L’approccio ai nuovi investimenti si confronta con numerose sfide. FundsPeople ha interrogato quattro esperti per capire le attese sul prossimo periodo e il posizionamento suggerito.
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L’approccio ai nuovi investimenti si confronta con numerose sfide. FundsPeople ha interrogato quattro esperti per capire le attese sul prossimo periodo e il posizionamento suggerito.
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L’inquietudine che ha caratterizzato i primi mesi del 2022 sembra non voler abbandonare i mercati. Agosto si è chiuso con un “rientro” dell’ottimismo emerso nei mesi estivi e settembre si apre con uno degli appuntamenti più caldi per l’Europa, in attesa delle decisioni della Bce sui tassi (che arriveranno giovedì 8). Non solo. Il nostro Paese affronta l’incertezza generata dalle elezioni anticipate, e tutta l’Europa è percorsa da un brivido legato all’aumento dei costi del gas, con le incognite sulle prossime mosse della Russia. A Est prosegue il conflitto. E l’inflazione tocca i massimi dal 1985. Una trama difficile da sbrogliare si presenta agli attori del mondo del risparmio gestito. FundsPeople ne ha parlato con quattro esperti.
Francesco Sandrini, head of multi-asset strategies, Amundi, ricorda che a luglio, e in parte di agosto, gli asset rischiosi dei Paesi sviluppati, azionario e credito, hanno goduto di un periodo di relativo supporto. “Ciò si è verificato principalmente perché il mercato ha iniziato progressivamente a scommettere che quanto messo sul tavolo dalle banche centrali in termini di aspettative di rialzo dei tassi per combattere l’inflazione fosse persino eccessivo, se parametrato a un contesto economico in progressivo deterioramento”. Il mercato, dunque, ha “scommesso su un progressivo cambio di orientamento monetario, supportato da dati inflattivi che almeno negli USA sembrano avere lasciato alle spalle i massimi”, inducendo un’espansione dei multipli. “I dati ancora relativamente forti del mercato del lavoro americano uniti a quanto riaffermato a Jackson Hole dalla Fed hanno sostanzialmente riportato il mercato su una traiettoria più cauta”, rimarca Sandri che indica come da qui a fine anno “il mercato dovrebbe concentrarsi progressivamente sugli utili delle aziende che, dopo una reportistica nel secondo trimestre meno deludente delle attese, dovrebbero gradualmente registrare un’erosione dei margini legata alle pressioni sui costi (tassi, salari, materie prime)”. Le attese sulla seconda parte dell’anno non sono brillanti, con un “progressivo allargamento degli spread del credito a partire dai rating più bassi (HY) e una possibile correzione azionaria che tuttavia non prevediamo essere particolarmente elevata”. Qualche sorpresa in positivo potrebbe arrivare dalla Cina, “mentre tra i Paesi sviluppati tendiamo a preferire gli Stati Uniti all’Europa che vedrà probabilmente un aumento della volatilità legato alla questione del gas (razionamenti)”. Sul fronte obbligazionario, Amundi si aspetta tassi leggermente inferiori ai livelli attuali sulle scadenze sopra i cinque anni, “che rifletteranno un progressivo rallentamento economico pilotato dalle banche centrali, Fed in primis, che porteranno il tasso terminale in prossimità del 4% nel tentativo di contenere l’inflazione e mantenere la propria credibilità”. Italia osservata speciale in vista delle elezioni, che potrebbero generare volatilità verso la fine del trimestre. Tuttavia, afferma Sandri, “se la maggioranza che emergerà dovesse mantenere un tono pro-europeista nel solco del governo precedente, prevediamo una progressiva restrizione dello spread BTP-Bund e una performance del MIB allineata all’indice europeo, al margine migliore del DAX, più interessato dai problemi geopolitici legati al gas naturale. Qualora questo assunto non dovesse verificarsi e lo spread BTP-Bund essere oggetto di speculazione finanziaria, lo scenario cambierebbe ovviamente in senso peggiorativo, con la componente più value dell’indice italiano a guidare un’inevitabile correzione”.
