Inflazione ancora osservata speciale mentre si attende il rallentamento della crescita economica globale. L’obbligazionario, intanto, continua ad avere l’attenzione degli asset manager delle società italiane.
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Inflazione ancora osservata speciale mentre si attende il rallentamento della crescita economica globale. L’obbligazionario, intanto, continua ad avere l’attenzione degli asset manager delle società italiane.
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Archiviato un 2022 che ha messo a dura prova le certezze di molti investitori, il 2023 si apre all’insegna della prudenza. Gli esperti del risparmio gestito guardano con attenzione all’obbligazionario, alle evoluzioni nei Paesi dell'Est (con la riapertura della Cina e le conseguenze sia finanziarie sia sanitarie), si aspettano ancora una potenziale recessione nella seconda metà dell’anno (anche se più contenuta) e si adeguano alle stime prudenti di crescita mondiale già indicate dal Fondo monetario internazionale (del 2,7% quest’anno, dopo quelle del 3,2% nel 2022). Certo, anticipare gli “umori” dei mercati è compito quanto mai arduo e quello dell’inflazione resta il grande nodo da sciogliere anche nei primi mesi dell'anno appena iniziato. Le banche centrali, d'altronde, hanno confermato le politiche aggressive mantenute nel 2022, mentre l'Europa in particolare fa ancora i conti con la crisi legata alle forniture energetiche. Questo insieme di elementi, nel corso dei 12 mesi appena al via, determinerà le scelte degli asset manager e quelle degli investitori, in uno scenario che, come ricordato dai contributi raccolti da FundsPeople, emerge dopo un anno in cui si è creata una "profonda spaccatura" col passato.
Giovanni Brambilla, responsabile investimenti di AcomeA SGR, individua due ragioni alla base del rallentamento della crescita mondiale nel 2023: l’esaurimento della spinta all’economia dovuta alla normalizzazione delle attività post-Covid, e politiche monetarie e fiscali più restrittive (soprattutto negli USA). L’esperto si aspetta un calo dell’inflazione (prevista a fine anno intorno al 3% in USA ed Eurozona) dovuto anche alla normalizzazione delle supply chain; e questo dovrebbe portare le banche centrali a interrompere il ciclo di rialzi già nei primi sei mesi: “Prevediamo che la Fed porti i tassi intorno al 5% e la BCE al 2,5%, per poi entrare in un periodo di wait-and-see”. Tra le aree geografiche da cui si attendono notizie positive c’è la Cina. Certo, il gigante asiatico nelle ultime settimane del 2022 ha destato ancora una volta preoccupazioni a livello mondiale per l’annullamento improvviso di tutte le restrizioni sanitarie, ma un rilassamento della zero covid strategy (ZCS) dovrebbe dare impulso a “Cina, Asia e Paesi emergenti esposti al ciclo delle commodities”. Sul fronte delle asset class l’esperto ventila la possibilità di una “netta inversione di tendenza” nell’obbligazionario: “nel 2023 assisteremo al ritorno del carry trade (con portafogli capaci di rendimenti high-single-digit senza andare nell’high yield più spinto) e alla restituzione al trading di molti titoli ora congelati in pancia alle banche centrali. Entrambi fattori che contribuiranno a una stabilizzazione nelle oscillazioni di mercato”. L’attenzione andrà alle emissioni di “financials europei e a quegli emergenti esportatori di materie prime legati al tema di re-opening e stimolo cinese”. Favorevole la visione anche sugli inflation linked “in valuta locale a lunga scadenza in mercati liquidi e ben strutturati come quello brasiliano”. Mentre, alla luce di una crescita degli utili all’apparenza limitata e un livello dei tassi che non propende per un’espansione dei multipli, sul fronte azionario Brambilla sottolinea la necessità (“quantomeno sui principali listini”) di “individuare attraverso lo stock picking quei settori che risultano più a sconto in termini valutativi; tra questi i beni e servizi di consumo potrebbero beneficiare di una stabilizzazione dell’inflazione, soprattutto per quelle realtà con buon pricing power, mentre gli industriali e i ciclici si avvantaggiano invece di un rallentamento della crescita meno pronunciato”.
