Le previsioni di Amundi sull’inflazione vedono un rallentamento costante, con un livello globale del 3,3% nel 2025 e del 2,9% nel 2026. Nei prossimi 12 mesi, il mondo sviluppato potrebbe avvicinarsi ulteriormente ai target delle banche centrali, con un’inflazione stimata al 2,3% negli USA, al 2% in Europa e al 2,3% in Giappone. Di conseguenza, i tassi Fed e BCE potrebbero essere soggetti a ulteriori tagli, arrivando rispettivamente a un tasso finale del 3,5% negli USA entro la fine del 2025, e a un tasso neutrale del 2,25% entro metà anno per l’area euro. La Bank of Japan sembra l’unica eccezione, e potrebbe procedere a un ulteriore rialzo dei tassi nel primo semestre del prossimo anno. Le banche centrali, e in primis la Fed, restano comunque data dependant. “Quello che non è prezzato dal mercato è il rischio di una nuova fiammata inflazionistica”, commenta Defend. I timori, ovviamente, si concentrano sulle politiche di Trump, che nella sua seconda Amministrazione potrebbe dare priorità alle politiche tariffarie e di immigrazione, seguite da tagli alle tasse e altre modifiche fiscali. “Dalle prime simulazioni che abbiamo effettuato, se Trump dovesse effettivamente applicare quanto promesso in campagna elettorale sul fronte del protezionismo, ci potrebbe essere una fiammata dell’inflazione che però si riassorbirebbe nella seconda metà del 2025-2026”. Non è improbabile, comunque, che il nuovo governo USA provvederà nei fatti a ricalibrare i toni di una campagna elettorale accesa.
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