Rischio Paese? Ecco cosa ne pensano le più grandi banche

matteo_ruina
foto: autor matteo ruina, Flickr, creative commons

L'Italia resta nel mirino degli investitori, nonostante la distensione sui mercati delle ultime sedute che - dopo un ottobre horribilis - ha ridato fiato a Piazza Affari e ai titoli di Stato, con lo spread sceso sotto 300 punti base. Il rimbalzo di inizio novembre ha caratterizzato un po' tutti i listini. La protagonista è sempre la manovra finanziaria che ha già cominciato formalmente il suo iter alla Camera. L’Italia ha fino al 13 novembre per rispondere o correggendo il suo bilancio per rispettare in pieno le regole della Commissione Europea (altamente improbabile) oppure inviando nuovamente lo stesso budget o una versione a malapena modificata (più probabile). Sarà per questo che, in una settimana piena zeppa di’mportanti trimestrali, sono stati molti i commenti sullo scontro tra Roma e Bruxelles. “È vero che siamo in una situazione in cui c’è stata una comunicazione non delle migliori da parte del governo ma anche da parte dell’Europa. Però d’altro canto i fondamentali sono solidi e non vedo nessuna possibilità che il PIL cresca meno dell’1% nel 2019”, ha detto ad esempio Carlo Messina, CEO di Intesa Sanpaolo, durante una call conference. Il banchiere ha aggiunto che comunque anche con una crescita del PIL tra 0,5% e 1% non c’è alcun impatto sul costo del rischio di Intesa. “I fondamentali sono molto solidi, non c’è nessuno scenario da Armageddon. Se si vuole vedere un Armageddon si deve andare al cinema”, ha aggiunto.

Incertezza e misure anti spread

L’amministratore delegato di Banca Mediolanum, Massimo Doris, vede un margine operativo per l’intero 2018 in decisa crescita rispetto al 2017 e crede nei fondamentali del Paese, anche se l’incertezza attuale dei mercati sta creando timori tra gli investitori che chiedono anche come portare capitali all’estero o se fidarsi dei titoli di Stato. “Il Paese è sicuramente solido. Io non credo né al non rimborso dei debiti né all’uscita dall’euro”, spiega Doris all’agenzia di stampa Reuters. “Tutta questa incertezza sta però creando tensione e paura tra gli investitori. Ci sono clienti che ci chiedono se fidarsi dei titoli di Stato, richiesta che fino all’anno scorso non ci facevano. Noi ovviamente li rassicuriamo. Ci sono clienti che ci chiedono come portare all’estero un po’ di soldi in modo trasparente e dichiarato. Anche questa richiesta fino all’anno scorso non ci perveniva”, ha aggiunto.

C’è poi chi, come Poste Italiane, ha messo in campo una serie di misure per assorbire il livello di spread tra titoli di Stato italiani e tedeschi raggiunti nelle ultime settimane e non teme per il previsto aumento del dividendo. “Il Gruppo ha avuto un approccio proattivo nel corso dell’ultimo trimestre alla gestione dell’allargamento dello spread, e quindi oggi diremo che per quanto riguarda Poste Italiane abbiamo messo in piedi una serie di misure che sono in grado di assorbire un livello di spread come quello raggiunto nelle ultime settimane”, ha detto l’amministratore delegato Matteo Del Fante durante una call conference, dopo l’annuncio dei risultati del terzo trimestre. Anche il CEO di UniCreditJean Pierre Mustier, conversando con la stampa dopo la pubblicazione dei risultati del terzo trimestre, ha spiegato che l’esposizione del Gruppo ai governativi italiani è rimasta più o meno invariata ed è lievemente calata la duration a 3,1 anni da 3,3. I nuovi acquisti verranno contabilizzati come held-to-collect per limitare la sensibilità allo spread.

Gli ultras del debito italiano

Analizzando il lungo confronto tra il governo e l’UE sulla legge di bilancio, gli esperti di Marzotto Investment House  sono convinti che gli attuali valori di mercato stiano già scontando il fatto che l’Italia rientri nella PDE (la procedura d’infrazione). Inoltre, dicono, “dopo l’atteso peggioramento dell’outlook da parte di S&P, non ci sarà più rischio di downgrade per i mesi a venire – creando una buona opportunità per un posizionamento tattico sui BTP verso la fine dell’anno. Anche in uno scenario positivo, è probabile che il differenziale tra BTP-Bund rimanga elevato fino al prossimo giro di rating ed elezioni europee (marzo-maggio 2019) – ovvero sopra sia i livelli medi del differenziale quinquennale (157 punti base) che decennale (190 punti base); il nostro target sono i 200 punti base”. È chiaro però che differenziali elevati significano coefficienti patrimoniali più bassi, maggiori costi di finanziamento e minore profittabilità per le banche italiane, così come maggiori premi per il rischio e costo del capitale: “per il momento siamo particolarmente cauti sull’azionario italiano e le obbligazioni delle banche”.

Riguardo al debito italiano, gli analisti della SIM si dicono ottimisti. “Riteniamo che l’Italia (Baa3 stabile, BBB stabile, BBB negativo) ha un profilo di credito con dei significativi punti di forza che non la faranno finire in territorio high yield e che la contraddistinguono in maniera significativa dal suo pari più vicino al momento da un punto di vista creditizio, ovvero il Portogallo (Baa3 stabile, BBB- positive, BBB stabile), il cui decennale scambia circa 150 bp in meno dell’Italia".

Questa positività è dettata da alcuni fattori non circostanziali, come il fatto che l’Italia sia la terza economia nell’Eurozona, con una posizione esterna solida con surplus della bilancia corrente vicini al 3%, grandi miglioramenti in termini di investimenti internazionali, ora solo al -3.4% del PIL (vs circa 20% nel 2012-2015), un elevato livello di benessere delle famiglie – importante riserva finanziaria e possibile fonte di finanziamento - e un debito esterno pari al 124% del PIL (vs il massimo del 125% nel 2015) – vs Portogallo che presenta debito esterno pari al 209% del PIL (record del 238% nel 2012).