In occasione della tavola rotonda virtuale sull'uso del passivo, fund selector e provider si sono confrontati sull'evoluzione del mondo dell'asset management e su come questa abbia influenzato la gestione dei patrimoni.
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Negli ultimi anni si è assistito ad un’evoluzione dell’industria del risparmio gestito, complice la Mifid 2 che ha avuto l’obiettivo di massimizzare la trasparenza dei costi e la protezione degli investitori. La crescita esponenziale della gestione passiva all’interno dei portafogli, l’interesse verso strategie alternative, la concentrazione del mercato in un numero sempre minore di big player e la nascita di boutique specializzate sono solo alcune delle tendenze in atto. Queste non solo hanno portato ad una profonda trasformazione nel mondo dell’asset management, ma hanno anche modificato l’approccio con cui si investe. FundsPeople in occasione della tavola rotonda virtuale sull’uso del passivo ha messo a confronto sull’argomento le opinioni di fund selector e case prodotto.
Dal lato dell’offerta Simone Rosti, responsabile per Italia di Vanguard, ha osservato una serie di fenomeni che stanno rivoluzionando completamente la gestione del risparmio. “I prodotti passivi non sono più riservati alla componente satellite del portafoglio, ma hanno ormai assunto un ruolo core. Il tema dei costi oggi non deve associarsi esclusivamente agli ETF, ma deve essere trasversale ed integrato all’interno delle analisi di ogni prodotto”, commenta il manager. “Questo ha comportato una tendenza da parte dei fund buyer a ridurre le controparti con cui interagire, mentre i provider devono optare per una riduzione dei lanci e puntare ad una maggiore efficienza”, aggiunge. La principale conseguenza, già in atto, sarà una concentrazione delle grosse case di investimento con un’offerta più variegata possibile e lo sviluppo di boutique specializzate. La ricerca di trasparenza ha inoltre favorito le strategie ESG, ma allo stesso tempo ha spinto gli investitori ad un maggiore scrutinio per la creazione di alpha, incrementando l’interesse verso gli alternativi.
I fund buyer come hanno modificato le loro abitudini?
Per Giorgio Castiglioni, direttore Investimenti di Banca Passadore, negli ultimi anni si è osservato un graduale effetto sostituzione del passivo alle attività di stock e bond picking. “Tuttavia non bisogna considerare la gestione passiva come un’alternativa di quella attiva, ma sono diventate complementari, incoraggiando così un’asset allocation dinamica, in cui si presidia una parte del portafoglio con bucket di beta e si tende poi a ricercare gestori in grado davvero di creare alpha”, dichiara l’esperto. “Sarà la fine di quei prodotti che si presentano come una via di mezzo in cui il valore aggiunto è poco, ma la struttura dei costi è inefficiente”, conclude.
Sicuramente la riduzione dei tassi di interesse è stato tra gli elementi principali che hanno favorito lo sviluppo di queste nuove tendenze, che sono il risultato della continua ricerca di rendimento e la connessa necessità di contenimento dei costi. “Sui portafogli ciò si è tradotto in una maggiore diversificazione con nuovi prodotti, come le soluzioni di investimento sui mercati privati alla ricerca di fonti alternative di remunerazione del capitale e soluzioni con orizzonte temporale predefinito per realizzare rendimenti positivi anche nello spazio obbligazionario. La ricerca di alpha e di un maggior grado di diversificazione dei portafogli è una risposta necessaria ad un rendimento più contenuto e ad una minore protezione che le obbligazioni sono in grado di offrire in una situazione di discesa dei mercati azionari”, sostiene Sebastiano Serrao, responsabile Gestioni Patrimoniali e Prodotti Assicurativi di Fideuram Intesa SanPaolo Private Banking: “Questo contesto ha anche favorito l’impiego dei prodotti passivi, che nel tempo hanno innestato una dialettica virtuosa con la gestione attiva”, sottolinea lo specialista.
Oltre la politica monetaria espansiva che ha comportato una forte compressione dei rendimenti obbligazionari e la regolamentazione c’è un altro fattore che ha contribuito all’evoluzione dell’industria dell’asset management e della consulenza finanziaria: la tecnologia. Secondo Roberto Arosio, responsabile Investimenti e Wealth Management di Banca Aletti infatti nell’ambito della consulenza lo sviluppo della componente tecnologica ha facilitato la gestione dei portafogli tradizionali grazie all’utilizzo anche dei prodotti passivi, sia con clienti private che retail, all’interno dei contratti di consulenza evoluta. “Inoltre se da un lato abbiamo assistito alla polarizzazione del passivo, dall’altro c’è stata una modifica strutturale dell’attivo, con un active share più alta. Il Covid-19, con un’estrema variabilità di rendimenti tra settori e singole società ha poi dato ulteriore spinta e forza ai fondi tematici e alle strategie ESG”, conclude.
Per Simone Da Dalt, chief of Financial Advisory, di Euromobiliare Advisory Sim le condizioni di straordinaria liquidità sui mercati degli ultimi anni, hanno spinto la ricerca di rendimento verso asset class un tempo riservate a profili di rischio elevati come ad esempio il credito high yield o il tentativo di democratizzazione degli illiquid assets. “Abbiamo assistito negli ultimi 5 anni ad un’importante riduzione della volatilità sui mercati, che ha determinato una percezione distorta dei rischi reali nei portafogli dei clienti, che si è trasformata in consapevolezza negli ultimi mesi, durante la crisi legata al Covid-19. Contestualmente, l’enorme liquidità a disposizione, ha portato a dinamiche di mercato spesso scollegate dai fondamentali macroeconomici e micro”, ha dichiarato il responsabile della consulenza. “Questo ha ridotto la capacità dei gestori attivi di creare overperformance e creato un booster per le strategie passive”, conclude.