1/8Vincent Chaigneau, head of research di Generali Investments si interroga sull’eventualità che quello appena iniziato sia “l’anno del reddito fisso”. L’analisi dell’esperto prende le mosse dal crollo degli indici obbligazionari nel 2022, a cui si sono sommati shock inflazionistico e repricing delle banche centrali. Se da un lato i rendimenti dei Treasury a 10 anni si sono completamente dissociati dal picco implicito dei Fed Fund e continuano a muoversi in sincronia con il tasso terminale, Chaigneau indica una minore fiducia sui Bund, i cui rendimenti a 10 anni, “a differenza dei Treasury (…) sono scambiati a circa 26 punti base rispetto all'Euro Short Term Rate a 5 anni e a 3 mesi (2,18%)”. L’Europa, inoltre, fa i conti con la crisi energetica (che la rende più dipendente dagli investitori esteri), una BCE che riduce il proprio portafoglio nell’ambito del Programma di Acquisto Titoli, e con le attese di una politica fiscale più espansiva rispetto agli USA. “In questo contesto, è difficile giustificare il fatto che i reali rendimenti tedeschi a lungo termine continuano a essere scambiati con un ampio premio rispetto ai TIPS (Treasury Inflation-Protected Securities) statunitensi”. Per questo motivo, per la scelta dei tassi in euro, l’esperto si posiziona sull’”arco centrale della curva più lungo (diciamo 7-10 anni)”. Resta la fiducia sul credito Investment Grade in euro “da un punto di vista storico, più conveniente rispetto ad altri segmenti, in particolare l'High Yield globale e il credito statunitense”. Naturalmente, specifica Chaigneau “gli spread corporate Investment Grade potrebbero aumentare con l’oscurarsi delle prospettive economiche globali, ma per gli investitori buy-and-hold il credito Investment Grade offre un buon valore e, storicamente, nessun default”. In questo spazio riscuotono maggiore interesse i titoli finanziari, la cui emissione rimarrà “relativamente vivace”. Più difensivo il posizionamento sull'High Yield, “in quanto le insolvenze stanno iniziando a salire e gli spread sembrano valutare male le pressioni recessive in atto”. Nell’ambito delle obbligazioni sovrane e societarie di alto livello, invece, la “carta jolly” potrà giocarla il Giappone. Svanisce, nella visione dell’head of research, il rimbalzo azionario. “I multipli azionari sono scesi nel 2022, ma appaiono ancora troppo elevati rispetto ai rendimenti obbligazionari reali”.
2/8Approccio costruttivo e gestione attiva sono, invece, le parole d’ordine per il 2023 secondo Fideuram Asset Management SGR. Nell’introdurre l’outlook sull’anno al via Alessandro Capeccia, responsabile investimenti di Fideuram AM SGR indica come “il repentino cambiamento di regime, dopo anni di accomodamento monetario” abbia “amplificato” la volatilità nel 2022. Tuttavia l’ingresso nel 2023 avviene con “valutazioni più allineate e con maggiore visibilità su inflazione e politica monetaria”. Le attese macro sono sulla fine del ciclo restrittivo della Fed già nel primo semestre, mentre restano ancora incerte quelle sull’Europa (dove l’incognita principale per lo scenario di crescita rimane legata alle forniture energetiche), anche se dopo un prospettato aumento dei tassi di altri 100 pb, anche Francoforte dovrebbe interrompere “il ciclo restrittivo con la riunione di maggio”. Dalla lettura dei prossimi mesi, emerge poi un dettaglio legato all’andamento della dinamica economica che tornerà “ad acquistare più rilevanza nel processo decisionale dei policy makers e degli investitori”. Oltre a contribuire a ridurre la volatilità e la correlazione tra azioni e obbligazioni, questa dinamica “grazie all’aggiustamento intervenuto nelle valutazioni, ci porta a stimare più elevati rendimenti attesi nel medio lungo-periodo per un portafoglio multi-asset”. Capeccia sottolinea come al tradizionale approccio geografico alla gestione azionaria, la società affianchi sempre più “quello settoriale, tematico e stilistico”. I portafogli si posizionano dunque con un sovrappeso sul reddito fisso “in particolare al credito di elevata qualità, che offre un interessante profilo rischio-rendimento” e cominciano a guardare l’area dei Mercati Emergenti. Una volta chiarita l’evoluzione del ciclo economico nei prossimi mesi, poi, “prevediamo di aumentare ulteriormente il rischio anche a favore delle azioni”. Uno sguardo infine al tema ESG, in cui proseguirà la proposta di “soluzioni di investimento che combinino la ricerca di rendimenti interessanti con una accurata selezione di temi sostenibili attraverso un approccio di gestione attiva e di tipo multi-asset”.
