Uno sguardo ai mercati, posizionamenti difensivi e attesa sul dollaro

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Mathieu Stern (Unsplash)

Monitorare gli elementi macroeconomici del momento resta centrale nel posizionamento delle società di gestione sulle prossime settimane. Si parla, come ormai assodato, di inflazione, politiche monetarie e fiscali, e rischi geopolitici. “Le condizioni di mercato potranno rivelarsi meno favorevoli, schiacciate tra i due opposti rischi di inflazione e recessione: per questo crediamo che una gestione di portafoglio attiva possa fare la differenza, accompagnata da uno stock picking su selezionate opportunità”, sottolinea Plenisfer SGR nel suo flash outlook. Secondo gli analisti della società, materie prime, titoli energetici e industriali (legati a transizione e automazione) “continueranno a costituire delle buone opportunità”. Da un punto di vista strategico, dunque, Plenisfer mantiene un portafoglio complessivo difensivo “rispetto ai mesi del trimestre precedente”, con un approccio complessivo “neutrale in termini di beta”. Esposizione ridotta alla duration poi sul fronte obbligazionario con attese sui tassi di interesse ancora inferiori rispetto all’inflazione.

Approccio "vigile ma agile"

“Un approccio vigile ma agile”, sulle prossime settimane anche nella view di Francesco Sandrini, head of multi-asset strategies di Amundi SGR. L’esperto sottolinea la necessità di maggiori coperture come elemento “essenziale per consentire agli investitori di destreggiarsi in questo contesto permeato d’incertezza, ma siamo pronti a cogliere le opportunità qualora si presentino livelli di ingresso interessanti”. Spazio dunque a un approccio diversificato “che si basi su un mix composto da attivi di qualità nei Paesi sviluppati e in quelli emergenti, da materie prime (petrolio, oro) e da valute”.

Alessandro Allegri, AD di Ambrosetti AM SIM rileva come nelle ultime settimane siano “riaffiorati elementi di inversione e di stabilizzazione che migliorano il quadro in termini di attese per i mesi a venire”. L’esperto non tace sui disallineamenti emersi a ottobre tra i vari mercati con riposizionamenti in particolare su Stati Uniti e in generale sull’area Euro mentre restano “nettamente divisi i risultati sui mercati emergenti con le borse cinesi e quelle strettamente legate a esse in vera crisi”. Le prospettive poi, restano incerte anche a causa delle tensioni geopolitiche, “tuttavia le valutazioni dei principali mercati azionari sono tornate a essere interessanti dopo le decise flessioni degli scorsi mesi e la ripartenza di ottobre fa da sostegno a un recupero di forza atteso per la fine di questo anno”. A livello di allocazione dunque “si punta a sfruttare la prosecuzione del recupero sugli azionari mentre sui mercati obbligazionari e valutari, sebbene si siano osservati alcuni riposizionamenti significativi e repentini, rimane un atteggiamento maggiormente prudenziale”.

Le incognite dei prossimi mesi

A fare il punto sulle incognite dei mercati è Richard Flax, chief investment officer di Moneyfarm che parte dal dato oltre le attese dell’inflazione USA a ottobre (che si è attestata al 7,7%), per ricordare che nonostante il target del 2% sia ancora lontano, si è comunque assistito a un rialzo sul fronte azionario e obbligazionario e a un rallentamento del dollaro. Questi spiragli secondo Flax potrebbero spingere “a incrementare il peso degli asset rischiosi in portafoglio, avvantaggiandosi delle valutazioni, ma nella gestione complessiva di un portafoglio di investimento non bisogna sottovalutare alcuni rischi” individuati dall’esperto nella crisi energetica, che mette in crisi l’intero sistema economico europeo, un situazione “molto complicata” per il settore immobiliare cinese, profondamente colpito dai lockdown imposti dal governo e, sullo sfondo il rischio geopolitico rappresentato da Ucraina e Taiwan.

Anche Paolo Zanghieri, senior economist di Generali Investments, riporta come le speranze che l'inflazione statunitense abbia raggiunto il picco siano state alimentate la scorsa settimana dai nuovi dati sugli affitti e sui prezzi alla produzione. L'esperto sottolinea, però, che con queste rassicurazioni "l'attenzione si rivolgerà sempre più ai rischi per la crescita". E alcuni indicatori sono già evidenti, come la differenza negativa di 68 bp raggiunta il 16 novembre fra il Treasury a dieci e due anni "un livello visto l'ultima volta solo prima del crollo delle dot com nel 2000". A questo si somma la paventata crisi del settore manifatturiero messa in atto dall'aumento dei tassi di interesse e dal conseguente indebolimento della domanda globale. "Neppure questo, insieme alle oscillazioni nei mercati finanziari, fermerà la Fed da ulteriori rialzi, poiché l'inflazione rimane troppo alta -conclude Zanghieri -. Prevediamo un ulteriore inasprimento di 100 punti base della politica monetaria, tra la riunione di dicembre e quella di marzo".