Come affrontare la giapponesizzazione (già in atto) dell’Europa

Christian Wiediger, Unsplash
Christian Wiediger, Unsplash

Occorre prepararsi. Il termine giapponesizzazione è ormai all’ordine del giorno nel lessico utilizzato dagli osservatori economici e il passaggio dalla categoria del caso di scuola a quella dell’analisi dell’attuale contesto di investimento è ritenuto sempre più probabile. La combinazione di tassi negativi, crescita in rallentamento e inflazione anemica che ha progressivamente colpito il paese del Sol Levante dopo lo scoppio della bolla speculativa del 1990 mostra analogie sempre maggiori con la situazione economica degli stati sviluppati, Europa in modo particolare. Mark Burgess, vice CIO globale e CIO EMEA di Columbia Threadneedle, ravvisa “forti somiglianze” che preludono ad una unità di andamenti dei fondamentali. “Entrambe le economie”, afferma, “dispongono di ampi sistemi bancari che sono responsabili di circa il 70% dei finanziamenti erogati al settore aziendale, il quale è costituito soprattutto da piccole e medie imprese”. “L’esperienza giapponese dimostra come siano necessari oltre dieci anni perché il credito torni a registrare una crescita sostenuta
 dopo la crisi locale, anche in presenza di tassi bassissimi”, aggiunge. La previsione degli esperti di Columbia Threadneedle è quindi per una cristallizzazione dell’attuale contesto di investimento, reso ancora più sfidante dall’alto livello di indebitamento che potrebbe dare vita a picchi di volatilità.

Liquidità e duration bassa non sono la soluzione

La giapponessizzazione dell’Europa, sotto molti aspetti, è già qui”, conferma Luc Filip, head of Investments di Banque SYZ, invitando a imparare le lezioni del passato. La prima è che gli investitori che optano per la liquidità per sfuggire ai bassi rendimenti sul lungo termine, si espongono a perdite su un orizzonte temporale più lungo. La seconda riguarda la gestione della duration. “Nell’attuale contesto, dove il maggior timore è un rialzo improvviso dei tassi, il primo riflesso degli investitori è spesso di ridurre la duration, per ridurre al minimo il rischio dei portafogli”, fa notare Filip. “Il nostro punto di vista”, spiega, “è tuttavia diverso: le duration più lunghe possono generare valore e contribuire alla gestione del rischio globale del portafoglio”. Soluzioni senza vincoli e flessibili, dunque, per affrontare un mercato obbligazionario caratterizzato da una inedita normalità.

I nuovi record (negativi) dell’obbligazionario

“Ad agosto”, sottolinea Pramod Atluri, gestore di portafoglio obbligazionario di Capital Group, “l’ammontare complessivo di obbligazioni con rendimenti sotto lo zero ha toccato il record assoluto, superando i 15.400 miliardi di dollari, una cifra nettamente superiore al precedente picco di 12.000 miliardi del 2016, e contemporáneamente la fuga verso gli strumenti sicuri ha spinto i rendimenti dei Treasury USA trentennali sotto il 2% per la prima volta nella storia”. Se l’Europa piange, infatti, l’America non ride. “I timori derivanti dalle tensioni commerciali e dalle preoccupazioni riguardanti la solidità dell’economia mondiale continuano a far dubitare della longevità dell’espansione economica negli Stati Uniti”, afferma Filip. Non è solo il Vecchio Continente che potrebbe sentir soffiare il vento freddo di un’economia anemica, ma tutto il mondo.