1/4Ci attendono “mesi delicati” secondo Alberto Zorzi, responsabile direzione investimenti di Arca Fondi SGR. Zorzi ricorda come l’inflazione sia stato il tema dominante nella prima parte del 2022 e sostiene che la dinamica dei prezzi continuerà a catalizzare l’attenzione delle banche centrali e della politica monetaria. “Tuttavia – afferma –, l’attenzione degli analisti e dei mercati si sta concentrando sempre più sulla crescita”. Questo interesse è legato agli “effetti dei forti rialzi dei tassi di interesse, lo shock che ha colpito i prezzi dell’energia e più in generale il clima di incertezza seguito allo scoppio tra Russia e Ucraina”. Tutti elementi che cominciano a lasciare il segno anche sulle varie componenti che concorrono a sostenere la domanda. “I consumi soffrono per l’aumento dei prezzi; gli investimenti risentono del clima di incertezza e in parte per l’aumento dei tassi di interesse”. Nel frattempo l’elevato livello del debito pubblico riduce i margini di manovra dei governi “che si vedono costretti quindi a fare politica economica avendo meno spazio per creare nuovo debito”. Questo fatto interessa in modo particolare l’Italia, in procinto di affrontare una tornata elettorale “che, come da tradizione, è caratterizzata da messaggi molto sbilanciati sul lato delle spese”. Zorzi precisa però che “l’agenda italiana per i prossimi anni è stata scritta dopo la pandemia nell’ambito del piano Next Generation EU che da noi è stato declinato nel PNRR”. Lo scenario macroeconomico e geopolitico è sfidante, dunque, tuttavia “senza sottovalutare i rischi sopra menzionati, i risparmiatori devono anche considerare le opportunità generate dai forti ribassi dei mercati nella prima parte del 2022. L’epoca dei tassi negativi è alle spalle. I premi al rischio sono cresciuti sensibilmente e questo torna a offrire la possibilità orientare il risparmio a soluzioni d’investimento con profili di rischio medio basso e rendimenti decisamente concorrenziali rispetto al conto corrente”. L’esperto afferma che con l’aumento dei rendimenti “troveranno nuovamente spazio strategie di protezione del capitale. Gli investitori con un orizzonte temporale un po’ più lungo e una propensione al rischio più elevata – conclude – oggi tornano ad avere l’opzione di costruire gradualmente portafogli diversificati di attività procicliche e anticicliche capaci di trasformare i premi al rischio in rendimento in un arco di tempo adeguato”.
2/4“La determinazione delle banche centrali sarà l’elemento chiave nella dinamica dei mercati”. È l’opinione di Salvatore Bruno, responsabile investimenti di Generali Investments Partners che sottolinea come fino a pochi mesi fa i tassi di interesse fossero in territorio negativo quasi ovunque “oggi gli Stati Uniti stanno affrontando un'inflazione crescente con la banca centrale disposta ad accettare anche una recessione pur di riportare i prezzi sotto controllo, prima che si inneschi una spirale prezzi-inflazione”. Più complessa la situazione in Europa dove “il rischio di stagflazione non è trascurabile”. Le decisioni di investimento, in questo contesto, si rivelano perciò un compito arduo. “I mercati azionari non hanno ancora mostrato pienamente l’impatto dei rialzi dei tassi sulle attese degli utili – afferma Bruno –. Tale impatto diventerà verosimilmente più evidente nei prossimi mesi, pertanto è necessaria una certa prudenza prima di costruire posizioni a lungo termine”. Un momento delicato, insomma, in cui i tassi governativi sono alla ricerca di un equilibrio tra l’azione delle banche centrali e il rischio di rallentamento (“se non di recessione”). L’esperto sottolinea come i titoli statunitensi sembrino “più vicini a questo equilibrio rispetto al mercato europeo, almeno nella parte più lunga delle curve”, mentre “le tensioni geopolitiche (Ucraina) e interne (Italia) potrebbero invece pesare ulteriormente sugli spread periferici europei. Strategie di curva e di spread sono una valida alternativa per chi non ritiene di fare scelte direzionali”. Nelle prossime settimane, pertanto Generali IM si aspetta ancora “curve più piatte sia in Europa sia negli USA. Il credito potrebbe offrire ancora valore, con un'attenta attività di selezione sui singoli nomi, privilegiando qualità e seniority”. Restringendo il campo alla sola Italia, il nostro Paese, “come il resto d’Europa, si trova a dover affrontare una crisi energetica che mette in forte rischio la tenuta della crescita e che si somma alla tematica dei prezzi”. A questo si aggiunge un “rischio di natura politica” legato alle elezioni, rischio che i mercati cercheranno di valutare nelle settimane precedenti e successive al voto. “L’impressione – continua Bruno – è che un forte allargamento degli spread possa rappresentare un’opportunità tattica di investimento nei titoli di stato italiani, soprattutto nella parte lunga della curva. Molto dipenderà ovviamente dalle decisioni del nuovo governo, soprattutto in tema di PNRR che, nonostante tutto, rappresenta ancora un tema di investimento interessante per il mercato italiano”.
3/4Quella che ci attende e una nuova fase del mercato “molto più sensibile ai dati macro con l’abbandono del concetto di forward guidance da parte delle banche centrali”. È quanto sostiene Alessandro Bucelli, responsabile gestioni patrimoniali di Soprarno SGR che ricorda come il dato sull’inflazione “di poco inferiore” uscito il 10 agosto abbia generato un “mini-rally sull’equity”. Ad ogni modo, continua l’esperto “se è vero che l’inflazione in base alle ultime evidenze sta iniziando a calare, il rischio che il plateau su cui possa stabilizzarsi sia superiore ai target delle banche centrali è sempre maggiore, per gli effetti di secondo livello associati alla richiesta di recupero di potere contrattuale nel mercato del lavoro. La diretta conseguenza logica di tale ragionamento porterebbe a pensare che le attuali aspettative di riduzione del costo del denaro da parte della Fed nel 2023 siano troppo ottimistiche”. Se ci si sposta un orizzonte di medio termine “a nostro avviso lo scenario centrale su cui pensare l’asset allocation assomiglia a quello di una stagflazione negli Stati Uniti e il rischio di una polarizzazione crescita-inflazione in Europa”. Scenario, quest’ultimo, che induce a “maggior prudenza sull’equity, mixando strategie direzionali a strategie long-short, privilegiare sul mercato obbligazionario soluzioni inflation linked, gestire la duration prevalentemente tramite il segmento corporate, dare progressivamente spazio in portafoglio a strumenti legati al valore delle commodities”. In particolare, per l’equity sarà importante selezionare società che hanno buon pricing power, quindi capacità di difendere i propri margini. Spostando l’attenzione a livello generale, nonostante i buoni risultati emersi dalle ultime trimestrali societarie, “notiamo il rischio di revisione al ribasso della crescita degli utili da parte degli analisti, coerente con una guidance più prudente offerta dai CEO. Questo pone l’interrogativo sulla sostenibilità degli attuali multipli in un contesto di rialzo del costo del denaro: per l’S&P500 oggi il P/E è di 20,86 più idoneo aduno scenario goldilocks che stagflation”. La prudenza, alla luce di questi dati, è d’obbligo. “Il rischio di vedere i minimi dell’S&P500 di nuovo su 3.600 nel periodo settembre-ottobre non è da sottovalutare, mentre scenari estremi ci sembrano da escludere. In area 3.600 – aferma l’esperto – la nostra strategia ci porterebbe come acquirenti netti di equity, anche per sfruttare gli ultimi due mesi dell’anno notoriamente con stagionalità positiva”.
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