L’head of Concentrated Alpha Equity e gestore del fondo UBS Euro Countries Opportunity, prodotto con rating Consistente FundsPeople, spiega come Covid-19 abbia cambiato i mercati e perché ritiene ancora possibile estrarre alpha dal settore tech.
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La dialettica tra gestione attiva e gestione passiva, seppur fortemente ridimensionata nel corso degli anni, continua ad esistere e vive, a fronte della volatilità dei mercati e dei cambiamenti economici e sociali portati dalla pandemia da Covid-19, un nuovo capitolo. Il 2020 si è, infatti, rivelato un’occasione per l’active management popriamente inteso per segnare la differenza rispetto all’andamento fortemente direzionale e correlato che le asset classes hanno avuto nel corso di un ciclo economico di lunghezza senza precedenti.
Secondo Max Anderl, head of Concentrated Alpha Equity e gestore del fondo UBS Euro Countries Opportunity, prodotto con rating Consistente FundsPeople per il 2020, siamo attualmente in una fase particolarmente favorevole agli stock picker. Tra le motivazioni sottolineate dall’esperto di UBS Asset Management troviamo tanto elementi intrinseci alla gestione attiva quanto fattori potenziati dalla situazione odierna e dai mutamenti conseguenti alla pandemia da Coronavirus.
Particolarmente rilevante da un punto di sistema economico generale, l’allocazione efficiente del capitale sucui siconcentra Anderl .dopo aver ricordato che l'ovvia e più rilevante caratteristica della gestione ativa è quella di rendere possibili rendimenti potenzialmente superiori al benchmark. “Il mercato azionario", spiega, "è guidato dalle opinioni di un elevato numero di investitori, il cui obiettivo consiste nell’allocare capitale alle società in crescita che sono in grado di tenere il passo con le mutevoli esigenze della clientela. La distruzione creativa è un processo crudele ma necessario: lasciare che le aziende falliscano al fine di liberare capacità (lavoratori, capitale e attività) per un uso migliore. Niente di tutto ciò sarebbe possibile in un mercato dove gli investitori sono prevalentemente passivi, situazione che dà origine al problema dei free rider e ai mercati inefficienti”, completa sul punto.
Maggiore attenzione alla sostenibilità
“Applicare ai titoli solo filtri positivi o negativi, basandosi esclusivamente sui punteggi ESG quantitativi forniti da un unico data provider, non ci sembra un modo particolarmente sofisticato di investire secondo i criteri ESG”, fa notare in reazione al livello di integrazione dei criteri ESG raggiungibile da parte della gesione attiva. “Fare affidamento solo sui punteggi non è un approccio sostenibile, se non altro perché spesso la qualità dei dati è dubbia e i punteggi non sono affidabili. Per noi, invece, i punteggi ESG rappresentano un buon punto di partenza, ma non sono tutto. Come investitori attivi, valutiamo i rischi ESG materiali delle società caso per caso. Quando non siamo d’accordo con i punteggi o vogliamo esaminare ulteriori analisi su una società, proprio in quelle occasioni sperimentiamo il vantaggio di avere un team SI dedicato di 20 esperti degli investimenti sostenibili. Compiamo poi un ulteriore passo avanti incaricando gli analisti SI di condurre la necessaria due diligence, dal cui risultato dipenderà la nostra decisione sui singoli titoli”, aggiunge.
“Rispetto agli investitori attivi, gli investitori passivi sono meno incentivati al dialogo con le società a causa dell’elevato numero di costituenti dell’indice, il che contribuisce al problema dei 'free rider'. I gestori passivi devono inoltre affrontare le pressioni sui costi e sono quindi incentivati a limitare la spesa”, dichiara inoltre in rifermento alle pratiche di engagement.
Ancora valore nei tecnologici
Il dominio dei titoli tecnologici nel corso del 2020 è proseguito, in alcuni casi con ritmi perfino superiori rispetto al passato, riproponendo la domanda sulla legittimità delle attuali valutazioni e sull’esistenza di una possibile bolla.
“Dalla metà del 2015 a oggi", avvia la sua analisi sul tem l’head of Concentrated Alpha Equity di UBS AM, "i grandi titoli tecnologici i cosiddetti FAAANM (Facebook, Apple, Amazon, Alphabet, Netflix e Microsoft) hanno sovraperformato l’indice NASDAQ. Questo trend può sembrare simile a quanto accaduto negli anni 90, ma non siamo ancora in grado di affermare con certezza se la situazione sia effettivamente la stessa o se stiamo andando verso una vera e propria bolla”.
NASDAQ negli anni ‘90s vs NASDAQ oggi
Fonte: Minack Advisors, agosto 2020.
“Il settore tecnologico è molto più conveniente adesso di quanto non fosse vent’anni fa, durante la bolla TMT. Anche il sentiment generale è diventato assai più cauto, tanto che oggi le previsioni di consenso per la crescita dell’EPS a lungo termine sono a meno della metà del picco osservato alla fine degli anni ‘90”, commenta.
Price-earnings corretto per il ciclo del settore IT
Fonte: Minack Advisors, agosto 2020.
“Nel settore tecnologico troviamo nomi interessanti sotto il profilo rischio-rendimento soprattutto tra i vincitori a lungo termine di questo mondo, quali Microsoft, Adobe e Mastercard. Queste società, ben posizionate per beneficiare dei trend di crescita strutturale a lungo termine come il passaggio dall’offline all’online e dai contanti ai pagamenti digitali, hanno semplicemente beneficiato di un’accelerazione dei vantaggi legati ai trend del lavoro da remoto”, conclude.