Secondo uno studio di Excellence Consulting, la Cina post pandemica è caratterizzata da maggior prudenza negli atteggiamenti degli individui e da un’economia basata più di prima sulle nuove tecnologie.
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Terminata l’emergenza del Coronavirus, le banche e le reti di consulenti finanziari in Italia utilizzeranno sempre più le nuove tecnologie. A inizio aprile 2020, su un campione di un centinaio di consulenti, la maggioranza adopera più whatsapp (40%) del telefono (30%) nella relazione col cliente e la firma digitale è la soluzione prevalentemente usata (48%) per la conclusione dei contratti, seguita dal cartaceo con scambio di documenti via scanner (40%). Lo studio della società di consulenza Excellence Consulting prevede i comportamenti futuri della comunità finanziaria in Italia sulla base di quanto già avvenuto in Cina, il paese che per primo ha visto gli effetti del virus.
Secondo la ricerca, la Cina post pandemica è caratterizzata da maggior prudenza negli atteggiamenti degli individui e da un’economia basata più di prima sulle nuove tecnologie. “Crescono e-commerce e m-commerce; attività e forme di comunicazione online, social network, tool di tele-lavoro e smart working, fresh-food logistica. Diminuisce il trasporto pubblico (la Cina già primo produttore di auto con 25,7 milioni nel 2019, si prevede che vivrà il boom dell’automotive tra il secondo semestre del 2020 e l’anno 2021)”, spiega Maurizio Primanni, CEO di Excellence.
Nel settore banking & finance, la Cina, prima delle conseguenze di Covid-19, era già uno dei mercati con maggiore impiego di strumenti digitali, basti pensare al successo di Yuebao, lanciato da Ant Financial (la società proprietaria anche di Alibaba), che consente a ogni acquisto su Alibaba di destinare il resto rispetto alla cifra tonda a un fondo di investimento monetario che è cresciuto in poco tempo fino a diventare il più grande al mondo, oppure si pensi alla piattaforma di robo for advisory della Investment and Commercial Bank of China, che unica al mondo consente di realizzare una profilazione del cliente automatizzata e comportamentale. “Nel dopo allarme si prevede che la relazione cliente-consulente sarà sempre più mediata dalle nuove tecnologie con il consulente che sempre più spesso lavorare da remoto. Durante l’emergenza il take care del cliente da parte delle banche cinesi si è tradotto nel risolvere i suoi problemi, non solo legati all’aspetto tradizionale della gestione degli investimenti, ma anche nel fornire informazioni sugli impatti dell’epidemia e temi collegati (delivery del cibo a domicilio) o servizi nuovi come il contatto con professionisti specializzati nell’adire a finanziamenti pubblici oppure con notai e avvocati per risolvere problemi legali”, spiega.
Fonte: dati di mercato, marzo 2020. Elaborazione Excellence Consulting.
Per quanto riguarda l’Italia, un recente questionario somministrato a circa 100 consulenti durante un webinar organizzato dalla società Diaman, condotto a inizio aprile, in piena crisi Coronavirus, ha evidenziato un ulteriore spostamento verso le applicazioni digitali nella relazione consulente-cliente. Whatsapp supera il telefono tra gli strumenti utilizzati (40% contro il 35%) e la firma digitale è la soluzione prevalente (48%) nella conclusione dei contratti,seguita dal cartaceo, con scambio di documenti via scanner, con firme apposte in momenti successivi (40%). In Italia le principali banche e reti di promotori (Intesa Sanpaolo, Unicredit, Fideuram, Banca Generali, Fineco, Mediolanum) e quelle con vocazione digitale (IW Bank e Widiba) avevano negli ultimi anni realizzato progettualità per rafforzare il supporto tecnologico ai consulenti e consentire loro di lavorare anche da remoto: portali Internet, mobile app, wealth management platform (spesso per abilitare la consulenza finanziaria a pagamento), web collaboration e firma digitale.
“Questa propensione prevediamo che sarà ancor più ampia nel futuro. Si svilupperà l’utilizzo di robo for advisory, strumenti di gamification for business, applicazioni di maching learning e si assisterà ad uno spostamento delle più evolute wealth management platform verso il golas based planning, che facilita una più efficace guida del cliente soprattutto nei momenti di mercato ad elevata volatilità e una consulenza più dinamica e digitale, che dia la possibilità a consulente e cliente di fare anche co-planning a distanza. Il modello sarà quello delle società Usa come Fidelity, Schwab e Blackrock, che hanno di recente lanciato piattaforme di robo for advisor per rendere i consulenti più competitivi nella gestione della relazione digitale con i clienti”.
Importante il ritorno per il consulente
Secondo uno studio di Fidelity, le nuove tecnologie consentono ai consulenti digitali di gestire maggiori asset nell’ordine del 40% e registrano un +42% nella dimensione media del portafoglio gestito, +35% degli AuM (Asset under management) medi per cliente, +22% in termini di prodotti/servizi collocati per cliente, oltre che compensi superiori del 24%, più clientela sia giovane (+30%) che private (+15%).
“Come dimostra l’esperienza cinese per le nostre banche e consulenti finanziari sarà fondamentale sviluppare una nuova relazione con la clientela sempre più mediata dalle tecnologie digitali. Noi riteniamo che le soluzioni di digital advice possano esprimere il loro massimo valore se saranno abbinate a un consulente in carne e ossa: le scelte tra obiettivi finanziari, profilo di rischio, strategie di ottimizzazione fiscale, età di pensionamento, livello di spesa e risparmio eccetera, coinvolgono infatti anche la sfera emotiva del cliente. In Cina abbiamo assistito al ricorso al consulente per affrontare la fattispecie dei problemi legati al Coronavirus, con richieste di consigli sugli esperti cui rivolgersi per adire a finanziamenti pubblici, alla consulenza legale, ma anche su aspetti più pratici come la delivery del cibo. Anche in Italia il consulente potrà sfruttare le tecnologie per proporsi come una piccola Amazon, ovvero un collettore attraverso cui dare la possibilità ai propri clienti di accedere a diversi servizi che rispondano ai nuovi bisogni della post pandemia”, conclude Maurizio Primanni.