Previdenza complementare, nei primi sei mesi 2023 crescono le posizioni in essere (e i rendimenti)

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Cody Hiscox (Unsplash)

Aumentano le posizioni in essere, in parallelo a una crescita degli iscritti (già rilevata a fine dicembre 2022) e dei contributi. Tuttavia, a dare un segnale di ripresa per il settore della previdenza complementare nel 2023 sono i rendimenti, che registrano risultati positivi in tutte le tipologie di forme pensionistiche, guidati in particolare dalle gestioni più esposte alla componente azionaria. Nei principali dati statistici diffusi da Covip lo scorso 28 luglio, e focalizzati sul periodo gennaio-giugno 2023, la Commissione di vigilanza sui fondi pensione individua, a fine giugno, 10,5 milioni di posizioni in essere presso le forme pensionistiche complementari: il 2% in più rispetto alla precedente rilevazione riferita al 31 dicembre 2022. Stesso aumento percentuale per il numero degli iscritti, passati da 9,240 milioni a 9,430 milioni.

Negoziali, aperti e PIP

Sul fronte dei numeri, il maggiore incremento ha riguardato i fondi pensione negoziali (FPN), che registrano 121 mila posizioni in più (+3,2%), per un totale di 3,928 milioni. A trainare la crescita il settore edile (+51.700), “per effetto dell’adesione contrattuale di lavoratori attraverso il versamento di un contributo, ancorché di importo modesto, a carico del solo datore di lavoro”, scrive Covip. Seguono il fondo del pubblico impiego (+18.800), “per il quale è attiva l’adesione, anche tramite silenzio-assenso, per i lavoratori di nuova assunzione”; quello destinato al settore del commercio, turismo e servizi (+9.500) e quello dell’industria metalmeccanica (+7.800).

Nelle forme pensionistiche di mercato, si riscontrano 53 mila posizioni in più nei fondi aperti (FPA) ossia il 2,9%, e 30 mila in più nei PIP (+0,8%); a fine di giugno, il totale delle posizioni in essere in tali forme è pari, rispettivamente, a 1,895 milioni e 3,728 milioni di unità.

Le risorse in gestione e i contributi

In concomitanza con l’aumento del numero delle posizioni in essere si assiste anche a una crescita delle risorse destinate alle prestazioni, che a giugno 2023 ammontano a 214 miliardi di euro rispetto ai 205 miliardi di dicembre 2022. “Poco più della metà dell’aumento dipende dal miglioramento dei corsi dei titoli in portafoglio”, sottolinea la Commissione di vigilanza, indicando come l’incremento residuo sia dovuto “ai flussi contributivi al netto delle uscite”.

Anche in questo caso sono i FPN a rappresentare il grosso della raccolta: con un attivo netto di 64,4 miliardi, crescono del 5,4% rispetto a dicembre. Nel caso dei FPA l’ammontare si attesta a 30,3 miliardi e a 47,3 miliardi nei PIP, rispettivamente, l’8 e il 4,1% in più. Nel corso dei primi sei mesi del 2023 i contributi incassati da fondi negoziali, fondi aperti e PIP sono stati pari a 6,6 miliardi di euro, con una crescita del 6,1% rispetto al corrispondente periodo del 2022. L’incremento si riscontra in tutte le forme pensionistiche, variando dal 7,7% nei fondi negoziali, al 6,5 nei fondi aperti, al 3,1% nei PIP.

I rendimenti

Come detto, nei primi sei mesi del 2023 i rendimenti virano in positivo, “proseguendo nel recupero almeno parziale delle perdite in conto capitale rilevate nel 2022”, scrive Covip. E il risultato è visibile nei guadagni medi delle forme pensionistiche, in particolare per i comparti azionari, dove si collocano intorno al 6% nei fondi negoziali, al 7,6% nei fondi aperti e al 7,2% nei PIP. Più ridotti i rialzi medi per le linee bilanciate (3,4% nei FPN; 4,8% nei FPA; e 3,7% nei PIP) e per i comparti obbligazionari e garantiti (in media tra l’1 e il 2%).

“Osservando la distribuzione dei risultati dei singoli comparti tra le diverse tipologie di forma pensionistica e le diverse linee di investimento – si legge nell’analisi di Covip –, tutti i comparti azionari e buona parte dei bilanciati mostrano rendimenti più elevati rispetto agli altri e al TFR. Essi mostrano una maggiore dispersione dei risultati rispetto alle altre tipologie di comparto per i fondi aperti e per i PIP di ramo III, ma non per i fondi negoziali”.

Nella valutazione dei rendimenti nel periodo a 10 anni (tra gennaio 2013 e dicembre 2022) i rendimenti medi annui composti dei comparti azionari nei primi sei mesi di quest’anno si collocano tra i 5 e il 5,4% per tutte le forme pensionistiche; mentre per le linee bilanciate si collocano tra il 2 e il 2% per i PIP di ramo III, al 2,9% per i FPN e al 3,2% per i FPA. Diversamente, le linee garantite e quelle obbligazionarie pure mostrano rendimenti medi vicini allo zero o di poco superiori; le gestioni separate di ramo I dei PIP, che contabilizzano le attività al costo storico e non al valore di mercato, ottengono un rendimento dell’1,9 per cento. Nello stesso periodo, la rivalutazione del TFR è risultata pari al 2,3 per cento.