3/8Un contesto di crescita “meno punitivo per la maggior parte delle asset class”. È quanto si attende per il 2023 Dario Angelino, senior strategist di Symphonia SGR richiamando uno scenario “più favorevole per i mercati” caratterizzato sì, da una crescita in frenata, ma con una “inflazione calante, picco della stretta monetaria e picco del dollaro USA”. Nel primo semestre dell’anno continuerà il rallentamento dell’economia globale, prima di recuperare nei sei mesi successivi “ma la crescita per l’intero anno sarà inferiore al 3%, che rappresenta il potenziale”. Sul fronte inflazione, l’esperto si attende una diminuzione nel corso dell’anno “ma il ritorno ai target delle principali Banche Centrali è improbabile prima del 2024, mantenendo saldamente restrittiva la politica monetaria”. Per cui la probabilità degli scenari più negativi per l’economia e i mercati globali è diminuita “ma il rapporto tra i fattori di rischio per il 2023 rimane orientato al ribasso”. Inoltre, secondo Angelino, una volta “superata la grande ‘paura dell’inflazione’, il rischio principale è che il rallentamento in corso dell’economia globale sfoci in una recessione, soprattutto per gli USA”. Per quanto riguarda le prospettive di investimento sull’anno, “dopo la drastica revisione al ribasso delle valutazioni sulle principali asset class, il mercato obbligazionario è tornato competitivo rispetto alle altre asset class rischiose, per le quali la fine del deterioramento dell’attività economica è la principale discriminante nel 2023”. Come detto, il picco del dollaro USA “è con ogni probabilità alle spalle” ma secondo l’esperto la divisa statunitense “ha ancora un ruolo da giocare come bene rifugio, mentre il superciclo delle commodities è solo latente dietro la debolezza della domanda”.
4/8Il futuro dei mercati azionari, secondo Christian Prinoth, chief investment officer di Quaestio SGR, “nonostante la decisa correzione, rimane molto incerto, con multipli in linea con la media storica e stime di crescita (fatturato e profitto) che sembrano ancora elevate”. L’esperto rileva come “l'importante livello di liquidità detenuto dai grandi asset allocator implicitamente fornisca una conferma che l’azionario rimarrà molto volatile in entrambe le direzioni”. Mentre da un punto di vista geografico, a fronte di una Cina “pur interessante in termini valutativi” ma ancora troppo dipendente dalle scelte di Xi Jinping, “la preferenza va al Giappone e ai Paesi del Sud-Est asiatico, i principali beneficiari del processo di ‘re-shoring’ in corso, ovvero re-direzionamento delle catene produttive dalla Cina verso paesi più ‘amichevoli’”. Prinoth sottolinea poi come ci si trovi ancora di fronte a un livello dei tassi “stravolto dalla lotta all’inflazione” e il cui andamento sarà ancora soggetto “all’evoluzione futura del livello dei prezzi”. Tuttavia le attese sono per un rallentamento dell’inflazione, “che potrebbe suggerire un buon punto d’ingresso per aumentare la duration dei portafogli, in particolare tramite l’investimento nel credito di emittenti non speculativi”. Anche i prezzi delle commodity dovrebbero mostrare una “rinormalizzazione” a fronte delle “spinte recessive innescate dalle politiche monetarie restrittive e la normalizzazione delle catene logistiche e di produzione, così come vediamo maggiore spazio per un deprezzamento del dollaro – conclude il CIO –, ma sempre in linea con l’evoluzione delle politiche monetarie nelle diverse aree geografiche”.
