Attesi nei prossimi giorni i meeting della Bce prima e poi della Fed. Ecco le aspettative degli asset manager internazionali sulle scelte di politica monetaria.
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La strategia aggressiva delle banche centrali dopo il 2021 sembra aver dato i suoi frutti: inflazione al di sotto del suo picco e condizioni finanziarie restrittive. Dunque, i tempi sembrerebbero maturi per attuare una normalizzazione. In attesa, nei prossimi giorni, delle due riunioni di politica monetaria di BCE e Fed (rispettivamente in agenda il prossimo 12 e 18 settembre) gli asset manager internazionali guardano sì con favore al taglio dei tassi di interesse interrogandosi però sulle tempistiche e sull'entità di tali riduzioni.
Prima la BCE
La prima ad andare in scena, come si diceva prima, sarà la BCE che ha già provveduto al primo taglio dei tassi nella riunione di giugno, lasciandoli invariati in quella di luglio. Gero Jung, Chief economist di Mirabaud Asset Management spiega che "la lettura dell’inflazione di agosto non ha cambiato la nostra posizione e ci aspettiamo che durante la riunione di giovedì la BCE tagli i tassi d'interesse".
Si tratterà di un taglio trimestrale “standard” secondo François Rimeu, Senior strategist, Crédit Mutuel Asset Management. "L'attenzione si concentrerà sulle nuove proiezioni economiche. Durante la conferenza stampa, la Presidente della BCE Christine Lagarde dovrebbe sottolineare le preoccupazioni per l'attività economica dell'Eurozona, data la debolezza dei dati e degli indici di fiducia", spiega.
Secondo l'esperto, dunque, la decisione di tagliare i tassi a settembre dovrebbe essere motivata dall'indebolimento dello slancio economico dell'Eurozona. "Riteniamo che i rischi siano di tipo dovish (riduzione dei tassi d'interesse europei e della valuta euro), considerando l'attuale slancio economico. Di conseguenza, è probabile che Lagarde tenga aperta la porta a un altro potenziale taglio in ottobre", dice.
Gli fa eco Ombretta Signori, head of Macroeconomic Research and Strategy di Ofi Invest AM la quale, analizzando lo scenario si propende per un ulteriore taglio dei tassi a seguito del meeting di settembre e che i mercati sembrano scontare 2-3 tagli entro la fine dell’anno.
Poi la Fed
Secondo alcuni esperti è giunta l'ora che gli Stati Uniti si uniscano alla corsa ai tagli. "L'aumento della disoccupazione Usa è stato particolarmente marcato: il tasso di disoccupazione complessivo è salito al 4,3% a luglio, rispetto al 3,7% dell'inizio dell'anno. È chiaro che il mercato del lavoro sta rallentando su più parametri", ammette Alex Everett, investment manager di abrdn.
E, infatti, il dato relativo al mercato del lavoro americano era molto atteso per comprendere la velocità e l’entità con cui la Fed avrebbe deciso di tagliare i tassi di interesse. Un'altra indicazione era arrivata, andando a ritroso nel tempo, direttamente dal simposio di Jackson Hole, durante il quale il presidente Jerome Powell aveva segnalato che un ciclo di tagli dei tassi era ormai imminente non chiarendone, tuttavia, l’entità e le tempistiche. Proprio per questa ragione, "per la riunione della Fed del 17-18 settembre, c’è ancora incertezza sulla dimensione dell’allentamento, anche se la platea degli analisti è divisa a metà su un primo taglio da 0,25 o da 0,50. Indubbiamente un primo taglio da mezzo punto potrebbe segnalare dei timori di una possibile recessione da parte della Fed", commenta Giacomo Calef, country head Italia di NS Partners.
Inoltre, secondo l'esperto, l'attenzione si sposta ora sui prossimi dati relativi all'inflazione, che saranno determinanti per le decisioni di Powell: "Se l'inflazione mostrasse segnali di ulteriore rallentamento, la banca centrale potrebbe optare per un taglio più aggressivo già a settembre. Al contrario, un’inflazione più elevata potrebbe portare a una maggiore cautela, con tagli più modesti e dilazionati nel tempo", spiega.