UBP, guardando al 2018

barca a vela
Nicola Albertini, Flickr, Creative Commons

Il 2017 passerà alla storia come un anno ricco di eventi geopolitici che, tuttavia, non hanno influenzato il mercato se non nel breve termine. A gennaio Donald Trump ha iniziato il suo mandato come 45° presidente degli Stati Uniti, più tardi l’elezione di Emmanuel Macron, la conferma del quarto mandato consecutivo di Angela Merkel... il tutto condito dal rischio di una guerra nucleare tra Nord Korea e USA. Norman Villamin, chief investments officer di Union Bancaire Privée spiega che “nel 2017 c’è stato un cambio di rotta rispetto gli anni precedenti. La crescita è stata più sincronizzata tra i diversi Paesi e abbiamo assistito a un aumento dell’inflazione. Gli investitori hanno preferito gli investimenti azionari sulle small-mid cap”. Si ipotizza che la crescita globale a fine anno dovrebbe toccare il 3,7%. Gli investimenti non sono più concentrati in America, come negli anni precedenti, ma c’è stata una forte diversificazione geografica: sono aumentati gli investimenti in Europa, Paesi emergenti e Giappone. Il dollaro ha perso quasi il 10% rispetto all’euro e il prezzo dell’oro ha subito una crescita del 10,2%.  

Per il 2018 le politiche monetarie dovranno stimolare la crescita ed evitare la deflazione. Secondo UBP, gli indicatori economici fanno sperare in una salita graduale dell’inflazione in Europa fino a raggiungere il target del 2%, anche se i fattori duraturi relativi alla concorrenza e alla struttura del mercato del lavoro limiteranno l’aumento dei prezzi. Perciò ci si aspetta un’inflazione stabile, tranne per quanto riguarda il Giappone dove è previsto un aumento. Come si sa, fare delle valutazioni su un lungo periodo temporale è ben più facile che farle a un anno. Le previsioni sono effettuate sulla base del ciclo economico e delle stime sulla crescita degli utili. In Europa ci sono ancora delle questioni strutturali da risolvere come la scarsa propensione salariale. Un settore ritenuto particolarmente positivo per Ubp è quello delle small e mid cap che nel 2018 sorpasserà, in termini di crescita, le large cap. Sul mercato americano invece, è prevista una crescita media degli utili del 10-12%, che permetterà di sostenere le performance totali nel 2018.

Il mercato più attrattivo di quest’anno è stato quello nipponico. Il Giappone ha avuto una performance del 18,2% rispetto agli USA (17,2%) e all'Europa (12,7%).  Ciò che ha contribuito a questo sviluppo è stato un rafforzamento dello yen, ma soprattutto le valutazioni delle aziende giapponesi che a inizio anno erano ai minimi storici. Anche nel 2018, il Giappone sarà un’ottima opportunità di investimento secondo Villamin, poiché i P/E nipponici sono ancora sotto il loro vero valore di mercato.

Per quanto riguarda i Paesi emergenti, invece, secondo Koon Chow, emerging markets macro and fx strategist, i fondamentali miglioreranno. Durante l’anno c’è stato un aumento delle esportazioni che ha portato una maggiore stabilità e fiducia nelle imprese. Questo ha permesso perciò una crescita degli afflussi di capitale. La maggior fiducia degli investitori permetterà di migliorare le partite correnti dei Paesi. Con la ripresa dell’economia, anche i conti pubblici si aggiusteranno grazie al rafforzamento dei consumi interni e alle entrate fiscali. Secondo Koon Chow, con il risanamento dei bilanci statali, i livelli di debito pubblico dei Paesi emergenti rimarranno più sostenibili di quelli dei Paesi sviluppati.