5/8Il 2023 si apre con un interrogativo: quanto impiegheranno i mercati per riprendersi del tutto? È una domanda che si concretizza alla luce di un 2022 complesso e la cui risposta, secondo Roberto Rossignoli, portfolio manager di Moneyfarm, va analizzata alla luce di tre fattori: la crescita economica, l’inflazione e la politica monetaria. Il focus sul primo elemento è legato alla recessione. “Lo scorso anno, nonostante la visione pessimista degli operatori, non abbiamo assistito a un diffuso peggioramento dell’economia”, afferma Rossignoli. Tuttavia, “il fatto che, per il momento, l’economia mondiale abbia evitato una recessione non significa che non potrà verificarsene una nel corso del 2023”. I mercati hanno già, almeno in parte, prezzato l’aspettativa, con stime all’80% nell’Eurozona e al 65% negli Stati Uniti. “Questa potrebbe essere una buona notizia per gli investitori – afferma il portfolio manager –, dal momento che un rallentamento dell’attività economica (se lieve, come anche le proiezioni più pessimistiche sembrano suggerire) ridurrebbe la spinta al rialzo dei prezzi, allentando la pressione sulle banche centrali per inasprire la politica monetaria”. L’inflazione, dal canto suo, dovrebbe aver già raggiunto il picco negli USA e dovrebbe essere “vicina a raggiungerlo anche in Europa”. Di conseguenza “Più l’inflazione rientrerà sotto controllo, più il focus delle banche centrali si sposterà sulla crescita invece che sul controllo dei prezzi”. Certo, prosegue Rossignoli, c’è ancora il rischio di “una potenziale sopravvalutazione da parte dei mercati della capacità della Federal Reserve di calmare l’inflazione” e quello “di una recessione più forte del previsto”; oltre a quelli legati agli utili se le aziende si dovessero dimostrare “meno resilienti che in passato”, al mercato immobiliare e alle sfide politiche e geopolitiche. “Per tutti questi motivi, le prospettive per gli investitori rimangono complesse, ma sono comunque presenti opportunità per generare rendimenti a lungo termine. Le valutazioni di mercato sono allettanti e, in particolare per le obbligazioni, sono migliori rispetto a tutti gli altri anni in cui Moneyfarm ha svolto il suo processo asset allocation strategica”. E questa, afferma l’esperto “è sicuramente una buona notizia per gli investitori”. La sfida, conclude, è bilanciare le prospettive di lungo termine con i rischi di breve, sia per quanto riguarda la duration che per quanto riguarda l’esposizione azionaria”.
