Come selezionare un ETF smart beta

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Funds People

Gli ETF smart beta sono strumenti considerati ‘intelligenti’ perché in grado di replicare un indice costruito secondo regole predefinite che mira a raggiungere specifici risultati in termini di rischio/rendimento, sfruttando i fattori di mercato. Si tratta di prodotti molto sofisticati, la cui selezione può richiedere un’analisi più approfondita e un monitoraggio maggiore. Quattro gestori italiani spiegano come approcciare questi nuovi ETF per non avere brutte sorprese in portafoglio.

“I criteri di selezione devono essere omogenei per tutti gli strumenti per avere un’unica via di applicazione”, esordisce così Ornella Perseu, fund selector di Banca Patrimoni Sella & C nel spiegare la sua visione. In realtà tutti i partecipanti alla tavola rotonda sugli ETF fattoriali organizzata da Funds People hanno concordato sul fatto che la selezione iniziale di questi prodotti debba avvenire sulla base delle valutazioni tipiche dei prodotti indicizzati, tra cui replica dell’indice, basso tracking error, liquidità e costi; per poi passare necessariamente a un’analisi più approfondita.

“Esistono diversi ETF su uno stesso fattore, bisogna però capire come viene definito l’indice di riferimento e come quest’ultimo si comporta nelle varie fasi di mercato. A volte infatti confrontando indici apparentemente identici, si scoprono differenze di performance rilevanti”, spiega Gabriele Montalbetti, fund selector di Consultinvest SGR. “Altro aspetto da tenere sotto controllo è la size del prodotto, perché se è troppo piccolo, può essere illiquido e rischiare che venga chiuso o che si fonda con un altro”, aggiunge.

Secondo Claudio Campesi, CIO di SCM Sim è importante verificare che in fase di stress dei mercati il bid-ask spread si sia effettivamente mantenuto a livelli accettabili e che ci siano stati volumi di scambio in quel periodo, “fermo restando che comprendere l’indice sottostante è essenziale per fare delle previsioni sull’andamento dello strumento in determinati scenari di mercato”, dichiara il portfolio manager. “Lo studio della storicità della performance, soprattutto durante le fasi di turbolenza, è un elemento importante per selezionare dei prodotti che si pongono l’obiettivo di protezione del rischio”, afferma Ornella Perseu. “Tuttavia quando non si conosce l’algoritmo alla base della costruzione dell’indice, analizzare il perché un ETF si è comportato in un certo modo diventa ancor più difficile”, sottolinea Giovanni Pesce, Amministratore Delegato di Fugen Private Sim.

Un monitoraggio ad hoc

La complessità del prodotto e la minore trasparenza dell’indice sottostante spingono gli investitori a monitorare con cura gli ETF fattoriali che vengono inseriti in portafoglio. “Mentre con gli indici tradizionali ci si può affidare ai data provider per il loro monitoraggio, con questi strumenti più articolati questo lavoro spetta a noi, e deve essere fatto con maggior cura”, dichiara Ornella Perseu.

“Gli ETF smart beta possono paragonarsi ad uno strumento derivato, con il compito di semplificare un pacchetto di titoli, ma ciò richiede un’analisi più attenta del rischio, perché manca la conoscenza del sistema di calcolo sottostante e si rischia di ricevere solo risposte ex post, che servono a ben poco”, commenta Giovanni Pesce. Per Gabriele Montalbetti gli ETF fattoriali vanno monitorati come qualunque altro prodotto indicizzato. “La differenza risiede nel fatto che replicano indici che possono avere una divergenza rispetto a quello del mercato di riferimento. E’ quindi necessario verificare costantemente se la scelta di investire su un indice fattoriale è premiante rispetto a quello generale, analogamente a quanto viene fatto per i fondi attivi o per i fondi con un chiaro stile di investimento”, sottolinea.

Claudio Campesi non condivide soprattutto alcune metodologie di aggiustamento del rischio che vengono applicate in alcuni ETF smart beta. “Ribilanciare un portafoglio a seguito di picchi di volatilità, a mio avviso, ha poco senso, anzi può anche peggiorare la situazione”, commenta. “Bisogna capire soprattutto come questi strumenti si interfacciano con l’asset allocation di lungo termine, ma se usati con raziocinio possono apportare valore”, conclude l’esperto.