Sebbene l'inflazione sia in calo a livello globale, le principali banche centrali non hanno allentato le loro posizioni restrittive. L'approfondimento di Richard Clarida. Contenuto sponsorizzato da PIMCO.
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Richard Clarida, global economic advisor di PIMCO, affronta il tema dell'inflazione, spiegando come nonostante essa sia in calo a livello globale, le principali banche centrali non abbiano allentato le loro posizioni restrittive, perché sono in gioco i loro mandati di stabilità dei prezzi e la loro credibilità. "Pur divergendo negli approcci, la maggior parte delle banche centrali dei mercati sviluppati è passata a un nuovo mantra di politica monetaria: dopo oltre un decennio di 'lower for longer', ora è 'restrictive for longer'. I tassi di interesse possono rimanere scomodamente alti fino a quando i dati sull'inflazione non tenderanno comodamente verso l'obiettivo (e le banche centrali dipendono fortemente dai dati). Il concetto di conservare un atteggiamento restrittivo per tutto il tempo necessario sembra radicato. Con le loro ultime decisioni di politica, la FED, la BCE e la Banca d'Inghilterra (BOE) hanno continuato a seguire un percorso restrittivo, pur con azioni e segnali diversi. La Banca del Giappone (BOJ) è parimenti concentrata sulla stabilità dei prezzi, ma con l'obiettivo di porre fine a decenni di disinflazione".
Clarida continua soffermandosi su come i rialzi dei tassi della Fed abbiano fatto gran parte del lavoro pesante per ridurre l'inflazione statunitense e le tendenze di fondo dei dati recenti - compresi quelli sull'inflazione PCE (spese per consumi personali) di agosto - siano buone notizie. "La Fed dipende in larga misura dai dati, ora che la sua politica è entrata in territorio restrittivo. Le ultime stime della Fed sulla crescita, la disoccupazione e l'inflazione negli Stati Uniti nel 2024 suggeriscono uno scenario di atterraggio morbido, con un tasso di disoccupazione appena superiore alla soglia di neutralità e una crescita solo modestamente inferiore al trend. La previsione di un atterraggio morbido della Fed è fattibile, ma vediamo rischi evidenti: aree in cui l’inflazione è ostinata insieme a venti contrari dinanzi a un consumatore e un’economia finora resilienti. La Fed potrebbe avere difficoltà ad attuare l'ulteriore rialzo dei tassi attualmente previsto. Riteniamo che sarà probabilmente necessario un ulteriore aumento della disoccupazione al di sopra delle proiezioni della Fed per riportare l'inflazione saldamente sulla strada dell'obiettivo del 2%. La Fed tollererebbe 'due punti percentuali e qualcosa' nel medio termine, ma se l'inflazione non si muovesse nella giusta direzione entro la prossima estate, potrebbe riattivare i rialzi dei tassi".
"La BCE - continua Clarida nella sua disamina - ha effettuato a settembre un rialzo che definiremmo 'dovish' e ora è potenzialmente in grado di fare una pausa per vedere come la politica si trasmette all'economia. L'aumento di 25 punti base ha portato il tasso di riferimento della BCE al massimo storico del 4%, ed è stato accompagnato da previsioni riviste per una crescita più lenta e un'inflazione più ostinata di quanto atteso in precedenza. Con il tasso di riferimento a livelli restrittivi per un periodo prolungato, riteniamo che l'attenzione si stia spostando verso un ridimensionamento delle politiche accomodanti di bilancio. La BCE ha interrotto i reinvestimenti nell'ambito del programma regolare di Asset Purchase Program (APP) e attualmente intende reinvestire le scadenze del Pandemic Emergency Purchase Programme (PEPP) almeno fino alla fine del 2024. Sebbene i reinvestimenti flessibili del PEPP rimangano la prima linea di difesa sul fronte dell'anti-frammentazione, riteniamo che la BCE stia probabilmente puntando a una riduzione anticipata dei reinvestimenti del PEPP. Per entrambi i programmi, l'APP e il PEPP, non prevediamo che la BCE escluda categoricamente la vendita delle esposizioni obbligazionarie, ma prevediamo una graduale e ordinata riduzione passiva dei reinvestimenti. Nel lungo periodo, la politica di reinvestimento della BCE sarà influenzata anche dalla forma del nuovo quadro operativo per la gestione dei tassi di interesse a breve termine, compresa la dimensione del portafoglio obbligazionario strutturale".
Tra le principali economie, il Regno Unito si trova ad affrontare forse l'inflazione più ostinata, soprattutto quella salariale. La BOE deve muoversi in un difficile equilibrio tra la stabilità dei prezzi e la rapida trasmissione delle sue decisioni di politica all'economia.
Sempre Clarida: "il contesto macroeconomico del Giappone è diverso da quello delle altre economie sviluppate. Dopo anni di disinflazione o di vera e propria deflazione, i responsabili politici giapponesi si sentono a proprio agio con l'inflazione superiore all'obiettivo registrata dall'inizio del 2022. In effetti, un periodo di inflazione superiore all'obiettivo è fondamentale per la credibilità della BOJ nella stabilizzazione dei prezzi nel tempo. Sotto la nuova guida del governatore Kazuo Ueda, abbiamo già assistito a diversi cambiamenti, tra cui una modifica sostanziale a luglio della strategia di controllo della curva dei rendimenti (YCC). Se i dati indicano che l'inflazione è in grado di sostenere più di quanto attualmente previsto dalla BOJ, come ci aspettiamo, la BOJ potrebbe abolire la YCC alla fine di quest'anno o all'inizio del prossimo".