centrale USA ha però operato la doppia riduzione dei tassi temendo che il rallentamento globale, la guerra dei dazi e le frizioni politiche sia interne sia internazionali possano compromettere la prosecuzione del ciclo. Inoltre, anche all’interno dell’economia americana, pur a fronte di risultati complessivi soddisfacenti, ci sono diversi indicatori meno brillanti. In particolare la manifattura, più sensibile al commercio internazionale, ma che rappresenta però ormai solo il 10% dell’economia USA, ha già dato segnali di rallentamento che finora non si sono estesi alle attività dei servizi.

La complessità del momento e la difficoltà della sua interpretazione è testimoniata dal fatto che i due tagli sono stati decisi a maggioranza ma non all’unanimità dei votanti del FOMC (Federal Open Market Committee). Inoltre, il Presidente della Fed Powell nella conferenza stampa dell’ultimo meeting non ha chiarito se ritiene ancora di portare avanti un aggiustamento di metà ciclo, simile a quelli avviati a giugno 1995 e agosto 1998, come aveva detto dopo il taglio di luglio, oppure una vera e propria serie di riduzioni dei tassi. È l’evidenza di come la situazione sia incerta, nonostante i fondamentali dell'economia americana restino solidi. La politica monetaria non ha, quindi, un sentiero predefinito ma la dipenderà dall’evoluzione dei dati.