6/8“Ricorderemo (…) quest’anno a lungo per la rapida e forte spaccatura con il passato, preparandoci a nuovi scenari futuri e a scelte puntuali per i prossimi mesi a venire”. Guido Maria Brera CIO di Kairos, introduce l’overview sul primo trimestre 2023 sottolineando gli eventi che hanno caratterizzato gli ultimi mesi 2022: il quarto rimbalzo tecnico sull’azionario, movimento seguito dal credito (“con il tasso americano a 10 anni che ha corretto da 4,25% a 3,5% e il CDS a 5 anni che ha stretto di quasi il 30%”), mentre il dollaro Usa, “dopo un anno di apprezzamento”, ha segnato “la peggiore performance trimestrale dal 2008”. Nel frattempo decrescita dei prezzi energetici e raffreddamento dell’economia “hanno aiutato i mercati ad assistere a un picco inflattivo”. Con queste premesse, oggi il mercato prova a “individuare le probabilità e le tempistiche di una possibile recessione per il 2023”. Tuttavia nel nuovo anno si attende “una fondamentale decorrelazione tra i bond e l’azionario, con la volatilità di quest’ultimo che dovrebbe tornare a salire a discapito del rendimento, mentre dovrebbe continuare il recupero dell’euro”. Non ci sono ancora i presupposti, afferma Brera, per indicare quello appena avviato come un anno “più lineare” rispetto al 2022, ma ritiene che “vi saranno diverse opportunità interessanti partendo principalmente dal mercato dei bond e del credito, puntando a ottenere dei rendimenti interessanti senza doversi sbilanciare sulla parte high yield più a rischio, in caso di recessione”. Nell’approfondimento macro dell’overview, Alessandro Fugnoli, strategist della società, insiste sull’importanza dell’inflazione USA, con la Fed che “non cambierà drasticamente il suo programma”. Eliminare le aspettative di inflazione, infatti, “richiede che i tassi reali rimangano positivi per almeno un punto percentuale, possibilmente un punto e mezzo, per tutto il 2023. La rapida disinflazione in corso permetterà però di non proseguire nel secondo trimestre con i rialzi dei tassi”, per cui il rallentamento atteso nella seconda parte dell’anno potrebbe avere “dimensioni più contenute”. Per quanto riguarda l’Europa, Fugnoli si attende sì, un rallentamento nel corso dell’anno, ma “meno pesante di quanto non si sia temuto nel corso del 2022”, e questo potrebbe favorire la Bce nell’obiettivo di portare i tassi al 3% entro l’estate. “La discesa dell’inflazione rende finalmente interessante l’investimento obbligazionario. I rendimenti sono buoni e i corsi, che nel 2022 hanno registrato flessioni pesanti, saranno da stabili a orientati al rialzo lungo tutta la curva dei rendimenti”. Più in generale, conclude, “sarà il 2023 nel suo complesso a costituire un anno da dedicare all’accumulazione paziente di posizioni in vista della ripresa ciclica del 2024”.
7/8Marco Mencini, senior portfolio manager equity di Plenisfer Investments SGR si interroga sulle prospettive per l’azionario globale. Secondo l’esperto, nonostante la flessione del 2022, le valutazioni dell’MSCI World a fine dicembre, quando evidenziavano multipli pari a circa 15 volte l’utile per azione (Fonte: Bloomberg), erano ancora troppo elevate dal momento che riflettevano ancora “la crescita degli utili aziendali generata dalle passate politiche monetarie espansive e dall’esplosione dei margini registrata a partire dalla seconda metà del 2020 con il termine dei lockdown”. Valori che, a detta di Mencini, “non incorporano invece ancora pienamente le nuove politiche monetarie avviate nel 2022 da Fed e Bce per contrastare l’inflazione, destinate a proseguire anche nel 2023”. La società quindi, non si aspetta che già quest’anno possano verificarsi i primi tagli dei tassi, e questo sarà alla base del rallentamento economico atteso, specie negli USA “area cui fa capo circa i 2/3 dell’azionario globale”. Per questo motivo le attese sono per un’ulteriore flessione, ipotizzatata a circa il 10%, dell’azionario nel 2023. Flessione questa “necessaria a portare i multipli verso valori coerenti con la possibile riduzione delle marginalità aziendali che ci attendiamo possa manifestarsi in un contesto di rallentamento economico e inflattivo, caratterizzato da dinamiche salariali e costi in rialzo”. Le attuali valutazioni, continua Mencini “potrebbero tornare a essere ragionevoli solo in presenza di un repentino cambio di scenario, ovvero una ripresa significativa dell’economia americana e una decisa moderazione dei tassi di interesse, entrambe ipotesi tutt’altro che scontate”. In conclusione, “riteniamo che il mercato azionario si trovi in una fase particolarmente critica e delicata che non lascia immaginare facili guadagni all'orizzonte”.
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