SSGA: prepararsi a un ‘bumpy landing’ e a volatilità elevata

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Aaron Burden (Unsplash)

Il 2022 è stato un annus horribilis per gli investitori, con pesanti perdite per l’azionario e con il peggior mercato dei bond degli ultimi 40 anni. Un anno di shock estremi e politiche monetarie aggressive per contrastare un’inflazione che non si registrava da decenni. Nonostante il rimbalzo delle azioni in questa prima parte dell’anno, si delinea un contesto ancora incerto per i mesi a venire e di volatilità sopra la norma. E secondo gli esperti di State Street Global Advisors, che hanno presentato l'outlook per il 2023 in questi giorni a Milano, sarà indispensabile procedere con cautela.

L’esito della stretta delle banche centrali sarà un soft o un hard landing? È questo il quesito chiave con cui esordisce Altaf Kassam, EMEA head of Investment Strategy & Research di SSGA. Secondo l’esperto la verità sta nel mezzo: “Non sarà un atterraggio morbido, me nemmeno duro. Ci aspetta bumpy landing, con delle buche in pista e un contesto in cui la volatilità la farà da padrona”, ha affermato.

L’inflazione frena

Nonostante il rallentamento dell’economia a livello globale e le sfide geopolitiche, la casa di gestione resta cautamente ottimista sul fatto che le pressioni inflazionistiche globali subiranno un calo a livello mondiale nei prossimi sei mesi. “Il miglioramento dell’offerta e il rallentamento della domanda hanno favorito il verificarsi di potenti episodi disinflazionistici, così come dati più favorevoli sull’inflazione consentiranno alla Federal Reserve di abbandonare un atteggiamento aggressivo e di tagliare presumibilmente i tassi di interesse nell’ultimo trimestre del 2023”, afferma Kassam. Diverso il caso per la Bce: nell'Eurozona si dovrà aspettare di più per i tagli dei tassi, che non avverranno prima dell'inizio del 2024.

“All'inizio del 2023, gli investitori statunitensi si aspettavano un indebolimento dell'economia, una pressione al ribasso sugli utili aziendali e un aumento della perdita di posti di lavoro a causa degli effetti posticipati degli aggressivi rialzi dei tassi della Fed”, continua lo specialista. “Il mercato aveva previsto una crescita inferiore al trend, ma proprio quando i dati economici, gli utili e il mercato del lavoro hanno iniziato a mostrare segni di ripresa, gli investitori hanno già iniziato a prezzare la prossima fase del ciclo economico”, prosegue.

Il 2022 ha anche segnato la fine del periodo della grande moderazione e delle iniezioni di liquidità delle banche centrali. Secondo la view del gestore la ‘nuova normalità’, in un contesto caratterizzato da una volatilità più elevata, dovrebbe ancora offrire opportunità per gli investitori azionari, ma probabilmente sarà anche caratterizzata da ribassi più marcati e periodi di ripresa meno veloci. “Per gestire attivamente il rischio nell’attuale scenario saranno necessarie strategie di protezione dei rischi di downside efficaci”, dice Kassam.

Un dollaro meno forte

SSGA ritiene inoltre che il dollaro, rafforzato dall’aumento dei rendimenti relativi e dalla sua attrattiva come bene rifugio durante la fase tumultuosa che ha caratterizzato la fine del 2020, raggiungerà il picco e inizierà a ridursi nel 2023. “Molto probabilmente si verificherà un contesto in cui la crescita al di fuori degli Stati Uniti ridurrà il divario con quella del paese stesso”, dice Kassam. “Il passaggio da una fase di inflazione a una di disinflazione e il cambiamento della traiettoria della politica monetaria da parte delle banche centrali per supportare la crescita favoriranno un’ampia ripresa degli asset di rischio, in particolare dei titoli azionari non statunitensi”, chiosa.

Investment grade nel mirino

L’ultima fase dello scorso anno ha anche registrato un rinnovato interesse per i bond, per il ritorno dei rendimenti dopo anni di tassi a zero. “Il reddito fisso ha registrato un'impennata nel quarto trimestre del 2022, con gli investitori che hanno iniziato ad aspettarsi tagli dei tassi quest'anno”, analizza Antoine Lesnè, responsabile EMEA di Strategy and Research di SPDR ETFs. “I guadagni della asset class sono stati piuttosto ampi, le obbligazioni governative, corporate e dei mercati emergenti hanno finalmente invertito il trend di tre trimestri consecutivi di perdite”, dice.  

Secondo Lesnè in vista dei prossimi mesi sarà cruciale capire quando ci sarà un cambiamento di atteggiamento della Fed. In sostanza, quando la banca centrale non sarà più concentrata esclusivamente sul suo obiettivo di riportare l’inflazione al target del 2 per cento e darà fine al ciclo dei rialzi. “Fino ad allora”, avverte Lesnè, “la volatilità sarà elevata”, dice.

“Il primo trimestre potrebbe rimanere difficile e cerchiamo del rendimento per ridurre in parte l'impatto della volatilità”, continua. “Il credito investment grade rientra in questa categoria, poiché ha un rendimento più elevato rispetto ai titoli di Stato, ma non è eccessivamente esposto in caso di rallentamento significativo della crescita”, spiega.

Il secondo tema di interesse per l’esperto è il debito dei mercati emergenti. A sostegno dell’asset class esistono tre fattori chiave: l'attrattiva del rendimento relativamente elevato di tale debito, il continuo declino del dollaro USA e la svolta nel ciclo delle banche centrali dei mercati emergenti. In terzo luogo, Lesnè ritiene che la parte anteriore della curva statunitense sia un ottimo punto di allocazione se si è in attesa di una certa chiarezza sulle prospettive di crescita e inflazione.