Non solo la regione con il più alto tasso di contribuzione alla crescita economica globale, ma anche quella con il più alto rapporto tra risparmio privato e Prodotto interno lordo. L’ascesa del Continente asiatico nello scacchiere geopolitico ed economico internazionale è un dato di fatto ineludibile e porta con sé il cambiamento di equilibri consolidati anche per quanto riguarda il mondo degli investimenti.
“Se guardiamo alla crescita del mercato del credito in valuta forte in Asia negli ultimi cinque anni, dobbiamo arrivare alla conclusione che si tratta di una porzione di mercato troppo grande per essere ignorata dagli investitori”. Questo l’assunto di base da cui parte Robert Gibbs, fixed income investment specialist di DWS, per esporre la view della casa di gestione tedesca che tra i prodotti disponibili per investire sull’asset class annovera il DWS Invest Asian Bonds, fondo con rating Consistente Funds People.
L’unicità degli asian bonds
“Nei mercati asiatici”, spiega Gibbs, “è rintracciabile una dinamica pressoché unica che consiste nella quota crescente di investitori locali che stanno acquistando con continuità quote di esposizione all’asset class”. Questo fattore è distintivo rispetto a tutti gli altri Paesi emergenti. In Asia, infatti, l’80% delle nuove emissioni obbligazionarie è acquistato da investitori interni alla regione e un raffronto con l’America Latina, in cui la quota di investimento in obbligazioni corporate in valuta forte da parte di entità appartenenti all’aerea è in media del 14%, mette in evidenza la portata di tale differenza. Un fattore che rende la classe meno correlata ai mercati internazionali e meno dipendente dai flussi globali e consente agli investitori di guardare al comparto in modo organico e distinto rispetto a qualunque altro. “Stiamo parlando di un mercato in valuta forte che per grandezza è già paragonabile all’high yield statunitense e che”, è convinto Gibbs, “diverrà con il tempo sempre più importante per gli investitori globali”.
Tenuta e recupero
Un mercato, però, su cui pesano alcuni miti da sfatare, secondo il fixed income investment specialist di DWS. “Il calcolo del rischio connesso all’investimento in questa asset class è stato oggetto di errori storicamente diffusi”, afferma. “Se compariamo il tasso di default annualizzato del mercato high yeld statunitense con il segmento high yield asiatico in valuta forte”, analizza, “scopriamo che nei dieci anni conclusi al 2018 il primo è stato pari al 3,75% mentre il secondo al 2,13%, secondo dati S&P”. Non solo tale dato è singolarmente migliore ma in aggiunta, quando si sono verificati default, il tasso di recupero in Asia è stato superiore ad altre regioni, inclusi mercati maturi come gli USA.
Come allocare dunque in questa classe di attivo? “Il punto più importante è relativo alla selezione finalizzata ad evitare il rischio di assumere posizioni scomode”, chiarisce l’esperto. “Dove si può fare la differenza”, specifica, “non è, infatti, ricercando il guadagno su una singola emissione ma essendo sistematici e pragmatici nella conoscenza diretta di ogni emittente e dei suoi cicli di credito, con un riguardo particolare all’aspetto della trasparenza nei confronti dei mercati”. “Il nostro universo investibile in Cina è per questo motivo ristretto”, rivela sul punto.
Uno dei Paesi che presenta maggiori opportunità per gestori con un approccio di selezione bottom up è l’Indonesia, in cui la consolidata stabilità politica dopo la rielezione del Presidente Jokowi e le positive politiche macroeconomiche sono state accolte in modo favorevole dagli investitori”, conclude Gibbs.