AQR e stress test sempre più vicini. MPS, Banco Popolare e BPM in odore di bocciatura

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foto: autor MPD01605, Flickr, creative commons

Con gli istituti di credito sul banco di prova, fioccano le speculazioni e i rumor. Mancano pochi giorni alla fine dell’esame BCE, che porta con sé l’AQR o revisione della qualità degli attivi delle banche (si spulciano nei bilanci i crediti deteriorati o del tutto inesigibili) e gli stress test, che misurano il grado di tenuta in caso di scenario avverso. In altre parole, domenica 26 ottobre si saprà quali sono le banche in deficit di capitale mentre le banche stesse lo sapranno due giorni prima, il 24. Al confronto ci sono 130 banche europee.

Secondo indiscrezioni fornite dall’agenzia di stampa spagnola EFE a rischiare la bocciatura, tra le italiane, ci sono MPS, Banco Popolare e BPM. In totale, a rischiare di non farcela saranno 11 istituti di credito, di cui tre italiani. I nomi delle banche citate dall’agenzia sono gli stessi che all’inizio di settembre aveva nominato Goldman Sachs. Secondo un report del 20 ottobre targato Jp Morgan, invece, MPS passerà il test “con uno shortfall di 200 milioni, nello scenario peggiore. Mentre Carige è candidata a una bocciatura “con un deficit di capitale atteso intorno ai 400 milioni e scarso interesse da parte degli investitori dopo la recente ricapitalizzazione di 800 milioni”. A seguire, secondo l’ufficio studi di Mediobanca, al termine della prova, le 34 maggiori banche europee (quelle coperte dagli analisti) dovrebbero mostrare un deficit di 16 miliardi, di cui 11 legati soltanto alla britannica RBS.

I nomi ‘critici’ sono sempre gli stessi: tra i big italiani, secondo l’istituto che ha sede in Piazzetta Cuccia, le uniche che potrebbero mostrare un fabbisogno patrimoniale sono MPS (dopo lo stress test la banca senese avrebbe un capitale del 5,4%, comunque molto vicino al 5,5% richiesto come minimo dall’esame) e Carige. Gli altri istituti italiani mostrerebbero tutti il capitale sopra i minimi (Unicredit 6,6%, Intesa 8,5%, Banco Popolare 8,8%, UBI 8,5%). La stima del fabbisogno patrimoniale dei big europei è pari a cinque miliardi di euro, esclusa RBS, perché tiene conto del rafforzamento già realizzato nel 2014 attraverso aumenti di capitale (anche di tipo additional tier 1) e riduzione di attivi e rischi. Alla fine dell’esercizio, in Europa non dovrebbero superare il 5,5% di common equity tier 1 anche Banco Popular (Portogallo), Commerzbank (Germania), Lloyds (Regno Unito), Danske (Danimarca) e SEB (Svezia). Invece Caixa (Spagna), Nordea (Svezia) e Alpha (Grecia) supererebbero il 5,5% ma resterebbero sotto il 6,5%.

Secondo la simulazione fatta da Mediobanca a metà settembre, l’esame sarà severo soprattutto con le banche tedesche (il cui capitale medio scenderà dal 14,7% di fine 2013 al 6,3% post-esame), greche (dal 16,2 all’8,8%) e britanniche (da 10,8 a 5,8%). Nel dopo stress test, il patrimonio medio dei maggiori sei gruppi italiani sarà al 7,5%, un valore inferiore a quello degli istituti austriaci, scandinavi e spagnoli, ma superiore a quello di francesi e tedeschi. Per concludere, è difficile azzardare delle previsioni ma, a giudicare dalle dichiarazioni che sono state rilasciate a Francoforte fino ad oggi dai vertici delle banche italiane, lo scenario non sembra essere troppo negativo. Anche gli analisti non prevedono un fabbisogno patrimoniale elevato. Le maggiori banche italiane partono con una media di indici di capitale dell’11,5%, in linea con i big europei. A questi valori si dovrà poi detrarre l’impatto di AQR e stress test che, secondo Mediobanca, farà scendere gli indici delle banche rispettivamente dello 0,9% e del 3,6%